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Cavallo di ritorno, anche l’intermediario commette estorsione

Corte di Cassazione, sez. II Penale sentenza 22 maggio – 31 agosto 2015, n. 35780

estorsione

Cavallo di ritorno, anche l’intermediario commette estorsione
Corte di Cassazione, sez. II Penale
sentenza 22 maggio – 31 agosto 2015, n. 35780
Presidente Fiandanese – Relatore Taddei

La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta al link in fondo all’articolo, ha trattato un tipoco caso di “cavallo di ritorno” ovvero quella pratica illegale utilizzata spesso nel mercato delle automobili rubate poichè dopo il furto, sono gli stessi ladri che contattano il proprietario del veicolo estorcendogli denaro per riottenere ciò che gli è stato sottratto.

Nel caso in commento, veniva chiesto un pagamento per la restituzione di una fiat panda e di altri oggetti che si trovavano all’interno della vettura.

Tra i motivi del ricorso presentato ai giudici di Piazza Cavour, uno dei due imputati lamentava proprio la qualificazione della fattispecie estorsiva, ritenedola non corretta poichè i giudici territoriali non avevano tenuto in considerazione il fatto di aver agito solo come intermediario, quindi senza alcun dolo estorsivo, per permettere alla vittima di riottenere i beni che gli erano stati sottratti.

La Suprema Corte, ha respinto entrambi i ricorsi delle parti e, in particolare, ha ribadito un importante principio secondo cui “ai fini dell’integrazione dei concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana.

Articolo di riferimento:
Articolo 629 Codice Penale
Estorsione

Chiunque, mediante violenza [581 2] o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.

Leggi il testo della sentenza

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
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