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Appropriazione indebita ed interruzione di pubblico servizio guardare siti pornografici dall’ufficio

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Appropriazione indebita ed interruzione di pubblico servizio guardare siti pornografici dall’ufficio
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 marzo – 25 giugno 2014, n. 27528
Presidente Petti – Relatore Verga

La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha trattaol il caso di un dipendente comunale che utilizzava il Pc dell’Ufficio per navigare online accedendo a siti pornografici e pedopornografici.

Secondo la Cassazione, “è stato accertato, così come contestato, che l’imputato approfittando dell’assenza dell’addetto all’ufficio ed avendo la disponibilità dei locali anche al termine delle attività di ufficio, invece di provvedere unicamente alle pulizie avesse scelto di utilizzare il computer per visitare siti pedopornografici”.

Secondo i giudici “È irrilevante il fatto che, a dire dell’imputato, la parte offesa non avrebbe avuto danni perché la società aveva stipulato un contratto flat con la società Fastweb che comportava un unico e solo costo (periodico) per l’azienda.
Il fatto, così come ricostruito, si è sostanziato non nell’uso dell’apparecchio telefonico come oggetto fisico, ma nell’appropriazione delle energie costituite da impulsi elettronici che erano entrate a far parte del patrimonio della parte offesa. Ne consegue che tale condotta integra l’ipotesi contestata di appropriazione indebita.
Tale conclusione è in linea con la giurisprudenza pressoché costante di questa Suprema Corte in materia di peculato (cfr. Cass. sez. 6^, 23/10/2000 n. 3879; sez. 6^, 9/5/2006 n. 25273; sez. 6^, 26/2/2007 n. 21335).
E’ altresì indubbio che l’agente si sia rappresentato e voluto l’ingiustizia del profitto realizzato (visione di siti pedopornografici utilizzando un collegamento internet di proprietà di terzi).
Così come correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che l’imputato, distogliendo il computer dalla gestione dell’impianto pubblico di illuminazione comunale per destinarlo all’accesso ai siti pornografici, ha interrotto per la durata dei collegamenti illeciti, il servizio di monitoraggio svolta nell’interesse pubblico, realizzando il reato contestato di cui all’articolo 340 codice penale“.

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