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Cassazione, confermati 5 anni per Fabrizio Corona

INCHIESTA VIP: CORONA IN TRIBUNALE MILANO, ATTESA SENTENZAdai giornali – Corriere della Sera

La Cassazione conferma la condanna a Corona per l’estorsione a Trezeguet

«Per aver preteso dal calciatore 25 mila euro per non pubblicare delle foto che lo ritraevano»

CONFERMATI 5 ANNI RECLUSIONE

La Cassazione conferma la condanna a Corona per l’estorsione a Trezeguet

«Per aver preteso dal calciatore 25 mila euro per non pubblicare delle foto che lo ritraevano»

La Cassazione ha appena confermato la condanna a cinque anni di reclusione (e mille euro di multa), per estorsione aggravata e trattamento illecito di dati personali, nei confronti del fotografo Fabrizio Corona per aver preteso dal calciatore David Trezeguet 25 mila euro per non pubblicare delle foto che lo ritraevano. La procura generale di Torino ha quindi disposto l’ordine di arresto per Fabrizio Corona. Il provvedimento è stato firmato oggi dal pg Vittorio Corsi. Quando però gli agenti della Digos si sono presentati per eseguire l’arresto, di Fabrizio Corona non c’era traccia. Il paparazzo dei vip, stando a quando previsto dal decreto del Tribunale di Sorveglianza di Milano, dovrebbe rientrare a casa entro l’una di notte.

RIGETTATO IL RICORSO – In merito alla conferma della condanna, la Seconda sezione penale della Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dai legali di Corona contro la condanna emessa dalla Corte d’Appello di Torino il 16 gennaio 2012. In primo grado la pena per Corona era stata più mite: il Tribunale di Torino, il 12 marzo 2010, gli aveva inflitto 3 anni e 4 mesi di reclusione. Venerdì mattina la Procura della Suprema Corte, rappresentata da Sante Spinaci, aveva chiesto il rigetto del ricorso. La vicenda giudiziaria, prima di passare per competenza dalla magistratura di Torino, era venuta a galla nell’ambito dell’inchiesta del pm John Woodcock «Vallettopoli». All’epoca il pm, ora alla Procura di Napoli, era in servizio a Potenza.

IL LEGALE DEL CALCIATORE – «Abbiamo trovato un accordo transattivo e siamo stati completamente risarciti in prossimità dell’udienza della Cassazione. Per questa ragione non ci siamo costituiti parte civile nel terzo grado di giudizio». Ad annunciarlo è Ezio Audisio, legale dell’attaccante franco-argentino David Trezeguet nel processo contro Fabrizio Corona, conclusosi con una condanna definitiva a cinque anni di carcere. La cifra corrisposta dal fotografo al calciatore è tuttavia stata mantenuta segreta.

UN’ALTRA CONDANNA – La condanna definitiva nei confronti di Fabrizio Corona non è la sola. Un’altra condanna definitiva (1 anno e 5 mesi) per Corona era già arrivata lo scorso ottobre da parte della Suprema Corte in relazione ai ricatti ai danni dei giocatori Adriano e Francesco Coco.

Motivazioni della Sentenza 

Secondo quanto è stato deciso dalla Cassazione, che ha depositato le motivazioni della sentenza che lo scorso 18 gennaio condannava Fabrizio Corona a 5 anni di carcere per la vicenda relativa alle foto che il fotografo dei vip ha fatto a David Trezeguet e a cui avrebbe estorto del denaro per non pubblicarle.

Per gli ermellini il paparazzo più famoso d’Italia avrebbe ottenuto un ‘profitto ingiusto’ attraverso uno ‘schema collaudato che, per sua ammissione, veniva utilizzato per impostare e condurre trattative per la vendita di fotografie di persone note’ e, pertanto, è giusta la condanna che è stata pronunciata nei suoi confronti.

Corona è stato dunque condannato per estorsione aggravata per aver preteso dal calciatore David Trezeguet 25mila euro per non pubblicare delle foto che lo ritraevano.

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione, sempre nelle motivazioni, ha osservato che il ‘modus operandi’ è ancora più disdicevole considerato il fatto che Corona non è neppure un giornalista.

Piazza Cavour conclude ricordando che «non è consentito al possessore delle informazioni sensibili lucrare i vantaggi del coinvolgimento e della possibile competizione del diretto interessato e di sfruttare nel versante privato le variabili percezioni soggettive della potenziale dannosità della diffusione dei propri dati personali».

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