Sentenze Cassazione

Cassazione, non è reato definire un ex militante di estrema destra “picchiatore fascista”

Cassazione, non è reato definire un ex militante di estrema destra “picchiatore fascista”

Corte di Cassazione Quinta Sezione Penale – Sentenza n. 745/2013

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito come del tutto legittimo definire “picchiatore fascista” chi ha militato nell’estrema destra prendendo parte a manifestazioni in piazza “non solo per manifestare il proprio pensiero e le proprie idee” ma anche per “manifestare la propria forza fisica”.

Con la sentenza n. 745/2013 la Quinta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha annullato una doppia condanna per diffamazione di €. 400,00 inflitta all’imputato per aver offeso la reputazione di un giornalista.

Per gli ermellini il fatto del processo, ovvero aver definito il giornalista “ex picchiatore fascista” non costituisce reato.

Infatti, al di là della “connotazione negativa” che viene associata all’espressione, “appare del tutto ingiustificata la richiesta di intervento punitivo dello Stato in danno di chi, indipendentemente dall’esito dello scontro, lo ha collocato, nel passato, all’interno di uno schieramento che questo tipo di dialettica della violenza, avente precise radici storiche, non ha mai rinnegato”.

L’espressione utilizzata era stata estrapolata dalla recensione di un libro e dopo che il giornalista aveva rilasciato una intervista in cui dichiarava che negli anni ’70 era sceso in piazza e aveva “fatto a botte” con persone di opposta parte politica.

L’uomo aveva anche precisato che “se proprio doveva fare a botte, le prendeva” poichè “non aveva il fisico del picchiatore, né aveva mai picchiato nessuno, né si era sentito ‘fascista’”.

La censura del Tribunale prima e della Corte d’Appello poi è stata del tutto ribaltata dai giudici di Piazza Cavour che hanno accolto il ricorso che era stato presentato innanzi ai massimi giudici per dimostrare che l’espressione era stata inserita “in un preciso periodo del passato nel quale il prefisso ‘ex’ ha avuto l’intenzione di collocarlo” perdendo così la carica di “disvalore sociale” annullando la decisione dei giudici di merito “perchè il fatto non costituisce reato”.

Secondo i giudici di legittimità “i dati storici” riferibili alla militanza “conducono necessariamente alla rimozione dell’antigiuridicità della sintetica definizione compiuta” da P.G.. Del resto, annota la Cassazione, lo stesso S.M. “ha riconosciuto di essere andato in piazza da intendere come terreno di confronto tra contrapposte esternazioni, oltre che di idee, di forza fisica, in un comune contesto di primordiale e inattuale modo di intendere la politica”.

Inoltre, “la non smentita circostanza, narrata da S.M., secondo cui egli ha avuto il ruolo di soccombente, non incide – scrivono gli ‘ermellini’ – sulla efficacia della ammissione di avere svolto una specifica militanza politica e sulla perfetta aderenza alla verità dell’attribuita qualifica di ‘picchiatore’, nel cui significato non è pacificamente compreso il ruolo di vincitore negli episodi di violenza reciproca”.

La Corte conclude ricordando che “la continenza formale non equivale a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, ma consente il ricorso a parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati”.

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