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CGUE, sigarette, accise e libera concorrenza

CGUE, sigarette, accise e concorrenza
Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, sentenza 9 ottobre 2014,
causa C-428/13

sigaretta unione europea acciseLa Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha esaminato il caso della Yesmoke Tobacco SpA che vendeva il tabacco lavorato ad un prezzo inferiore rispetto alle altre sigarette in commercio e, per questo gli veniva applicata un’accisa superiore rispetto alle marche concorrenti.

Secondo la Yesmoke infatti la decisione del da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) di introdurre un’accisa minima unicamente sulle sigarette con un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta minava la libera concorrenza non garantendo dunque il corretto funzionamento del mercato interno all’Unione Europea.

La decisione della Corte non lascia spazio ad interpretazioni “La normativa dell’Unione in materia di tassazione dei prodotti del tabacco deve garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un livello elevato di protezione della salute, come richiesto dall’articolo 168 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tenendo presente che i prodotti del tabacco possono nuocere gravemente alla salute e che l’Unione è parte della convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per il controllo del tabacco (FCTC). È opportuno tener conto della situazione esistente per ciascuno dei vari tipi di tabacchi lavorati“.

Si legge nella sentenza che “l’armonizzazione delle strutture per quanto riguarda le accise dei tabacchi deve, in particolare, far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti a uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri

Inoltre, “riguardo alle sigarette, è opportuno garantire condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco e mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario. Un requisito minimo ad valorem dovrebbe quindi essere espresso in termini di prezzo medio ponderato di vendita al minuto, mentre un importo minimo dovrebbe applicarsi a tutte le sigarette. Per gli stessi motivi, il prezzo medio ponderato di vendita al minuto dovrebbe servire anche come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica sull’onere fiscale totale“.

La Corte conclude ribadendo che “quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di introdurre un’accisa minima, conformemente all’articolo 8, paragrafo 6, della direttiva 2011/64, la regolamentazione che adottano deve inserirsi nel contesto definito da detta direttiva senza contravvenire ai suoi obiettivi“.

Pertanto, “l’applicazione di soglie d’imposta che variano in funzione delle caratteristiche o del prezzo delle sigarette comporterebbe distorsioni alla concorrenza tra le differenti sigarette e sarebbe quindi contraria all’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e condizioni neutre di concorrenza perseguito dalla direttiva 2011/64“.

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