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Cassazione : niente espulsione per rinnovo tardivo del permesso di soggiorno

Immigrazione : Sentenza Cassazione n. 15129 depositata il 10 settembre 2012.

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito con la sentenza in oggetto che la presentazione in ritardo da parte del cittadino extracomunitario della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno non fa scattare automaticamente la sua l’espulsione.

A tale decisione i giudici della corte sono giunti a seguito della trattazione del caso di un cittadino albanese nei confronti del quale, sulla base della ritardata presentazione della suddetta domanda, (oltre il termine dei 60 giorni dalla scadenza), era stata inflitta la misura prefettizia.

In poche parole, si contestava il fatto che non era stata considerata nel merito della questione tutta la documentazione attestante il ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo entro un termine, comunque, che non ha natura perentoria.

L’albanese si è visto cotretto a far valere le proprie ragioni innanzi al Giudice di Pace ma anche in questa sede, veniva respinta l’opposizione al decreto di espulsione emesso dal prefetto.

La Cassazione, incaricata di valutare la questione, ha preso spunto da questi fatti di causa per introdurre un principio molto importante.

La Massima Corte infatti ha osservato che in base all’articolo 13 del decreto legislativo 286 del 25 luglio 1998, la presentazione spontanea della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno (anche oltre il termine di 60 giorni dalla sua decadenza) non consente l’espulsione automatica dello straniero, che può essere disposta solo se la domanda è stata respinta per la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale.

Sulla base di queste precisazioni gli ermellini hanno accolto il ricorso presentato dall’albanese sostenendo inoltre che era obbligo dell’amministrazione esaminare la domanda tardiva e, nel caso, respingerla, ma non avrebbe potuto semplicemente ignorarla procedendo all’espulsione immediata.

In poche parole, per Piazza Cavour avere o meno i requisiti per restare nel territorio dello Stato è più importante della questione “temporale” relativa alla presentazione stessa che assume rilevanza soltando quale indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato.

La sentenza oggetto d’esame ha permesso poi ai giudici di legittimità di effettuare delle ulteriori osservazioni con riferimento alla lingua utilizzata per comunicare l’espulsione.
Più nello specifico, l’albanese lamentava anche il fatto che il provvedimento di espulsione non era scritto con una lingua a lui conosciuta.

La Corte, richiamando e confermando il nuovo e recente indirizzo interpretativo di cui alla decisione n. 3678/2012, sul punto ha affermato che, esclusi i casi in cui la lingua dello straniero sia rara e non facilmente conoscibile sul territorio nazionale, l’amministrazione dell’Interno deve predisporre testi informatizzati dei provvedimenti di espulsione nelle lingue straniere più comunemente parlate dagli immigrati (arabo, cinese, albanese, russo).

In questo modo, continua la Corte, pur garantendo le esigenze dell’amministrazione di governare con celerità fenomeni complessi, si deve assicurare un’informazione effettiva e immediata allo straniero, a garanzia dei suoi diritti.

Pertanto,  l’amministrazione non potrà opporre l’impossibilità di trovare un traduttore della lingua conosciuta dallo straniero se, come nel caso dell’albanese, questa sia facilmente utilizzabile per notificare i provvedimenti espulsivi.

Testo – Cassazione Sentenza n. 15129 – 12

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