In evidenza

Cassazione Civile: novità per i procedimenti “Pinto”

La ragionevole durata del giudizio di equa riparazione previsto e disciplinato dalla L. n. 89 del 2001 deve essere di quattro mesi dalla data del deposito del ricorso, in coerenza con la chiara indicazione desumibile dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6.

Questo è quello che ha stabilito la VI Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza del 19.4.2012, n. 6180, che nella motivazione, richiamando la sentenza 29 marzo 2006 della Grande Camera, nella causa xxxxxxxxxxxx contro Italia, ha deciso che “il periodo di quattro mesi previsto dalla Legge Pinto soddisfa il requisito di rapidità necessario perchè un rimedio sia effettivo.

L’unico ostacolo a ciò può sorgere dai ricorsi per cassazione per i quali non è previsto un termine massimo per l’emissione della decisione”.

In realtà, la Corte ha ricordato tutti i passaggi relativi ai procedimenti “Pinto” e, più nello specifico, ha dapprima citato il caso deciso dalla Seconda Sezione il 22 ottobre 2010, causa xxxxx e xxxxxxxx contro Italia, la Corte europea, dopo aver dato atto del contenuto della sentenza sopra citata, ha ulteriormente precisato che la durata di un giudizio “Pinto” davanti alla Corte d’appello, inclusa la fase di esecuzione, salvo circostanze eccezionali, non deve superare un anno e sei mesi; e poi la decisione del 27 settembre 2011 della Seconda Sezione, dove la Corte ha ritenuto che, in linea di principio, per due gradi di giudizio, la durata di un procedimento “Pinto” non debba essere, salvo circostanze eccezionali, superiore a due anni; Con la sentenza in esame ha invece, ritenuto: “che la ragionevole durata del giudizio di equa riparazione previsto e disciplinato dalla L. n. 89 del 2001 vada determinata in quattro mesi dalla data del deposito del ricorso, in coerenza con la chiara indicazione desumibile dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6 (cfr. la sentenza n. 8287 del 2010)”.

La Corte ritiene però “che a tale orientamento non possa essere data continuità e che – pur rinviandosi alle singole fattispecie la valutazione della durata ragionevole di una procedura “Pinto” che si svolga soltanto dinnanzi alla Corte d’appello – ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi anche dinanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni, essendo tale termine pienamente compatibile con le indicazioni desumibili dagli ultimi approdi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e rispondente sia alla natura meramente sollecitatoria del termine di quattro mesi di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6, sia alla durata ragionevole del giudizio di cassazione che, anche in un procedimento di equa riparazione, non è suscettibile di compressione oltre il limite più volte ritenuto ragionevole di un anno; La corte conclude precisando che, ovviamente, “nella predetta durata biennale massima va incluso il termine di sessanta giorni previsto dal nostro ordinamento per la proposizione del ricorso per cassazione (cfr. la sentenza n. 8287 del 2010, cit.)”;

[aswp id=”5″]

Leggi un altro articolo oppure cerca un altro argomento

Se hai trovato questa pagina interessante, condividila!

About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
Ideatore e fondatore di questo blog, iscritto all'Ordine degli Avvocati di Palmi e all'Ilustre Colegio de Abogados de Madrid; Sono appassionato di diritto e di fotografia e il mio motto è ... " il talento non è mai stato d'ostacolo al successo... "
Loading Disqus Comments ...

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Protected by WP Anti Spam
Invia un articolo