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Laura Pausini assolta dal reato di diffamazione

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dai giornali – ilSole24Ore  di

La Cassazione assolve Laura Pausini: non diffamò il suo ex fidanzato

Laura Pausini non ha mai diffamato il suo fidanzato e l’accusa di averle rubato dei soldi pubblicata dalla rivista A.Anna è il frutto di una manipolazione giornalistica. La Corte di Cassazione (sentenza 1791) mette la parola fine al lungo processo a carico della cantante archiviando il caso con un’assoluzione per la Pausini e un nuovo rinvio a giudizio per la cronista e il direttore responsabile.


L’elemento che scagiona del tutto Laura Pausini è una registrazione dalla quale emerge che sia le domande sia le risposte sono state alterate. La domanda della redattrice con la quale chiedeva se l’ex fidanzato manager le avesse rubato dei soldi si era trasformata in un’affermazione mentre la risposta «no, non posso dire niente di questo» era diventata «abbiamo una causa in corso, non è il caso di parlarne». Inducendo il lettore a creare un collegamento tra il procedimento in corso e il probabile furto.

Niente di più lontano dalla realtà dal momento che la causa era stata intentata proprio dall’ex contro l’artista, nei confronti della quale riteneva di essere in credito. L’unica responsabilità che si può addossare a Laura Pausini è quella di aver dato il via libera alla pubblicazione del testo. Ma per la Cassazione si tratta al massimo di una condotta colposa conseguenza di un controllo disattento «compiuto da chi bene sapeva di non aver in alcun modo riferito falsità».

La stessa benevolenza la Suprema corte non la riserva al Gip che aveva assolto la Pausini, partendo da altri presupposti. Il giudice per le indagini preliminari si era impegnato per dimostrare che l’affermazione «rubare dei soldi» doveva essere valutata tenendo presente il pubblico di riferimento della rivista «alle orecchie del lettore medio di quel genere di settimanale – aveva scritto – l’espressione rubare dei soldi ha il semplice significato di avere una controversia di carattere economico» ma non basta, poco dopo aveva affermato che «nella nozione semantico linguistica della gente comune, il concetto di rubare non ha alcuna necessaria coincidenza con la nozione giuridica di furto».

Interpretazioni che fanno “alterare” i giudici della Cassazione i quali sottolineano prima «l’incomprensibile riferimento alle orecchie del lettore» per passare poi a “difendere” la dignità di chi legge le riviste dal dentista o dal parrucchiere. La Corte esclude che tutti siano lettori medi e non in grado di dare il giusto significato all’accusa “hai rubato” interpretandola come “una controversia di carattere economico” . La Cassazione ricorda che il precetto non rubare è conosciuto da millenni nel suo significato essenziale. Ed è chiaro anche a chi legge la stampa rosa.

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