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Codice di Procedura Civile – Libro I-II (artt. 1-473)

Codice di Procedura Civile

Libro primo: DISPOSIZIONI GENERALI

Titolo I: DEGLI ORGANI GIUDIZIARI

Capo I: DEL GIUDICE

Sezione I: DELLA GIURISDIZIONE E DELLA COMPETENZA IN GENERALE

Art. 1.
(Giurisdizione dei giudici ordinari)

La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, e’ esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice.

Art. 2. (1)
[(Inderogabilita’ convenzionale della giurisdizione)

La giurisdizione italiana non puo’ essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione straniera, ne’ di arbitri che pronuncino all’estero, salvo che si tratti di causa relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non residente ne’ domiciliato nella Repubblica e la deroga risulti da atto scritto.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 3. (1)
[(Pendenza di lite davanti a giudice straniero)

La giurisdizione italiana non e’ esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra con questa connessa.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 4. (1)
[(Giurisdizione rispetto allo straniero)

Lo straniero puo’ essere convenuto davanti ai giudici della Repubblica:
1) se quivi e’ residente o domiciliato, anche elettivamente, o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’articolo 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all’estero;
2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o successioni ereditarie di cittadino italiano o aperte nella Repubblica, oppure obbligazioni quivi sorte o da eseguirsi;
3) se la domanda e’ connessa con altra pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda provvedimenti cautelari da eseguirsi nella Repubblica o relativi a rapporti dei quali il giudice italiano puo’ conoscere;
4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al quale lo straniero appartiene puo’ conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 5. (1)
(Momento determinante della giurisdizione e della competenza)

La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.

(1) Articolo cosi’ sostituito dall’art. 2, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 6.
(Inderogabilità convenzionale della competenza)

La competenza non puo’ essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge.


Sezione II: DELLA COMPETENZA PER MATERIA E VALORE

Art. 7. (1)
(Competenza del giudice di pace)

Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore euro 5.000,00, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 20.000,00.

È competente qualunque ne sia il valore:

1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;

2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;

3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;

3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 8. (1)
[(Competenza del pretore)

Il pretore e’ competente per le cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni, in quanto non siano di competenza del giudice di pace.
E’ competente, qualunque ne sia il valore:
1) per le azioni possessorie, salvo il disposto dell’articolo 704, e per le denunce di nuova opera e di danno temuto, salvo il disposto dell’articolo 688, secondo comma;
2) per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
3) per le cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie;
4) per le cause relative alla misura e alle modalita’ di uso dei servizi di condominio di case.]

(1) Articolo abrogato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 9. (1)
(Competenza del tribunale)

Il tribunale e’ competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice.
Il tribunale e’ altresi’ esclusivamente competente per tutte le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacita’ delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile.

(1) Articolo così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 10.
(Determinazione del valore)

Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti.
A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni, anteriori alla proposizione si sommano col capitale.

 

Art. 11.
(Cause relative a quote di obbligazione tra piu’ parti)

Se e’ chiesto da piu’ persone o contro piu’ persone l’adempimento per quote di un’obbligazione, il valore della causa si determina dall’intera obbligazione.

Art. 12.
(Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni)

Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validita’ o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che e’ in contestazione.
[Nelle cause per finita locazione d’immobili il valore si determina in base all’ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si determina cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo controverso.] (1)
Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi.

(1) Comma abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 13.
(Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite)

Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo e’ controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni.
Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo e’ controverso, il valore si determina cumulando venti annualita’; nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualita’ domandate fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il valore delle cause relative al diritto del concedente.

Art. 14.
(Cause relative a somme di danaro e a beni mobili)

Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito.
Il convenuto puo’ contestare, ma soltanto nella prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione.
Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito.

Art. 15. (1)
(Cause relative a beni immobili)

Il valore delle cause relative a beni immobili e’ determinato moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda: per duecento per le cause relative alla proprieta’; per cento per le cause relative all’usufrutto, all’uso, all’abitazione, alla nuda proprieta’ e al diritto dell’enfiteuta; per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitu’.
Il valore delle cause per il regolamento di confini si desume dal valore della parte di proprieta’ controversa, se questa e’ determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente.
Se per l’immobile all’atto della proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli atti, se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile.

(1) Articolo cosi’ sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.

Art. 16. (1)
[(Esecuzione forzata)

Per la consegna e il rilascio di cose e per l’espropriazione forzata di cose mobili e di crediti e’ competente il pretore.
Per l’espropriazione forzata di cose immobili e’ competente il tribunale.
Se cose mobili sono soggette all’espropriazione forzata insieme con l’immobile nel quale si trovano, per l’espropriazione e’ competente il tribunale anche relativamente ad esse.
Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare e’ competente il pretore.]

(1) Articolo abrogato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 17.
(Cause relative all’esecuzione forzata)

Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede: quello delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell’articolo 619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore dei crediti contestati.

Sezione III: DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO

Art. 18.
(Foro generale delle persone fisiche)

Salvo che la legge disponga altrimenti, e’ competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza, ne’ domicilio, ne’ dimora nello Stato o se la dimora e’ sconosciuta, e’ competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.

Art. 19.
(Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute)

Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica, e’ competente il giudice del luogo dove essa ha sede. E’ competente altresi’ il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le societa’ non aventi personalita’ giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli articoli 36 ss. del codice civile hanno sede dove svolgono attivita’ in modo continuativo.

Art. 20.
(Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione)

Per le cause relative a diritti di obbligazione e’ anche competente il giudice del luogo in cui e’ sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio.

Art. 21.
(Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie)

Per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile o l’azienda. (1) Qualora l’immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile.
Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto e’ competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.

(1) Periodo così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 22.
(Foro per le cause ereditarie)

E’ competente il giudice del luogo dell’aperta successione per le cause:
1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione;
2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purché proposte entro un biennio dalla divisione;
3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede, purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall’apertura della successione;
4) contro l’esecutore testamentario, purché proposte entro i termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.

Art. 23.
(Foro per le cause tra soci e tra condomini)

Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.

Art. 24.
(Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali)

Per le cause relative alla gestione di una tutela o di un’amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell’autorita’ è competente il giudice del luogo d’esercizio della tutela o dell’amministrazione.

Art. 25.
(Foro della pubblica amministrazione)

Per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda.

Art. 26.
(Foro dell’esecuzione forzata)

Per l’esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l’art. 21.
Per l’espropriazione forzata di crediti e’ competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore.
Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto.

Art. 27.
(Foro relativo alle opposizioni all’esecuzione)

Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 e’ competente il giudice del luogo dell’esecuzione, salva la disposizione dell’art. 480 terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione.

Art. 28.
(Foro stabilito per accordo delle parti)

La competenza per territorio puo’ essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei nn. 1, 2, 3 e 5 dell’art. 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge.

Art. 29.
(Forma ed effetti dell’accordo delle parti)

L’accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto.
L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito.

Art. 30.
(Foro del domicilio eletto)

Chi ha eletto domicilio a norma dell’art. 47 c.c. può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso.

 

Art. 30-bis. (1)
(Foro per le cause in cui sono parti i magistrati)

Le cause in cui sono comunque parti magistrati, che secondo le norme del presente capo sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. (2)
Se nel distretto determinato ai sensi del primo comma il magistrato è venuto ad esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d’appello individuato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale con riferimento alla nuova destinazione.

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 12 novembre 2002, n. 444ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale, nella parte in cui si applica ai processi di esecuzione forzata promossi da o contro magistrati in servizio nel distretto di corte d’appello comprendente l’ufficio giudiziario competente ai sensi dell’art. 26 del codice di procedura civile.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 25 maggio 2004, n. 147 ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’art. 30-bis, comma 1, c.p.c., il quale prevede una deroga alla competenza territoriale del giudice civile per le cause riguardanti magistrati, salvo che nella parte relativa alle azioni civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, nei termini di cui all’art. 11 c.p.p.

Sezione IV: DELLE MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA PER RAGIONE DI CONNESSIONE

Art. 31.
(Cause accessorie)

La domanda accessoria puo’ essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione dell’art. 10 secondo comma.
[Puo’ tuttavia essere proposta allo stesso giudice anche se eccede la sua competenza per valore, qualora la competenza per la causa principale sia determinata per ragione di materia.] (1)

(1) Comma abrogato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 32. (1)
(Cause di garanzia)

La domanda di garanzia puo’ essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione.

(1) Articolo così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 33.
(Cumulo soggettivo)

Le cause contro piu’ persone che a norma degli artt. 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo.

Art. 34.
(Accertamenti incidentali)

Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.

Art. 35.
(Eccezione di compensazione)

Quando e’ opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente.

Art. 36.
(Cause riconvenzionali)

Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti.

Sezione V: DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE, DELL’INCOMPETENZA E DELLA LITISPENDENZA (1)

(1) Si veda l’art. 59 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che così dispone:
“ Art. 59 Decisione delle questioni di giurisdizione
1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti l giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fin alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
4. L’inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma1, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.”

Art. 37.
(Difetto di giurisdizione)

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali e’ rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
[Il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero e’ rilevato dal giudice d’ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all’estero; in ogni altro caso e’ rilevato, egualmente d’ufficio, dal giudice se il convenuto e’ contumace, e puo’ essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana.] (1)(1) Comma abrogato dall’art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.

Art. 38. (1)
(Incompetenza)

L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente.

Fuori dei casi previsti dall’articolo 28, quando le parti costituite aderiscono all’indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo.

L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’articolo 183.

Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 39.
(Litispendenza e continenza di cause)

Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo. (1)
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza (2) la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso. (3)

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 45, comma 3, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo precedente così disponeva:“Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado dl processo, anche d’ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.”
(2) L’originaria parola “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, coma 3, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Le parole: “ovvero dal deposito del ricorso” sono state così sostituite ad opera dell’art. 45, comma 3, lett. c), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 40.
(Connessione)

Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali, per ragione di connessione possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con ordinanza (1) alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria, davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito. (2)
La connessione non può essere eccepita dalle parti né rilevata d’ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta non consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause connesse.
Nei casi previsti negli artt. 31, 32, 34, 35 e 36, le cause, cumulativamente proposte o successivamente riunite, debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate negli artt. 409 e 442. (3)
Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore. (3)
Se la causa è stata trattata con un rito diverso da quello divenuto applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma degli artt. 426, 427 e 439. (3)
Se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza (4) del tribunale, le relative domande possono essere proposte innanzi (4) al tribunale affinché siano decise nello stesso processo. (5)
Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti al giudice di pace e (4) al tribunale, il giudice di pace deve pronunziare anche d’ufficio la connessione a favore (4) del tribunale. (5

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Comma aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(4) Le parole “al pretore o” sono state soppresse dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51
(5) Comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, L. 21 novembre 1991, n. 374.

Sezione VI: DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA (1)

(1) Si veda l’art. 59 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che così dispone:
“ Art. 59 Decisione delle questioni di giurisdizione
1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti l giudice adito in relazione al rito applicabile.
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fin alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
4. L’inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma1, le prove raccolte
nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.”

Art. 41.
(Regolamento di giurisdizione)

Finche’ la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37. L’istanza si propone con ricorso a norma degli artt. 364 ss., e produce gli effetti di cui all’art. 367.
La pubblica amministrazione che non e’ parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all’amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.

Art. 42. (1)
(Regolamento necessario di competenza)

L’ordinanza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli articoli 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 43.
Regolamento facoltativo di competenza

Il provvedimento (1) che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere impugnato (2) con l’istanza di regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell’impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l’istanza di regolamento.
Se l’istanza di regolamento è proposta prima dell’impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere dalla comunicazione della ordinanza (3) che regola la competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell’articolo 48.

(1) Le parole: “La sentenza” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 5, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) L’ originaria parola: “impugnata” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 5, lett. a) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Le parole: “della sentenza” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 5, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 44.
(Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza)

L’ordinanza (1) che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, se non è impugnata con la istanza di regolamento rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all’art. 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell’articolo 28.

(1) La parola: “sentenza” è stata così modificata dall’ art. 45, comma 4 della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 45.
(Conflitto di competenza)

Quando, in seguito alla ordinanza (1) che dichiara la incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all’articolo 28, la causa nei termini di cui all’articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di competenza.

(1) La parola: “sentenza” è stata così modificata dall’ art. 45, comma 4 della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 46.
(Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza)

Le disposizioni degli artt. 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai giudici di pace.

Art. 47.
(Procedimento del regolamento di competenza)

L’istanza di regolamento di competenza si propone alla Corte di cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della ordinanza (1) che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell’impugnazione ordinaria nel caso previsto nell’articolo 43 secondo comma. L’adesione delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l’istanza, nei cinque giorni successivi all’ultima notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della Corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti necessari.
Il regolamento d’ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione.
Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture difensive e documenti.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 48.
(Sospensione dei processi)

I processi relativamente ai quali e’ chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza al cancelliere a norma dell’articolo precedente o dalla pronuncia dell’ordinanza che richiede il regolamento.
Il giudice puo’ autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti.

Art. 49.
(Sentenza di regolamento di competenza)

Il regolamento è pronunciato con ordinanza (1) in camera di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell’articolo 47, ultimo comma.
Con l’ordinanza (1) la Corte di cassazione statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti in termini affinché provvedano alla loro difesa.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 4, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 50.
(Riassunzione della causa)

Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella ordinanza (1) dal giudice e, in mancanza, in quello di tre mesi (2) dalla comunicazione dell’ordinanza di regolamento o dell’ordinanza (1) che dichiara l’incompetenza del giudice adito il processo continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue.

(1) La parola: “sentenza” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 6, lett. a) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Le originarie parole: “sei mesi” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 6, lett. b) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Sezione VI-bis: DELLA COMPOSIZIONE DEL TRIBUNALE (1)

(1) Sezione inserita dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 50-bis.
(Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale)

Il tribunale giudica in composizione collegiale:
1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, [al decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni dalla legge 3 aprile 1979, n. 95] (1) e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (2) e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima;
7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117.
7-bis) nelle cause di cui all’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (3)
Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto.

(1) Parole abrogate dal Dlgs. 8 luglio 1999, n. 270.
(2) Le parole “i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari” sono state inserite dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 262.
(3) Numero inserito all’articolo 2, comma 448, Legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Art. 50-ter.
(Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica)

Fuori dei casi previsti dall’articolo 50-bis, il tribunale giudica in composizione monocratica.

Art. 50-quater.
(Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale)

Le disposizioni di cui agli articoli 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’articolo 161, primo comma.

Sezione VII: DELL’ASTENSIONE, DELLA RICUSAZIONE E DELLA RESPONSABILITA’ DEI GIUDICI

Art. 51.
(Astensione del giudice)

Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione (1), o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inamicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se e’ tutore, curatore, amministratore di sostegno (2), procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice puo’ richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.

(1) La Legge 4 maggio 1983, n. 184 ha soppresso l’istituto dell’affiliazione.
(2) Le parole “amministratore di sostegno” sono state inserite dallaLegge 9 gennaio 2004, n. 6.

Art. 52.
(Ricusazione del giudice)

Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti puo’ proporne la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa nel caso contrario.
La ricusazione sospende il processo.

Art. 53.
(Giudice competente)

Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. (1)
La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 54.
(Ordinanza sulla ricusazione)

L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato.
La ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata proposta nelle forme e nei termini fissati nell’art. 52.
Il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a euro 250. (1)
Dell’ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e alle parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi.

(1) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 45, comma 7, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69.
Il testo precedete così recitava: “L’ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore che l’ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a € 5.”

Art. 55. (1)
[(Responsabilità civile del giudice)]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.

Art. 56. (1)
[(Autorizzazione)]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.


Capo II: DEL CANCELLIERE E DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO

Art. 57.
(Attività del cancelliere)

Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attivita’ proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale.
Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice.

Art. 58.
(Altre attività del cancelliere)

Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice, nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.

Art. 59.
(Attività dell’ufficiale giudiziario)

L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.

Art. 60.
(Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario)

Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:
1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.

Capo III: DEL CONSULENTE TECNICO, DEL CUSTODE E DEGLI ALTRI AUSILIARI DEL GIUDICE

Art. 61.
(Consulente tecnico)

Quando è necessario, il giudice puo’ farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o piu’ consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice.

Art. 62.
(Attività del consulente)

Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli artt. 194 ss. e degli artt. 441 e 463.

Art. 63.
(Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente)

Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione.
Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art. 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato.

Art. 64.
(Responsabilità del consulente)

Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti.
In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a € 10.329. Si applica l’art. 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti. (1)

(1) Comma così sostituito dalla Legge 4 giugno 1985, n. 281.

Art. 65.
(Custode)

La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato.

(1) Comma così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 66.
(Sostituzione del custode)

Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, puo’ disporre in ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti puo’ chiederlo soltanto per giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile, dal giudice di cui all’art. 65, secondo comma. (1)

(1) Comma così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 67.
(Responsabilità del custode)

Ferme le disposizioni del codice penale, il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da euro 250 a euro 500. (1)
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

(1) Le parole: “non superiore a euro 10” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 8, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 68.
(Altri ausiliari)

Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorga necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si puo’ fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo.
Il giudice puo’ commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.

Titolo II: DEL PUBBLICO MINISTERO

Art. 69.
(Azione del pubblico ministero)

Il pubblico ministero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla legge.

Art. 70. (1)
(Intervento in causa del pubblico ministero)

Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullita’ rilevabile d’ufficio:
1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacita’ delle persone;
[4) nelle cause collettive e nelle cause individuali di lavoro in grado di appello;] (2)
5) negli altri casi previsti dalla legge.
Deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione.
Puo’ infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 25 giugno 1996, n. 214, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prescrive l’intervento obbligatorio del pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che comportino “provvedimenti relativi ai figli”, nei sensi di cui agli artt. 9 della legge n. 898 del 1970 e 710 del codice di procedura civile come risulta a seguito della sentenza n. 416 del 1992.
(2) Numero abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533 (Altalex).

Art. 71.
(Comunicazione degli atti processuali al pubblico ministero)

Il giudice, davanti al quale e’ proposta una delle cause indicate nel primo comma dell’articolo precedente, ordina la comunicazione degli atti al pubblico ministero affinche’ possa intervenire.
Lo stesso ordine il giudice puo’ dare ogni volta che ravvisi uno dei casi previsti nell’ultimo comma dell’articolo precedente.

Art. 72.
(Poteri del pubblico ministero)

Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime.
Negli altri casi di intervento previsti nell’art. 70, tranne che nelle cause davanti alla Corte di cassazione, il pubblico ministero puo’ produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti.
Il pubblico ministero puo’ proporre impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi.
Lo stesso potere spetta al pubblico ministero contro le sentenze che dichiarino l’efficacia o l’inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi.
Nelle ipotesi prevedute nei commi terzo e quarto, la facolta’ di impugnazione spetta tanto al pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la sentenza quanto a quello presso il giudice competente a decidere sull’impugnazione.
Il termine decorre dalla comunicazione della sentenza a norma dell’art. 133.
Restano salve le disposizioni dell’art. 397.

Art. 73.
(Astensione del pubblico ministero)

Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del presente codice relative all’astensione dei giudici, ma non quelle relative alla ricusazione.

Art. 74. (1)
[(Responsabilità del pubblico ministero)]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.

Titolo III: DELLE PARTI E DEI DIFENSORI

Capo I: DELLE PARTI

Art. 75. (1)
(Capacità processuale)

Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere.
Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità.
Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto.
Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli artt. 36 e seguenti del codice civile.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 220 del 16 ottobre 1986, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l’attore riassumere il giudizio.

Art. 76. (1)
[(Famiglia Reale)]

(1) Articolo abrogato dall’art. 1 della Costituzione.

Art. 77.
(Rappresentanza del procuratore e dell’institore)

Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari.
Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nello Stato e all’institore.

Art. 78.
(Curatore speciale)

Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza, o vi sono ragioni di urgenza, puo’ essere nominato all’incapace, alla persona giuridica o all’associazione non riconosciuta un curatore speciale che li rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza.
Si procede altresi’ alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi e’ conflitto d’interessi col rappresentante.

Art. 79.
(Istanza di nomina del curatore speciale)

La nomina del curatore speciale di cui all’articolo precedente puo’ essere in ogni caso chiesta dal pubblico ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita, sebbene incapace, nonché dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.
Puo’ essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi abbia interesse.

Art. 80.
(Provvedimento di nomina del curatore speciale)

L’istanza per la nomina del curatore speciale si propone al giudice di pace [, al pretore] (1) o al presidente dell’ufficio giudiziario davanti al quale s’intende proporre la causa.
Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero affinche’ provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace, della persona giuridica o dell’associazione non riconosciuta.

(1) Parole soppresse dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 81.
(Sostituzione processuale)

Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

 

Capo II: DEI DIFENSORI

Art. 82. (1)
(Patrocinio)

Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede € 1.100. (2)
Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti (3) al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 20, L. 21 novembre 1991, n. 374.
(2) Le parole: “€ 516,46” sono state così sostituite dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, convertito con L. 17 febbraio 2012, n. 10.
(3) Le parole: “al pretore,” sono state soppresse dal D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 83. (1)
(Procura alle liti)

Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.
La procura alle liti può essere generale o speciale e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d’intervento, del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato. In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.
La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà diversa.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

 

Art. 84.
(Poteri del difensore)

Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati.
In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.

Art. 85.
(Revoca e rinuncia alla procura)

La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.

Art. 86.
(Difesa personale della parte)

La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

Art. 87.
(Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico)

La parte puo’ farsi assistere da uno o più avvocati, e anche da un consulente tecnico nei casi e con i modi stabiliti nel presente codice.


Capo III: DEI DOVERI DELLE PARTI E DEI DIFENSORI

Art. 88.
(Dovere di lealtà e di probità)

Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi.

Art. 89.
(Espressioni sconvenienti od offensive)

Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive.
Il giudice, in ogni stato dell’istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive, e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della causa.

 

Capo IV: DELLE RESPONSABILITA’ DELLE PARTI PER LE SPESE E PER I DANNI PROCESSUALI

Art. 90. (1)
[(Onere delle spese)

Salve le disposizioni relative al gratuito patrocinio, nel corso del processo ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede, e deve anticiparle per gli altri atti necessari al processo quando l’anticipazione e’ posta a suo carico dalla legge o dal giudice.]

(1) Articolo abrogato dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 91.
(Condanna alle spese)

Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92. (1)
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con nota in margine all’originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell’ufficio a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario.
Nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda. (2)

(1) Questo periodo è stato così sostituito dall’ art. 45, comma 10, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Comma aggiunto dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, convertito conL. 17 febbraio 2012, n. 10.

Art. 92
(Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese)

Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’articolo 88, essa ha causato all’altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione (1), il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. (2)
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.

(1) Le parole: “o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione” sono state così sostituite dall’art. 45, comma 11, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Comma così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. a) della L. 28 dicembre 2005, n. 26

Art. 93.
(Distrazione delle spese)

Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate. Finché il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese.

 

Art. 94.
(Condanna di rappresentanti o curatori)

Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell’intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita.

Art. 95.
(Spese del processo di esecuzione)

Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l’esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice civile.

Art. 96.
(Responsabilità aggravata)

Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.(1)

(1) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 45, comma 12, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69.

 

Art. 97.
(Responsabilità di più soccombenti)

Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali.

Art. 98. (1)
[(Cauzione per le spese)

Il giudice istruttore, il pretore o il giudice di pace, su istanza del convenuto, può disporre con ordinanza che l’attore non ammesso al gratuito patrocinio, presti cauzione per il rimborso delle spese, quando vi è fondato timore che l’eventuale condanna possa restare ineseguita.
Se la cauzione non è prestata nel termine stabilito, il processo si estingue.]

(1) La Corte costituzionale con sentenza 29 novembre 1960 n. 67 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo.

Titolo IV: DELL’ESERCIZIO DELL’AZIONE

Art. 99.
(Principio della domanda)

Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente.

Art. 100.
(Interesse ad agire)

Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa e’ necessario avervi interesse.

 

Art. 101.
(Principio del contraddittorio)

Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione. (1)

(1) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 45, comma 13, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69

 

Art. 102. (1)
(Litisconsorzio necessario)

Se la decisione non puo’ pronunciarsi che in confronto di piu’ parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo e’ promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 8 febbraio 2006, n. 41 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 38 e 102 del codice di procedura civile, nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti (Altalex).

Art. 103.
(Litisconsorzio facoltativo)

Piu’ parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice puo’ disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi e’ istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe piu’ gravoso il processo, e puo’ rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza.

Art. 104.
(Pluralita’ di domande contro la stessa parte)

Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo piu’ domande anche non altrimenti connesse, purche’ sia osservata la norma dell’articolo 10 secondo comma.
E’ applicabile la disposizione del secondo comma dell’articolo precedente.

Art. 105.
(Intervento volontario)

Ciascuno puo’ intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.
Puo’ altresi’ intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.

Art. 106.
(Intervento su istanza di parte)

Ciascuna parte puo’ chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita.

 

Art. 107.
(Intervento per ordine del giudice)

Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa e’ comune, ne ordina l’intervento.

 

Art. 108.
(Estromissione del garantito)

Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi puo’ chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa e’ disposta dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l’estromesso.

Art. 109.
(Estromissione dell’obbligato)

Se si contende a quale di piu’ parti spetta una prestazione e l’obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice puo’ ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, puo’ estromettere l’obbligato dal processo.

Art. 110.
(Successione nel processo)

Quando la parte vien meno per morte o per altra causa, il processo e’ proseguito dal successore universale o in suo confronto.

Art. 111.
(Successione a titolo particolare nel diritto controverso)

Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte il processo e’ proseguito dal successore universale o in suo confronto.
In ogni caso il successore a titolo particolare puo’ intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale puo’ esserne estromesso.
La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed e’ impugnabile anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione.

Titolo V: DEI POTERI DEL GIUDICE

Art. 112.
(Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato)

Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non puo’ pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.

 

Art. 113.
(Pronuncia secondo diritto)

Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità.
Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’articolo 1342 del codice civile. (1) (2)

(1) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 1 del D.L. 8 febbraio 2003, n. 18
(2) LA Corte Costituzionale con sentenza 6 luglio 2004, n. 206 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede che il giudice di pace debba osservare i principi informatori della materia (Altalex).

Art. 114.
(Pronuncia secondo equita’ a richiesta di parte)

Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equita’ quando esso riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde richiesta.

Art. 115. (1)
(Disponibilita’ delle prove)

Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 45, comma 14, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69
Il testo precedente così disponeva: “Salvi i casi previsti dalla legge il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero.
Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione e nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.”

Art. 116.
(Valutazione delle prove)

Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice puo’ desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.

 

Art. 117.
(Interrogatorio non formale delle parti)

Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facolta’ di ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.

Art. 118.
(Ordine d’ispezione di persone e di cose)

Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352 del Codice di procedura penale.

Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell’articolo 116 secondo comma.

Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria da euro 250 ad euro 1.500. (1)

(1) Le parole: “non superiore a euro 5 “ sono state così sostituite dall’art. 45, comma 15, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 119.
(Imposizione di cauzione)

Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l’oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire.

Art. 120.
(Pubblicita’ della sentenza)

Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, compreso quello derivante per effetto di quanto previsto all’articolo 96, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione, nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche, radiofoniche o televisive e in siti internet da lui designati. (1)
Se l’inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall’obbligato.

(1) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 45, comma 16, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69.
Il testo precedente recitava: “Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati.”

Titolo VI: DEGLI ATTI PROCESSUALI

Capo I: DELLE FORME DEGLI ATTI E DEI PROVVEDIMENTI

Sezione I: DEGLI ATTI IN GENERALE

Art. 121.
(Libertà di forme)

Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma piu’ idonea al raggiungimento del loro scopo.

Art. 122.
(Uso della lingua italiana – Nomina dell’interprete)

In tutto il processo e’ prescritto l’uso della lingua italiana. (1)
Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice puo’ nominare un interprete.
Questi, prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento davanti al giudice di adempiere fedelmente il suo ufficio.

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 24 febbraio 1992, n. 62 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) in combinato disposto con il presente articolo nella parte in cui non consente ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processodi opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonchè di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell’autorità giudiziaria e le risposte della controparte.

Art. 123.
(Nomina del traduttore)

Quando occorre procedere all’esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana, il giudice puo’ nominare un traduttore, il quale presta giuramento a norma dell’articolo precedente.

Art. 124.
(Interrogazione del sordo e del muto)

Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto (1), le interrogazioni e le risposte possono essere fatte per iscritto.
Quando occorre, il giudice nomina un interprete, il quale presta giuramento a norma dell’art. 122 ultimo comma.

(1) A norma dell’art. 1 della L. 20 febbraio 2006, n. 95, in tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine “sordomuto” è sostituito con l’espressione “sordo”

Art. 125.
(Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte)

Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve, altresì, indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax. (1)
La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di mandato speciale.

(1) Comma modificato dal Decreto Legge 29.12.2009 n° 193, convertito nella Legge 22.02.2010 n° 24, dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148 e dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 126.
(Contenuto del processo verbale)

Il processo verbale deve contenere l’indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute.
Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non puo’ o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione.

Sezione II: DELLE UDIENZE

Art. 127.
(Direzione dell’udienza)

L’udienza è diretta dal giudice singolo o dal presidente del collegio.
Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinché la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.

Art. 128.
(Udienza pubblica)

L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.
Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.

Art. 129.
(Doveri di chi interviene o assiste all’udienza)

Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio.
E’ vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo.

Art. 130.
(Redazione del processo verbale)

Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice.
Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l’udienza e dal cancelliere; di esso non si da’ lettura, salvo espressa istanza di parte.

Sezione III: DEI PROVVEDIMENTI

Art. 131.
(Forma dei provvedimenti in generale)

La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto.
In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo.
Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione della unanimita’ della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, e’ conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio. (1)

(1) Comma aggiunto dall’art. 16, L. 13 aprile 1988, n. 117.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, ha dichiarato l’illegittimita’ del predetto art. 16 nella parte cui dispone che “e’ compilato sommario processo verbale” anziche’ “puo’, se uno dei componenti l’organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale”.

Art. 132. (1)
(Contenuto della sentenza)

La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione: Repubblica Italiana.
Essa deve contenere:
1) l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata;
2) l’indicazione delle parti e dei loro difensori;
3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti;
4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (2)
5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice.
La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento; se l’estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento.

(1) Si veda l’art. 58, comma 2, della Legge 18 giugno 2009, n. 69che dispone: “2. Ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano gli articoli 132, 345 e 616 de codice di procedura civile e l’articolo 118 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge.”
(2) Questo numero è stato così sostituito dall’art. 45, comma 17, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo precedente disponeva: “4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione.”


Art. 133.
(Pubblicazione e comunicazione della sentenza)

La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata.
Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite.

(…) (1)

(1) Il comma: “L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso.” è stato aggiunto dall’art. 2, comma 3, lett. a), del D.L. 35/2005e successivamente abrogato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 134.
(Forma, contenuto e comunicazione dell’ordinanza)

L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell’udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti l’ordinanza pronunciata fuori dell’udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione.
(…) (1)

(1) Il comma: “L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso.” è stato aggiunto dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006 e successivamente abrogato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 135.
(Forma e contenuto del decreto)

Il decreto e’ pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte.
Se e’ pronunciato su ricorso, e’ scritto in calce al medesimo.
Quando l’istanza e’ proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il decreto e’ inserito nello stesso.
Il decreto non e’ motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; e’ datato ed e’ sottoscritto dal giudice o, quando questo e’ collegiale, dal presidente.

Sezione IV: DELLE COMUNICAZIONI E DELLE NOTIFICAZIONI

Art. 136.
(Comunicazioni)

Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. (1)
Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica. (2)
(…) (3)

(1) Comma modificato dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, e successivamente così sostituito dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.
(2) Comma aggiunto dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, e successivamente così sostituito dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.
(3) Il comma: “Tutte le comunicazioni alle parti devono essere effettuate con le modalità di cui al terzo comma.” è stato aggiunto dalD.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148 e successivamente abrogato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 137.
(Notificazioni)

Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere.
L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi.
Se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile. (1)
Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 143, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. (2)
Le disposizioni di cui al quarto (3) comma si applicano anche alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria ai sensi degli articoli 133 e 136. (2)

(1) Comma inserito dall’art. 45, comma 18, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69
(2) Comma inserito dall’art. 174, comma 1, del Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196
(3) L’originaria parola: “terzo” è stata così sostituita dall’art. 45, comma 18, lett. b) della Legge 18 giugno 2009, n. 69

Art. 138. (1)
(Notificazione in mani proprie)

L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la csa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario al quale è addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la notificazione si considera fatta in mani proprie.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 139.
(Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio)

Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio.
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata. (1)
Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 140. (1)
(Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia)

Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata (2) alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 3 del 14 gennaio 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni, per il destinatario, con a spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
(2) Le parole: “in busta chiusa e sigillata” sono state inserite dall’art. 174, comma 4, del Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196

 

Art. 141.
(Notificazione presso il domiciliatario)

La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può essere fatta mediante consegna di copia alla persona o al capo dell’ufficio in qualità di domiciliatario, nel luogo indicato nell’elezione.
Quando l’elezione di domicilio è stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria, se così è stato espressamente dichiarato.
La consegna, a norma dell’art. 138, della copia nelle mani della persona o del capo dell’ufficio presso i quali si è eletto domicilio, equivale a consegna nelle mani del destinatario.
La notificazione non può essere fatta nel domicilio eletto se è chiesta dal domiciliatario o questi è morto o si è trasferito fuori della sede indicata nell’elezione di domicilio o è cessato l’ufficio.

Art. 142. (1)
(Notificazione a persona non residente, né dimorante, né domiciliata nella Repubblica)

Salvo quanto disposto nel secondo comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell’art. 77, l’atto è notificato mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta.
Le disposizioni di cui al primo comma si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. (2)

(1) I precedenti primo e secondo comma sono stati così sostituiti dall’attuale primo comma dall’art. 174, comma 5, lett. a) del Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.
(2) Le parole: “ai commi precedenti” sono state così sostituite dall’art. 174, comma 5, lett. b) del Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.

_________________________

(2) La Corte costituzionale con sentenza 3 marzo 1994, n. 69 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, del codice di procedura civile nella parte in cui non prevedono che la notificazione all’estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.

Art. 143.
(Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti)

Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi e’ il procuratore previsto nell’art. 77, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario [, e mediante affissione di altra copia nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede] (1).
Se non sono noti né il luogo dell’ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale giudiziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero.
Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi dell’articolo precedente, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte. (2)

(1) Parole soppresse dal Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 3 marzo 1994, n. 69 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, del codice di procedura civile nella parte in cui non prevedono che la notificazione all’estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.

Art. 144.
(Notificazione alle amministrazioni dello Stato)

Per le amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso uffici dell’Avvocatura dello Stato.
Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si fanno direttamente, presso l’amministrazione destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede dell’ufficio al titolare o alle persone indicate nell’articolo seguente.

Art. 145.
(Notificazione alle persone giuridiche)

La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.
La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli artt. 36 ss. c.c. si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’art. 19, secondo comma, ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.
Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli articoli 140 o 143.

(1) Articolo così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), nn. 1, 2 e 3, della legge 263/2005. L’articolo precedente recitava: “La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa. La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli artt. 36 ss. c.c. si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’at. 19, secondo comma.Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141.”

Art. 146.
(Notificazione a militari in attività di servizio)

Se il destinatario è militare in attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli artt. 139 ss., si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l’invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene.


Art. 147. (1)
(Tempo delle notificazioni)

Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21.

(1) Articolo così modificato dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.
Il testo precedente recitava:
Art. 147. (Tempo delle notificazioni)
Le notificazioni non possono farsi dal 1 ottobre al 31 marzo prima delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1 aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20.”

Art. 148.
(Relazione di notificazione)

L’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto.
La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.

Art. 149. (1)
(Notificazione a mezzo del servizio postale)

Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’Ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale.
La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto. (2)

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 26 novebre 2002, n. 477 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del presente articolo e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari) nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
(2) Comma aggiunto dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.

Art. 149-bis. (1)
(Notificazione a mezzo posta elettronica)

Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.
Se procede ai sensi del primo comma, l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi.
La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.
L’ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all’articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all’articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto è stato inviato.
Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.
Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante o al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma.

(1) Articolo inserito dal Decreto Legge 29.12.2009 n° 193, convertito nella Legge 22.02.2010 n° 24.

Art. 150.
(Notificazione per pubblici proclami)

Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficolta’ di identificarli tutti, il capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede [e, in caso di procedimento davanti al pretore, il presidente del tribunale, nella cui circoscrizione e’ posta la pretura,] (1) può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami.
L’autorizzazione è data con decreto steso in calce all’atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l’atto a conoscenza degli altri interessati.
In ogni caso, copia dell’atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Foglio degli annunzi legali delle province (2) dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior parte di essi.
La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è prescritto nel presente articolo, l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attivita’ svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.
Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al conciliatore.

(1) Parole soppresse dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) I fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti dallaLegge 24 novembre 2000, n. 240.

Art. 151. (1)
(Forme di notificazione ordinate dal giudice)

Il giudice puo’ prescrivere, anche d’ufficio, con decreto steso in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di
riservatezza o di tutela della dignità.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Capo II: DEI TERMINI

Art. 152.
(Termini legali e termini giudiziari)

I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.
I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori.

Art. 153. (1)
(Improrogabilità dei termini perentori)

I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti.

La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 154.
(Prorogabilità del termine ordinatorio)

Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare, o prorogare anche d’ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato.

Art. 155.
(Computo dei termini)

Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune.
I giorni festivi si computano nel termine.
Se il giorno di scadenza è festivo la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato.
Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa. (1)

(1) Commi aggiunti dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006

Capo III: DELLA NULLITA’ DEGLI ATTI

Art. 156.
(Rilevanza della nullità)

Non puo’ essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.
Puo’ tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullità non puo’ mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.

 

Art. 157.
(Rilevabilità e sanatoria della nullità)

Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito puo’ opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.

Art. 158.
(Nullità derivante dalla costituzione del giudice)

La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o all’intervento del pubblico ministero è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio, salva la disposizione dell’art. 161.

 

Art. 159.
(Estensione della nullità)

La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.

Art. 160.
(Nullità della notificazione)

La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157.

Art. 161.
(Nullità della sentenza)

La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.

Art. 162.
(Pronuncia sulla nullità)

Il giudice che pronuncia la nullita’ deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.
Se la nullita’ degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullita’ a norma dell’art. 60, n. 2.

Libro secondo: DEL PROCESSO DI COGNIZIONE

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo I: DELL’INTRODUZIONE DELLA CAUSA

Sezione I: DELLA CITAZIONE E DELLA COSTITUZIONE DELLE PARTI

Art. 163. (1)
(Contenuto della citazione)

La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore, (1) il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. (2) Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167. (3)
L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 ss.

(1) Le parole: “il cognome e la residenza dell’attore” sono state così sostituite dalle parole: “il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore” dal Decreto Legge 29.12.2009 n° 193, convertito nellaLegge 22.02.2010 n° 24.
(2) Le parole: “il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono” sono state così sostituite dalle parole: “il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono” dal Decreto Legge 29.12.2009 n° 193, convertito nella Legge 22.02.2010 n° 24.
(3) Le parole: “di cui all’articolo 167” sono state così sostituite dallaLegge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009.

Art. 163-bis.
(Termini per comparire)

Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta (1) giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta (1) giorni se si trova all’estero.
Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce all’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato dall’attore eccede il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente.

(1) Le originarie parole: “sessanta giorni” sono state sostituite dalle attuali: “novanta giorni” e le parole: “centoventi giorni” sono state sostituite dalle attuali: “centocinquanta giorni” dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla L. 23 febbraio 2006, n°51.

Art. 164. (1)
(Nullità della citazione)

La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163.
Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.
La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini.
La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell’articolo 163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello stesso articolo.
Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza ai sensi del secondo (2) comma dell’art. 183 e si applica l’articolo 167.

(1) Articolo così sostituito dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) La parola: “ultimo” è stata così sostituita dall’attuale: “secondo”dalla L. 14 maggio 2005, n°80, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla legge 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n°51.

 

Art. 165.
(Costituzione dell’attore)

L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale. (1)
Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione.

(1) Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della L. 29 dicembre 2011, n. 218 (G.U. n. 4 del 5-1-2012 ) questo comma si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del codice di procedura civile”.

Art. 166. (1)
(Costituzione del convenuto)

Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 168-bis, quinto comma, (2) depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.

(1) Articolo sostituito dall’art. 10, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Le parole da: “ovvero almeno…” “… art. 168- bis, quinto comma”sono state inserite dall’art. 1, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.

Art. 167. (1)
(Comparsa di risposta)

Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. (2)
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. (3) Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.

(1) Articolo così sostituito dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Le parole: “le proprie generalità e il codice fiscale,” sono state inserite dal Decreto Legge 29.12.2009 n° 193, convertito nella Legge 22.02.2010 n° 24.
(3) Le parole: “e le eccezioni processuali e di merto che non siano rilevabili d’ufficio” sono state aggiunte dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006  secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla legge 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n°51

Art. 168.
(Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d’ufficio)

All’atto della costituzione dell’attore, o, se questi non si è costituito, all’atto della costituzione del convenuto, su presentazione della nota d’iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi verbali di udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze.

Art. 168-bis.
(Designazione del giudice istruttore)

Formato un fascicolo d’ufficio a norma dell’articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale, con decreto scritto in calce della nota d’iscrizione al ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso all’istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle stesse forme alla designazione del giudice istruttore.
La designazione del giudice istruttore deve in ogni caso avvenire non oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte più diligente.
Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo. (1)
Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato. (1)
Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza. (Omissis) (1) (2)

(1) Comma così sostituito dall’art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) L’ultimo periodo di questo comma è stato soppreso dall’art. 2, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.

Art. 169.
(Ritiro dei fascicoli di parte)

Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al collegio a norma dell’articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale.

Art. 170.
(Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento)

Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.

E’ sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti.

Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che sia costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.

Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. (1)

(1) L’ultimo periodo di questo comma che così recitava: “Il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione di cui al presente comma possano avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. La parte che vi procede in relazione ad un atto di impugnazione deve darne comunicazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni.” è stato abrogato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 171.
(Ritardata costituzione delle parti)

Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano le disposizioni dell’articolo 307, primo e secondo comma.
Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato, l’altra parte può costituirsi successivamente fino alla prima udienza, ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all’articolo 167. (1)
La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell’articolo 291.

(1) Comma così sostituito dall’art. 13, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Sezione II: DELLA DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE

Art. 172. (1)
[(Istanza per la designazione del giudice istruttore)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581

Art. 173. (1)
[(Immutabilità del giudice istruttore)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581

Art. 174.
(Immutabilità del giudice istruttore)

Il giudice designato è investito di tutta l’istruzione della causa e della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il compimento di singoli atti.

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo II: DELL’ISTRUZIONE DELLA CAUSA

Sezione I: DEI POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN GENERALE

Art. 175.
(Direzione del procedimento)

Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell’articolo 289.

Art. 176.
(Forma dei provvedimenti)

Tutti i provvedimenti del giudice istruttore salvo che la legge disponga altrimenti hanno la forma dell’ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi. (1)

(1) Le parole “anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Al fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione.” sono state aggiunte dal D.L. 35/2005 e successivamente abrogate dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 177.
(Effetti e revoca delle ordinanze)

Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa.
Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate:
1) le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l’accordo di tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo; (1)
(…) (2)

(1) Punto così modificato dall’art. 14, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Il punto: “(4) le ordinanze per le quali sia stato proposto reclamo a norma dell’articolo seguente.” è stato abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n°353.

Art. 178.
(Controllo del collegio sulle ordinanze)

Le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell’art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile.
L’ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara l’estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio. (1)
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima.
Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale d’udienza, o con ricorso al giudice istruttore.
Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo richiedono, il termine per la comunicazione di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna un termine per la comunicazione dell’eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni successivi. (2)
(…) (3)

(1) Comma così sostituito dall’art. 15, comma 1, L. 26 novembre 1990, n°353.
(2) Comma così modificato dall’art. 15, comma 2, L. 26 novembre 1990, n°353.
(3) I commi: “Scaduti i termini previsti dal comma precedente, il collegio, entro i quindici giorni successivi, provvede in camera di consiglio con ordinanza, alla quale si applicano le disposizioni dell’articolo 279 quarto comma, e dell’articolo 280. Il provvedimento del collegio è limitato all’ammissibilità e alla rilevanza del mezzo di prova, e pertanto le parti non possono sottoporgli conclusioni di merito, né totali né parziali. Tuttavia il collegio, su richiesta di parte o d’ufficio, può limitarsi a rimettere con l’ordinanza le parti al giudice istruttore per gli adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190. L’esecuzione dell’ordinanza è sospesa durante il termine per proporre reclamo e durante il giudizio su questo, salvo che il giudice istruttore, nei casi d’urgenza, l’abbia dichiarata esecutiva nonostante reclamo.” sono stati abrogati dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n°353.

Art. 179.
(Ordinanze di condanna a pene pecuniarie)

Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore.
L’ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell’interessato e previa contestazione dell’addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice che l’ha pronunciata.
Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con ordinanza non impugnabile. Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.

Sezione II: DELLA TRATTAZIONE DELLA CAUSA

Art. 180. (1)
(Forma di trattazione)

La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige processo verbale.

(1) Articolo così modificato dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 180. (Udienza di prima comparizione e forma della trattazione)
All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comme, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma.
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.”

Art. 181.
(Mancata comparizione delle parti)

Se nessuna delle parti compare alla prima udienza, il giudice fissa un’udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti compare alla nuova udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. (1)
Se l’attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’attore. Se questi non comparisce alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.

(1) Comma così da ultimo modificato dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112.

Art. 182. (1)
(Difetto di rappresentanza o di autorizzazione)

Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 183. (1)
(Prima comparizione delle parti e trattazione della causa)

All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167, secondo e terzo comma, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma.
Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione.
Il giudice istruttore fissa altresì una nuova udienza se deve procedere a norma dell’art. 185.
Nell’udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza é sorta dalle difese del convenuto. Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate.
Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori:
1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;
2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali;
3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.
Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro trenta giorni.
Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova con l’ordinanza di cui al settimo comma, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonché depositare memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma.
Con l’ordinanza che ammette le prove il giudice può in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; all’interrogatorio disposto dal giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui al terzo comma.
(…) (2)

(1) Questo articolo è stato così sostituito dalla D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla legge 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n°51 Il testo precedente recitava:“Art. 183. Prima udienza di trattazione. Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116.
Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate.
Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184.”

(2) Il comma: “L’ordinanza di cui al settimo comma é comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonchè a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti.” è stato abrogato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

 

Art. 184. (1)
(Udienza di assunzione dei mezzi di prova)

Nell’udienza fissata con l’ordinanza prevista dal settimo comma dell’articolo 183, il giudice istruttore procede all’assunzione dei mezzi di prova ammessi.

(1) Articolo così modificato dal D.L. 35/2005 e dalla legge 263/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 184. (Deduzioni istruttorie)
Salva l’applicazione dell’articolo 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonchè altro termine per l’eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi.” _______________

 

Art. 184-bis. (1)
[(Rimessione in termini)

La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini.
Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 185.
(Tentativo di conciliazione)

Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell’articolo 117. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. (1)
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione.
Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.

(1) Comma aggiunto dal D.L. 35/2005 e modificato dalla legge 263/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006.

Art. 186.
(Pronuncia dei provvedimenti)

Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni; ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi.

Art. 186-bis. (1)
(Ordinanza per il pagamento di somme non contestate)

Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite. Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. (2)
L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 20, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Periodo aggiunto dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.

Art. 186-ter. (1)
(Istanza di ingiunzione)

Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all’art. 633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all’art. 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. (2)
L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 642, nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’art. 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653, primo comma.
Se la parte contro cui è pronunciata l’ingiunzione è contumace, l’ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell’art. 644. In tal caso l’ordinanza deve altresì contenere l’espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell’art. 647.
L’ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 21, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Periodo aggiunto dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.

Art. 186-quater. (1)
(Ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione)

Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna, o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento, ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.
L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
L’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all’altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza. (2)

(1) Articolo inserito dal D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(2) Comma così sostituito dalla legge 263/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006

Art. 187.
(Provvedimenti del giudice istruttore)

Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all’articolo 183, ottavo comma, (1) non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui.
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.

(1) Le originarie parole: “di cui all’articolo 184” sono state così sostituite dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla legge 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n°51.

Art. 188.
(Attività del giudice)

Il giudice istruttore provvede all’assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l’istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell’articolo seguente.

Art. 189.
(Rimessione al collegio)

Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell’articolo 187 o dell’articolo 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dall’articolo 187, secondo e terzo comma. (1)
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell’articolo 187, secondo e terzo comma.

(1) Comma così sostituito dall’art. 23, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 190. (1)
(Comparse conclusionali e memorie)

Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 24, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 190-bis. (1)
[(Decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico)

Per le cause che devono essere decise dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, questi, fatte precisare le conclusioni ai sensi dell’articolo 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se una delle parti lo richiede il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali ai sensi dell’articolo 190, fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 63, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Sezione III: DELL’ISTRUZIONE PROBATORIA

§ 1: DELLA NOMINA E DELLE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO

Art. 191.
(Nomina del consulente tecnico)

Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, settimo comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire. (1)
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.

(1) Questo comma è stato così sostituito dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Il testo precedente recitava: “Nei casi di cui agli artt. 61 ss. Il giudice istruttore, con l’ordinanza prevista nell’art. 187 ultimo comma o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l’udienza nella quale questi deve comparire”

Art. 192.
(Astensione e ricusazione del consulente)

L’ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore.
Questi provvede con ordinanza non impugnabile.

Art. 193.
(Giuramento del consulente)

All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.

Art. 194.
(Attività del consulente)

Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’articolo 62, da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.

 

Art. 195. (1)
(Processo verbale e relazione)

Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse. (1)

(1) Questo comma è stato così sostituito dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Il testo precedente recitava:
“La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa.”

Art. 196.
(Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente)

Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico.

Art. 197.
(Assistenza all’udienza e audizione in camera di consiglio)

Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori.

Art. 198.
(Esame contabile)

Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti.
Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’articolo 195.

Art. 199.
(Processo verbale di conciliazione)

Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale.

Art. 200.
(Mancata conciliazione)

Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.
Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell’articolo 116 secondo comma.

Art. 201.
(Consulente tecnico di parte)

Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.

§ 2: DELL’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA IN GENERALE

Art. 202.
(Tempo, luogo e modo dell’assunzione)

Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’assunzione.
Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo.

Art. 203. (1)
(Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale)

Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il giudice istruttore del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consente che vi si trasferisca il giudice stesso.
Nell’ordinanza di delega, il giudice delegante fissa il termine entro il quale la prova deve assumersi e l’udienza di comparizione delle parti per la prosecuzione del giudizio.
Il giudice delegato, su istanza della parte interessata, procede all’assunzione del mezzo di prova e d’ufficio ne rimette il processo verbale al giudice delegante prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l’assunzione non è esaurita.
Le parti possono rivolgere al giudice delegante, direttamente o a mezzo del giudice delegato, istanza per la proroga del termine.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 64, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 204.
(Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani)

Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l’esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare.
Per l’assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi dell’articolo precedente.

Art. 205.
(Risoluzione degli incidenti relativi alla prova)

Il giudice che procede all’assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato a norma dell’articolo 203, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa.

Art. 206.
(Assistenza delle parti all’assunzione)

Le parti possono assistere personalmente all’assunzione dei mezzi di prova.

Art. 207.
(Processo verbale dell’assunzione)

Dell’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.

Art. 208. (1)
(Decadenza dall’assunzione)

Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non ne chieda l’assunzione.
La parte interessata può chiedere nell’udienza successiva al giudice la revoca dell’ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 26, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 209.
(Chiusura dell’assunzione)

Il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all’articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione.

§ 3: DELL’ESIBIZIONE DELLE PROVE

Art. 210.
(Ordine di esibizione alla parte o al terzo)

Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell’articolo 118 l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione.
Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposta l’istanza di esibizione.

 

Art. 211.
(Tutela dei diritti del terzo)

Quando l’esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare l’esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi.
Il terzo può sempre fare opposizione contro l’ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli.

Art. 212.
(Esibizione di copia del documento e dei libri di commercio)

Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell’originale, si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento.
Nell’ordinare l’esibizione di libri di commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza dell’interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinchè lo assista.

Art. 213.
(Richiesta d’informazioni alla pubblica amministrazione)

Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo.

§ 4: DEL RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA PRIVATA

Art. 214.
(Disconoscimento della scrittura privata)

Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.

 

Art. 215.
(Riconoscimento tacito della scrittura privata)

La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell’articolo 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2.

Art. 216.
(Istanza di verificazione)

La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore.

Art. 217.
(Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori)

Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre prove.
Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quella la cui provenienza dalla persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata per sentenza di giudice o per atto pubblico.

Art. 218.
(Scritture di comparazione presso depositari)

Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari pubblici o privati e l’asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore può disporne il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in presenza del depositario.

Art. 219.
(Redazione di scritture di comparazione)

Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta.

Art. 220.
(Pronuncia del collegio)

Sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l’ha negata, può condannare quest’ultima a una pena pecuniaria non inferiore a € 2 e non superiore a € 20.

§ 5: DELLA QUERELA DI FALSO

Art. 221.
(Modo di proposizione e contenuto della querela)

La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d’udienza.
È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero.

 

Art. 222.
(Interpello della parte che ha prodotto la scrittura)

Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro assunzione.

Art. 223.
(Processo verbale di deposito del documento)

Nell’udienza in cui è presentata la querela, si forma processo verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato.
Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il documento si trova, con indicazione delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso sia fatta copia fotografica.

Art. 224.
(Sequestro del documento)

Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può ordinarne il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale, dopo di che si redige il processo verbale di cui all’articolo precedente.
Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo dove il documento si trova.

Art. 225.
(Decisione sulla querela)

Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso, su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui davanti a sé relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato.

Art. 226.
(Contenuto della sentenza)

Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria non inferiore a € 2 e non superiore a € 20.
Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche d’ufficio, dà le disposizioni di cui all’articolo 480 del codice di procedura penale. (1)

(1) Ora art. 537 nuovo c.p.p.

Art. 227.
(Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela)

L’esecuzione delle sentenze previste nell’articolo precedente non può aver luogo prima che siano passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti, l’esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con l’osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell’articolo 481 del codice di procedura penale.

§ 6: DELLA CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL’INTERROGATORIO FORMALE

Art. 228.
(Confessione giudiziale)

La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale.

Art. 229.
(Confessione spontanea)

La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell’articolo 117.

Art. 230.
(Modo dell’interrogatorio)

L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza che lo ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.

Art. 231.
(Risposta)

La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano.

Art. 232.
(Mancata risposta)

Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio.
Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per rispondere all’interrogatorio, dispone per l’assunzione di esso anche fuori della sede giudiziaria.

§ 7: DEL GIURAMENTO

Art. 233.
(Deferimento del giuramento decisorio)

Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte.
Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico.

Art. 234.
(Riferimento)

Finchè non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal codice civile.

Art. 235.
(Irrevocabilità)

La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo.

Art. 236.
(Caso di revocabilità)

Se nell’ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte, questa può revocarlo.

Art. 237.
(Risoluzione delle contestazioni)

Le contestazioni sorte tra le parti circa l’ammissione del giuramento decisorio sono decise dal collegio.
L’ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve essere notificata personalmente alla parte.

Art. 238.
(Prestazione)

Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza religiosa e (1) morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare.
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: “consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini (1), giuro…”, e continua ripetendo le parole della formula su cui giura.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 8 ottobre 1996, n. 334 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma limitatamente alle parole “religiosa e” e del secondo comma limitatamente alle parole “davanti a Dio e agli uomini”.

Art. 239.
(Mancata prestazione)

La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell’articolo 232 secondo comma.

Art. 240. (1)
(Deferimento del giuramento suppletorio)

Nelle cause riservate alla decisione collegiale, il giuramento suppletorio può essere deferito esclusivamente dal collegio.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 27, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 241.
(Ammissibilità e contenuto del giuramento d’estimazione)

Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito dal collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il collegio deve anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia.

Art. 242.
(Divieto di riferire il giuramento suppletorio)

Il giuramento deferito d’ufficio a una delle parti non può da questa essere riferito all’altra.

Art. 243.
(Rinvio alle norme sul giuramento decisorio)

Per la prestazione del giuramento deferito d’ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento decisorio.

§ 8: DELLA PROVA PER TESTIMONI

Art. 244.
(Modo di deduzione)

La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata.
[La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando si oppone all’ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli separati i fatti sui quali debbono essere interrogate.] (1)
[Il giudice istruttore, secondo le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o integrare tali indicazioni.] (1)

(1) Commi abrogati dall’art. 89, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 245.
(Ordinanza di ammissione)

Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente.

Art. 246.
(Incapacità a testimoniare)

Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.

 

Art. 247. (1)
(Divieto di testimoniare)

Non possono deporre il coniuge ancorchè separato, i parenti, o affini in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli di affiliazione (2), salvo che la causa verta su questioni di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 23 luglio 1974, n. 248 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo.
(2) La Legge 4 maggio 1983, n. 184 ha soppresso l’istituto dell’affiliazione.

Art. 248. (1)
(Audizione dei minori degli anni quattordici)

I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 11 giugno 1975, n. 139 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo.

Art. 249. (1)
(Facoltà d’astensione)

Si applicano all’audizione dei testimoni le disposizioni degli articoli 200, 201 e 202 del codice di procedura penale (1) relative alla facoltà d’astensione dei testimoni.

(1) Le parole: “degli articoli 351 e 352 c.p.p.” sono state così sostituite dalle attuali: “degli articoli 200, 201 e 202 e del codice di procedura penale” dalla Legge 18 giugno 2009, n°69, a decorrere dal 4 luglio 2009.

Art. 250.
(Intimazione ai testimoni)

L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
L’intimazione di cui al primo comma, se non è eseguita in mani proprie del destinatario o mediante servizio postale, è effettuata in busta chiusa e sigillata. (1)
L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo posta elettronica certificata o a mezzo telefax. (2)
Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella cancelleria del giudice copia dell’atto inviato, attestandone la conformita all’originale, e l’avviso di ricevimento. (3)

(1) Comma aggiunto dal Dlgs. 30 giugno 2003, n. 196.
(2) Comma aggiunto dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006, e successivamente così modificato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.
(3) Commi aggiunto dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006.

Art. 251. (1)
(Giuramento dei testimoni)

I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la formula: “consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, (1) e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità”. Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: “Lo giuro”. (2)

(1) La Corte costituzionale con sentenza n. 117 del 10 ottobre 1979 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non contiene l’inciso “se credente”.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 5 maggio 1995, n. 149 ha dichiarato l’illegittimità del presente comma nella parte in cui prevede:
a) che il giudice istruttore “ammonisce il testimone sull’importanza religiosa, se credente, e morale del giuramento e sulle”, anzichè stabilire che il giudice istruttore “avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e delle”;
b) che il giudice istruttore “legge la formula: “Consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità”, anzichè stabilire che il giudice istruttore “lo invita a rendere la seguente dichiarazione: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”;
c) “Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: “lo giuro”.

Art. 252.
(Identificazione dei testimoni)

Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, la paternità (1), l’età (2) e la professione, e lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone, e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell’audizione del testimone.

(1) L’indicazione della paternità è omessa in applicazione dell’art. 1, Legge 31 ottobre 1955, n°1064.
(2) l’indicazione dell’età è da considerarsi sostituita dall’obbligo di indicazione della data di nascita.

Art. 253.
(Interrogazioni e risposte)

Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d’ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell’articolo 231.

 

Art. 254.
(Confronto dei testimoni)

Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.

Art. 255. (1)
(Mancata comparizione dei testimoni)

Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza il giudice, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, può condannarlo ad una pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro. In caso di ulteriore mancata comparizione senza giustificato motivo, il giudice dispone l’accompagnamento del testimone all’udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1.000 euro. (1)
Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il giudice istruttore (2) del luogo.

(1) Questo comma è stato così sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n°263, con decorrenza dal 1 marzo 2006 secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla L. 23 febbraio 2006, n°51. L’ultimo periodo è stato aggiunto dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69., a decorrere dal 4 luglio 2009.

(2) La parola: “pretore” è stata sostituita dalle parole: “giudice istruttore” dal D. L.vo 19 febbraio 1998, n°51, recante l’istituzione del giudice unico.

Art. 256.
(Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza)

Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. (1)

(1) Le parole: “Il giudice può anche ordinare l’arresto del testimone.”sono state eliminate dalla L. 28 dicembre 2005, n°263, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla L. 23 febbraio 2006, n°51.

Art. 257.
(Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame)

Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l’audizione superflua a norma dell’articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame.

Art. 257-bis. (1)
(Testimonianza scritta)

Il giudice, su accordo delle parti, tenuto conto della natura della causa e di ogni altra circostanza, può disporre di assumere la deposizione chiedendo al testimone, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 203, di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato.
Il giudice, con il provvedimento di cui al primo comma, dispone che la parte che ha richiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone.
Il testimone rende la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, e precisa quali sono quelli cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione.
Il testimone sottoscrive la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, che spedisce in busta chiusa con plico raccomandato o consegna alla cancelleria del giudice.
Quando il testimone si avvale della facoltà d’astensione di cui all’articolo 249, ha l’obbligo di compilare il modello di testimonianza, indicando le complete generalità e i motivi di astensione.
Quando il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria di cui all’articolo 255, primo comma.
Quando la testimonianza ha ad oggetto documenti di spesa già depositati dalle parti, essa può essere resa mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa, senza il ricorso al modello di cui al secondo comma.
Il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.

(1) Questo articolo è stato inserito dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69., a decorrere dal 4 luglio 2009. Si veda il D.M. 17 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale –Serie gen. N. 49 del 1 marzo 2010, con nota di Manuela Rinaldi recante il modello di testimonianza scritta e le relative istruzioni per la sua compilazione.

§ 9: DELLE ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI MECCANICHE E DEGLI ESPERIMENTI

Art. 258.
(Ordinanza d’ispezione)

L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell’ispezione.

Art. 259.
(Modo dell’ispezione)

All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se l’ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il giudice istruttore (1) a norma dell’articolo 203.

(1) La parola ‘pretore’ è stata sostituita dalle parole ‘giudice istruttore’ dall’art. 66, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 260.
(Ispezione corporale)

Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico.
All’ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona.

Art. 261.
(Riproduzioni, copie ed esperimenti)

Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi, e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l’impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede all’esperimento e, quando occorre, ne affida l’esecuzione a un esperto che presta giuramento a norma dell’articolo 193.

Art. 262.
(Poteri del giudice istruttore)

Nel corso dell’ispezione o dell’esperimento il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località.
Può anche disporre l’accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi.

§ 10: DEL RENDIMENTO DEI CONTI

Art. 263.
(Presentazione e accettazione del conto)

Se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria con i documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata per la discussione di esso.
Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano dovute. L’ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo.

Art. 264.
(Impugnazione e discussione)

La parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore fissa un’udienza per tale scopo.
Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma dell’articolo precedente.
In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile, il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla discussione dello stesso.

Art. 265.
(Giuramento)

Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione dell’articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.

Art. 266.
(Revisione del conto approvato)

La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite.

 

Sezione IV: DELL’INTERVENTO DI TERZI E DELLA RIUNIONE DI PROCEDIMENTI

§ 1: DELL’INTERVENTO DI TERZI

Art. 267.
(Costituzione del terzo interveniente)

Per intervenire nel processo a norma dell’articolo 105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell’articolo 167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura.
Il cancelliere dà notizia dell’intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.

Art. 268. (1)
(Termine per l’intervento)

L’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni.
Il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 28, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 269. (1)
(Chiamata di un terzo in causa)

Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 106, la parte provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i termini dell’articolo 163-bis.
Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto.
Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo, l’attore deve, a pena di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall’articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 166.
Nell’ipotesi prevista dal terzo comma restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma i termini eventuali di cui al sesto comma dell’articolo 183 sono fissati dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo. (2)

(1) Articolo così sostituito dall’art. 29, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Questo comma è stato così sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, con decorrenza dal 1 marzo 2006, secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

Art. 270.
(Chiamata di un terzo per ordine del giudice)

La chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 107 può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per una udienza che all’uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo.

Art. 271. (1) (2)
(Costituzione del terzo chiamato)

Al terzo si applicano, con riferimento all’udienza per la quale è citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167, primo comma. Se intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma dell’articolo 269.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 30, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 23 luglio 1997, n. 260 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede per il terzo chiamato in causa l’applicazione dell’art. 167, secondo comma, del presente codice.

Art. 272.
(Decisione delle questioni relative all’intervento)

Le questioni relative all’intervento sono decise dal collegio insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell’articolo 187 secondo comma.

§ 2: DELLA RIUNIONE DEI PROCEDIMENTI

Art. 273.
(Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa)

Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.

Art. 274.
(Riunione di procedimenti relativi a cause connesse)

Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni.

Art. 274-bis. (1) (2)
[(Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione di giudice unico)

Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa dinanzi a lui per la decisione, deve essere decisa dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, rimette la causa dinanzi a quest’ultimo con ordinanza non impugnabile. Il giudice istruttore provvede ai sensi dell’articolo 190-bis.
Il giudice istruttore, quando rileva che una causa, riservata per la decisione dinanzi a sè in funzione di giudice unico, deve essere rimessa al collegio, provvede ai sensi degli articoli 187, 188 e 189.
In caso di connessione tra cause attribuite al collegio e cause attribuite al giudice istruttore in funzione di giudice unico, questi ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, ai sensi dell’articolo 189, al collegio, il quale si pronuncia su tutte le domande, a meno che non sia disposta la separazione ai sensi dell’articolo 279, secondo comma, numero 5).
Alla nullità derivante dalla inosservanza delle disposizioni di legge relative alla composizione del tribunale giudicante si applicano gli articoli 158 e 161, primo comma.]

(1) Articolo aggiunto dall’art. 31, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Articolo abrogato dall’art. 67, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo III: DELLA DECISIONE DELLA CAUSA

Art. 275. (1)
(Decisione del collegio)

Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’articolo 190.
Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni.
Nell’udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 32, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 276.
(Deliberazione)

La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione.
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l’altro giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all’altro giudice.

 

Art. 277.
(Pronuncia sul merito)

Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell’articolo 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un’ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.

Art. 278.
(Condanna generica. Provvisionale)

Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.

Art. 279. (1)
(Forma dei provvedimenti del collegio)

Il collegio pronuncia ordinanza quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio, nonché quando decide soltanto questioni di competenza. In tal caso, se non definisce il giudizio, impartisce con la stessa ordinanza i provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa.

Il collegio pronuncia sentenza:

1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione;

2) quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito;

3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;

4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa;

5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza.

I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5 sono dati con separata ordinanza.

I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale, siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello

L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 280.
(Contenuto e disciplina dell’ordinanza del collegio)

Con la sua ordinanza il collegio fissa l’udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè nel caso previsto nell’articolo seguente.
Il cancelliere inserisce l’ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell’articolo 176 secondo comma.
Per effetto dell’ordinanza il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa.

Art. 281.
(Rinnovazione di prove davanti al collegio)

Quando ne ravvisa la necessità, il collegio, anche d’ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sè di uno o più mezzi di prova.

 

CAPO III-bis: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (1)

(1) Capo aggiunto dall’art. 68, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 281-bis.
(Norme applicabili)

Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dei capi precedenti, ove non derogate dalle disposizioni del presente capo.

Art. 281-ter.
(Poteri istruttori del giudice)

Il giudice puo` disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verita`.

Art. 281-quater.
(Decisione del tribunale in composizione monocratica)

Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato a norma dell’articolo 168-bis o dell’articolo 484, secondo comma.

Art. 281-quinquies.
(Decisione a seguito di trattazione scritta o mista)

Il giudice, fatte precisare le conclusioni a norma dell’articolo 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190, fissa l’udienza di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza e` depositata entro i trenta giorni successivi all’udienza di discussione.

Art. 281-sexties.
(Decisione a seguito di trattazione orale)

Se non dispone a norma dell’articolo 281-quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, puo` ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed e` immediatamente depositata in cancelleria.

CAPO III-ter: DEI RAPPORTI TRA COLLEGIO E GIUDICE MONOCRATICO (1)

(1) Capo aggiunto dall’art. 68, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Altalex).

Art. 281-septies.
(Rimessione della causa al giudice monocratico)

Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, rimette la causa davanti al giudice istruttore con ordinanza non impugnabile perche` provveda, quale giudice monocratico, a norma degli articoli 281-quater, 281-quinquies e 281-sexies.

Art. 281-octies.
(Rimessione della causa al tribunale in composizione collegiale)

Il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione davanti a se` in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, provvede a norma degli articoli 187, 188 e 189.

Art. 281-nonies.
(Connessione)

In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, a norma dell’articolo 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 5).

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo IV: DELL’ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE SENTENZE

Art. 282. (1)
(Esecuzione provvisoria)

La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 33, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 283. (1)
(Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello)

Il giudice dell’appello, su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilita’ di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione.
Se l’istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. (2)

(1) Articolo così modificato dalla legge 263/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 283. (Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello)
Il giudice d’appello su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata.”

(2) Comma aggiunto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 284. (1)
[(Concessione o revoca dell’esecuzione provvisoria relativa a sentenze parziali)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581

Art. 285. (1)
(Modo di notificazione della sentenza)

La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’articolo 170.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 286.
(Notificazione nel caso d’interruzione)

Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei casi previsti nell’articolo 299, la notificazione della sentenza si può fare, anche a norma dell’articolo 303, secondo comma, a coloro ai quali spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi previsti nell’articolo 301, la notificazione si fa alla parte personalmente.

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo V: DELLA CORREZIONE DELLE SENTENZE E DELLE ORDINANZE

Art. 287.
(Casi di correzione)

Le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello (1) e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.

(1) La Corte costituzionale con Sentenza 10 novembre 2004, n. 335 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo limitatamente alle parole: “contro le quali non sia stato proposto appello” .

 

Art. 288.
(Procedimento di correzione)

Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell’articolo 170 primo e terzo comma, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull’istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull’originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione.

Art. 289.
(Integrazione dei provvedimenti istruttori)

I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L’integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso di provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi, con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere.

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo VI: DEL PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA

Art. 290. (1)
(Contumacia dell’attore)

Nel dichiarare la contumacia dell’attore a norma dell’articolo 171 ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell’articolo 187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.

(1) Cfr. Cass., sez. II, 24.03.2006 n. 6600.

Art. 291. (1)
(Contumacia del convenuto)

Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza fissata a norma del comma precedente, il giudice provvede a norma dell’articolo 171 ultimo comma.
Se l’ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307 comma terzo.

(1) Cfr. Legge 18 giugno 2009, n. 69. Ai sensi dell’art. 46, comma 24: Il primo comma dell’articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili.
_______________

 

Art. 292. (1)
(Notificazione e comunicazione di atti al contumace)

L’ordinanza che ammette l’interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza. (2)
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 28 novembre 1986, n. 250 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al conciliatore, di cui al titolo II del libro II del c.p.c.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 6 giugno 1989, n. 317 ha dichiarato l’illegittimità del presente comma, in relazione all’art. 215, n. 1 dello stesso codice nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si da atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati in precedenza.

Art. 293.
(Costituzione del contumace)

La parte che e’ stata dichiarata contumace puo’ costituirsi in ogni momento del procedimento fino all’udienza di precisazione delle conclusioni. (1)
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza.
In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte.

(1) Comma così modificato dalla legge 263/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006 .

Art. 294.
(Rimessione in termini)

Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce intende svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che producono ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già matura per la decisione rispetto alle parti già costituite.

Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE

Capo VII: DELLA SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO

Sezione I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO

Art. 295. (1)
(Sospensione necessaria)

Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 35, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 296. (1)
(Sospensione su istanza delle parti)

Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, fissando l’udienza per la prosecuzione del processo medesimo.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 297. (1)
(Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione)

Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all’art. 3 del Codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all’articolo 295.
Nell’ipotesi dell’articolo precedente l’istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a cura dell’istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 298.
(Effetti della sospensione)

Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento.
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui all’articolo precedente.

Sezione II: DELL’INTERRUZIONE DEL PROCESSO

Art. 299.
(Morte o perdita della capacità prima della costituzione)

Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all’articolo 163-bis.

 

Art. 300. (1)
(Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace)

Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell’articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell’evento.
Se l’evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra parte, o è notificato ovvero è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’articolo 292. (1)
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell’istruzione.

(1) Comma così sostituito dall’art. 46, comma 13, della Legge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Il testo precedente disponeva: “Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292.”

Art. 301.
(Morte o impedimento del procuratore)

Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso.
In tal caso si applica la disposizione dell’articolo 299.
Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa.

Art. 302.
(Prosecuzione del processo)

Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza o a norma dell’articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell’istante.

Art. 303.
(Riassunzione del processo)

Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente, l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo. In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia.

Art. 304.
(Effetti dell’interruzione)

In caso d’interruzione del processo si applica la disposizione dell’articolo 298.

Art. 305. (1)
(Mancata prosecuzione o riassunzione)

Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Sezione III: DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO

Art. 306.
(Rinuncia agli atti del giudizio)

Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L’accettazione non è efficace se contiene riserve o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all’udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti.
Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.

Art. 307.
(Estinzione del processo per inattività delle parti)

Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi costituita entro il termine stabilito dall’articolo 166, ovvero, se, dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinata la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto (1) dell’articolo 181 e dell’articolo 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi (2) che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma dell’articolo 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione; altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un mese né superiore a tre. (3)
L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio. (4)

(1) Le parole: “del secondo comma” sono state soppresse dall’art. 46, comma 15, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Le parole: “un anno” sono state così sostituite dall’art. 46, comma 15, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69
(3) La parola: “sei” è stata così sostituita dall’art. 46, comma 15, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69
(4) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 46, comma 15, lett. c), dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo precedente recitava.“L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore, ovvero con sentenza del collegio, se dinanzi a questo venga eccepita.”

Art. 308.
(Comunicazione e impugnabilità dell’ordinanza)

L’ordinanza che dichiara l’estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all’articolo 178 commi terzo, quarto e quinto.
Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l’accoglie.

Art. 309.
(Mancata comparizione all’udienza)

Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell’articolo 181.

 

Art. 310. (1)
(Effetti dell’estinzione del processo)

L’estinzione del processo non estingue l’azione.

L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano la competenza.

Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell’articolo 116 secondo comma.

Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Titolo II: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE

 

Art. 311. (1)
(Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale)

Il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto cio’ che non e’ regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, e’ retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 70, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 312. (1)
[(Poteri istruttori del giudice)

Il pretore o il giudice di pace puo’ disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verita’.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 71, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 313. (1)
(Querela di falso)

Se e’ proposta querela di falso, [il pretore o] (2) il giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Puo’ anche disporre a norma dell’articolo 225 secondo comma.

(1) Articolo cosi’ modificato dalla Legge 21 novembre 1991, n. 374.
(2) Le parole “il pretore o” sono state soppresse dall’art. 72, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 314. (1)
[(Decisione a seguito di trattazione scritta)

Il pretore, quando ritiene la causa matura per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 71, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 315. (1)
[(Decisione a seguito di discussione orale)

Il pretore, se non dispone a norma dell’articolo 314, puo` ordinare l’immediata discussione orale della causa. Al termine della discussione pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In questo caso la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed e` immediatamente depositata in cancelleria.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 71, Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 316. (1)
(Forma della domanda)

Davanti al giudice di pace la domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
La domanda si puo’ anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, e’ notificato con citazione a comparire a udienza fissa.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 25, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 317. (1)
(Rappresentanza davanti al giudice di pace)

Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale.
Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 26, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 318. (1)
(Contenuto della domanda)

La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l’indicazione del giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto. (2)
Tra il giorno della notificazione di cui all’articolo 316 e quello della comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis, ridotti alla meta’.
Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione e’ d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 27, Legge 21 novembre 1991, n. 374.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 22 aprile 1997, n. 110 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che l’atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice di pace debba contenere l’indicazione della scrittura privata che l’attore offre in comunicazione.

Art. 319. (1)
(Costituzione delle parti)

Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all’articolo 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza.
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 28, Legge 21 novembre 1991, n. 374 .

Art. 320. (1)
(Trattazione della causa)

Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione.
Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell’articolo 185, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere.
Quando sia reso necessario dalle attivita’ svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova.
I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 29, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 321. (1)
(Decisione)

Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa.
La sentenza e’ depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla discussione.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 30, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 322. (1)
(Conciliazione in sede non contenziosa)

L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa e’ proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.

(1) Articolo da ultimo cosi’ modificato dall’art. 31, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Titolo III: DELLE IMPUGNAZIONI

Capo I: DELLE IMPUGNAZIONI IN GENERALE

Art. 323.
(Mezzi di impugnazione)

I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla legge, sono: l’appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l’opposizione di terzo.

 

Art. 324.
(Cosa giudicata formale)

Si intende passata in giudicato la sentenza che non e’ piu’ soggetta ne’ a regolamento di competenza, ne’ ad appello, ne’ a ricorso per cassazione, ne’ a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395.

Art. 325.
(Termini per le impugnazioni)

Il termine per proporre l’appello, la revocazione e l’opposizione di terzo di cui all’art. 404, secondo comma, e’ di trenta giorni. E’ anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l’opposizione di terzo sopra menzionata contro le sentenze delle corti di appello. (1)
Il termine per proporre il ricorso per cassazione e’ di giorni sessanta.

(1) Comma da ultimo cosi’ modificato dall’art. 32, Legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 326.
(Decorrenza dei termini)

I termini stabiliti nell’articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 e negli articoli 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui e’ stato scoperto il dolo o la falsita’ o la collusione o e’ stato recuperato il documento o e’ passata in giudicato la sentenza di cui al n. 6 dell’art. 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza.
Nel caso previsto nell’art. 332, l’impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine per proporla contro le altre parti.

Art. 327. (1)
(Decadenza dall’impugnazione)

Indipendentemente dalla notificazione l’appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza

Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 328. (1)
(Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta)

Se, durante la decorrenza del termine di cui all’art. 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine stesso e’ interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza e’ rinnovata.
Tale rinnovazione puo’ essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.
Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine di cui all’articolo precedente e’ prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell’evento.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 3 marzo 1986, n. 41 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione del termine di cui all’art. 325 c.p.c., la morte, la radiazione e la sospensione dall’albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso.

Art. 329.
(Acquiescenza totale o parziale)

Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395, l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volonta’ di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilita’.
L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate.

 

Art. 330. (1)
(Luogo di notificazione della impugnazione)

Se nell’atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha pronunciata, l’impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica ai sensi dell’art. 170 presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio.

L’impugnazione puo’ essere notificata nei luoghi sopra menzionati collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza.

Quando manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione, se e’ ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 331.
(Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili)

Se la sentenza pronunciata tra piu’ parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non e’ stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se e’ necessario, l’udienza di comparizione.
L’impugnazione e’ dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato.

Art. 332.
(Notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili)

Se l’impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili e’ stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcuna di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in confronto delle quali l’impugnazione non e’ preclusa o esclusa, fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se e’ necessario, l’udienza di comparizione.
Se la notificazione ordinata dal giudice non avviene, il processo rimane sospeso fino a che non siano decorsi i termini previsti negli articoli 325 e 327 primo comma.

Art. 333.
(Impugnazioni incidentali)

Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo.

Art. 334.
(Impugnazioni incidentali tardive)

Le parti, contro le quali e’ stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse e’ decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso, se l’impugnazione principale e’ dichiarata inammissibile, la impugnazione incidentale perde ogni efficacia.

 

Art. 335.
(Riunione delle impugnazioni separate)

Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo.

Art. 336.
(Effetti della riforma o della cassazione)

La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata.
La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata. (1)

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 48, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 337.
(Sospensione dell’esecuzione e dei processi)

L’esecuzione della sentenza non e’ sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407. (1)
Quando l’autorita’ di una sentenza e’ invocata in un diverso processo, questo puo’ essere sospeso se tale sentenza e’ impugnata.

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 49, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 338.
(Effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione)

L’estinzione del procedimento di appello o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell’art. 395 fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.

Capo II: DELL’APPELLO

Art. 339.
(Appellabilita’ delle sentenze)

Possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado, purche’ l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a norma dell’articolo 360, secondo comma.
E’ inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equita’ a norma dell’articolo 114.
Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equita’ a norma dell’articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. (1)

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 40/2006.

Art. 340.
(Riserva facoltativa d’appello contro sentenze non definitive)

Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal n. 4 del secondo comma dell’articolo 279, l’appello puo’ essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa.
Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, l’appello deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non puo’ piu’ farsi, e se gia’ fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto immediatamente appello.

Art. 341. (1)
(Giudice dell’appello)

L’appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.

(1) Articolo così da ultimo sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 342. (1)
(Forma dell’appello)

L’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione nonche’ le indicazioni prescritte nell’articolo 163.
Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis.

(1) Articolo cosi’ sostituito dall’art. 50, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 343.
(Modo e termine dell’appello incidentale)

L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’articolo 166. (1)
Se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa.

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 51, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 344.
(Intervento in appello)

Nel giudizio d’appello e’ ammesso soltanto l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell’articolo 404.

Art. 345. (1)
(Domande ed eccezioni nuove)

Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d’ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti (1), salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli (1) nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.

(1) Le parole: “non possono essere prodotti nuovi documenti”, nonché le parole: “o produrli” sono state inserite dall’art. 46, comma 18, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69

Art. 346.
(Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte)

Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.

Art. 347.
(Forme e termini della costituzione in appello)

La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale. (1)
L’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata.
Il cancelliere provvede a norma dell’art. 168 e richiede la trasmissione del fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo grado.

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 53, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 348. (1)
(Improcedibilita’ dell’appello)

L’appello e’ dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini.
Se l’appellante non compare alla prima udienza, benche’ si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere da’ comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza l’appellante non compare, l’appello e’ dichiarato improcedibile anche d’ufficio.

(1) Articolo cosi’ sostituito dall’art. 54, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 349. (1)
[(Nomina dell’istruttore)]

(1) Articolo abrogato dall’ar. 5 del D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 350. (1)
(Trattazione)

Davanti alla corte di appello la trattazione dell’appello è collegiale ma il presidente del collegio può delegare per l’assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti (2); davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal giudice monocratico.
Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l’integrazione di esso o la notificazione prevista dall’art. 332, oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell’atto di appello.
Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell’appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Le parole: “ma il presidente del collegio può delegare per l’assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti” sono state inserite dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 351. (1)
(Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria)

Sull’istanza prevista dall’articolo 283 il giudice provvede con ordinanza non impugnabile (2) nella prima udienza.
La parte puo`, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza di comparizione. Davanti alla corte di appello il ricorso e` presentato al presidente del collegio.
Il presidente del collegio o il tribunale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio, rispettivamente, davanti al collegio o davanti a se`. Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti motivi di urgenza, puo` disporre provvisoriamente l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza; in tal caso, all’udienza in camera di consiglio il collegio o il tribunale conferma, modifica o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile.
Il giudice, all’udienza prevista dal primo comma, se ritiene la causa matura per la decisione, può provvedere ai sensi dell’articolo 281-sexies. Se per la decisione sulla sospensione è stata fissata l’udienza di cui al terzo comma, il giudice fissa apposita udienza per la decisione della causa nel rispetto dei termini a comparire. (3)

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Le parole: “non impugnabile” sono state inserite dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.
(3) Comma aggiunto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 352. (1)
(Decisione)

Esaurita l’attività prevista negli articoli 350 e 351, il giudice, ove non provveda ai sensi dell’articolo 356, invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell’articolo 190; la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se l’appello è proposto alla corte di appello, ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, puo` chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente della corte alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni; con lo stesso decreto designa il relatore.
La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190 e fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza e` depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice può decidere la causa ai sensi dell’articolo 281-sexies. (2)

(1) Articolo così odificato dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Comma aggiunto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 353. (1)
(Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione
)

Il giudice d’appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di tre mesi (2) dalla notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione il termine è interrotto.
(… ) (3)

(1) L’originaria rubrica. “Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza” è stata così sostituita dall’art. 46, comma 19, lett. a), della Legge 18 giugno 2009, n. 69..
(2) Le parole: “sei mesi” sono state così sostituite dall’art. 46, comma 19, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(3) Il comma che recitava. “La disposizione del primo comma si applica anche quando il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, dichiara la competenza di questo.” È stato abrogato dall’art. 89, comma primo, della L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 354.
(Rimessione al primo giudice per altri motivi)

Fuori dei casi previsti nell’articolo precedente, il giudice d’appello non puo’ rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte, ovvero dichiari la nullita’ della sentenza di primo grado a norma dell’articolo 161 secondo comma.
Il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo a norma e nelle forme dell’articolo 308.
Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le disposizioni dell’articolo 353.
Se il giudice d’appello dichiara la nullita’ di altri atti compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma dell’articolo 356.

Art. 355.
(Provvedimenti sulla querela di falso)

Se nel giudizio d’appello e’ proposta querela di falso, il giudice, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza il giudizio e fissa alle parti un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di falso davanti al tribunale.

Art. 356.
(Ammissione e assunzione di prove)

Ferma l’applicabilita’ della norma di cui al numero 4) del secondo comma dell’articolo 279, il giudice d’appello, se dispone l’assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione gia’ avvenuta in primo grado o comunque da’ disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli 191 e seguenti (1).
Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell’articolo 279, il giudice d’appello non puo’ disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione dell’istruzione.

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 58, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 357. (1)
[(Reclamo contro ordinanze)

Le ordinanze con le quali l’istruttore abbia dichiarato, a norma dell’articolo 350 secondo comma, la inammissibilita’ o l’improcedibilita’ dell’appello, ovvero l’estinzione del procedimento d’appello, e le ordinanze sulla esecuzione provvisoria previste dall’articolo 351, possono essere impugnate con reclamo al collegio nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione. Il reclamo si propone con le forme previste dall’articolo 178 terzo, quarto e quinto comma.
Il collegio pronuncia sul reclamo in camera di consiglio salvo che, trattandosi delle ordinanze previste dall’art. 350 secondo comma, alcuna delle parti, prima della scadenza del termine per la comunicazione della memoria di replica, proponga istanza al presidente del collegio, perche’ il reclamo sia discusso in udienza. In tal caso il presidente fissa l’udienza per la discussione, con decreto che e’ comunicato alle parti a cura del cancelliere.
La decisione e’ pronunciata con sentenza se e’ respinto il reclamo contro le ordinanze previste dall’art. 350 secondo comma; negli altri casi e’ pronunciata con ordinanza non impugnabile.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 89, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 358.
(Non riproponibilita’ di appello dichiarato inammissibile o improcedibile)

L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non puo’ essere riproposto, anche se non e’ decorso il termine fissato dalla legge.

Art. 359.
(Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale)

Nei procedimenti d’appello davanti alla Corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo.
(…) (1)

(1) Il precedente comma che recitava: “Davanti al pretore si osservano anche nei procedimenti d’appello le norme del procedimento di primo grado, in quanto applicabili.” È stato abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Capo III: DEL RICORSO PER CASSAZIONE

Sezione I: DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNABILI E DEI RICORSI

Art. 360. (1)
(Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)

Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non e’ prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
4) per nullita’ della sentenza o del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Puo’ inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tale caso l’impugnazione puo’ proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.
Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze puo’ essere proposto, senza necessita’ di riserva, allorche’ sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.
Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali e’ ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 360. (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)
Le sentenze pronunziate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non e` prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;
4) per nullita` della sentenza o del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio.
Puo` inoltre essere impugnata con ricorso per Cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tal caso l’impugnazione puo` proporsi soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.”

Art. 360-bis. (1)
(Inammissibilità del ricorso)

Il ricorso è inammissibile:

1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo.

(1) Articolo aggiunto dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 361.
(Riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive)

Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e contro quelle che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio, il ricorso per cassazione puo’ essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa. (1)
Qualora sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non puo’ farsi, e se gia’ fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto immediatamente ricorso.

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 40/2006. Il comma precedente recitava: “ Contro le sentenze previste dall’art. 278 e dal n. 4 del secondo comma dell’art. 279, il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa.”

Art. 362.
(Altri casi di ricorso)

Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all’articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari;
2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.

Art. 363. (1)
(Principio di diritto nell’interesse della legge)

Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non e’ ricorribile in cassazione e non e’ altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione puo’ chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.
La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, e’ rivolta al primo presidente, il quale puo’ disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione e’ di particolare importanza.
Il principio di diritto puo’ essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti e’ dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa e’ di particolare importanza.
La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 363. (Ricorso nell’interesse della legge)
Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione puo` proporre ricorso per chiedere che sia cassata la sentenza nell’interesse della legge.
In tal caso le parti non possono giovarsi della cassazione della sentenza.”

Art. 364. (1)
[(Deposito per il caso di soccombenza)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 18 ottobre 1977, n. 793.

Art. 365.
(Sottoscrizione del ricorso)

Il ricorso e’ diretto alla corte e sottoscritto, a pena d’inammissibilita’, da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale.

 

Art. 366. (1)
(Contenuto del ricorso)

Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti;
2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366-bis;
5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto.
6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, (2) le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione.
Nel caso previsto nell’articolo 360, secondo comma, l’accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato, anche anteriore alla sentenza impugnata, da unirsi al ricorso stesso.
Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 sono effettuate ai sensi dell’articolo 136, secondo e terzo comma. (3)

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006. Il testo precedente recitava:
“Art. 366. (Contenuto del ricorso)
Il ricorso deve contenere a pena d’inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti;
2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano;
5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto.
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
Nel caso previsto nell’art. 360 secondo comma, l’accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato da unirsi al ricorso stesso.”
(2) Le parole: “ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine,” inserite dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.
(3) Comma così modificato dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 366-bis. (1)
[(Formulazione dei motivi)

Nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.]

(1) Articolo aggiunto dal Dlgs. 40/2006 e successivamente abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69..

Art. 367.
(Sospensione del processo di merito)

Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell’articolo 41, primo comma, e’ depositata, dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il collegio provvede con ordinanza. (1)
Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 61, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 368.
(Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto)

Nel caso previsto nell’art. 41 secondo comma, la richiesta per la decisione della Corte di cassazione e’ fatta dal prefetto con decreto motivato.
Il decreto e’ notificato, su richiesta del prefetto, alle parti e al procuratore della Repubblica presso il tribunale, se la causa pende davanti a questo [o davanti a un pretore] (1), oppure al procuratore generale presso la Corte di appello, se pende davanti alla Corte.
Il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa. Questi sospende il procedimento con decreto che e’ notificato alle parti a cura del pubblico ministero entro dieci giorni dalla sua pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta.
La Corte di cassazione e’ investita della questione di giurisdizione con ricorso a cura della parte piu’ diligente, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto.
Si applica la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo precedente.

(1) Le parole “o davanti a un pretore” sono state soppresse dall’art. 77 del Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 369.
(Deposito del ricorso)

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d’improcedibilita’, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali e’ proposto.
Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilita’:
1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio;
2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa e’ avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’articolo 362;
3) la procura speciale, se questa e’ conferita con atto separato;
4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. (1)
Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di Cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta e` restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso.

(1) Numero così modificato dal Dlgs. 40/2006.

Art. 370.
(Controricorso)

La parte contro la quale il ricorso e’ diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non puo’ presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.
Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e 366, in quanto e’ possibile.
Il controricorso e’ depositato nella cancelleria della Corte entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato.

Art. 371.
(Ricorso incidentale)

La parte di cui all’articolo precedente deve proporre con l’atto contenente il controricorso l’eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza.
La parte alla quale e’ stato notificato il ricorso per integrazione a norma degli articoli 331 e 332 deve proporre l’eventuale ricorso incidentale nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli articoli 365, 366 e 369.
Per resistere al ricorso incidentale puo’ essere notificato un controricorso a norma dell’articolo precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non e’ necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.

Art. 371-bis. (1)
(Deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio)

Qualora la Corte abbia ordinato l’integrazione del contraddittorio, assegnando alle parti un termine perentorio per provvedervi, il ricorso notificato, contenente nell’intestazione le parole “atto di integrazione del contraddittorio”, deve essere depositato nella cancelleria della Corte stessa, a pena di improcedibilita’, entro venti giorni dalla scadenza del termine assegnato.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 62, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 372.
(Produzione di altri documenti)

Non e’ ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la nullita’ della sentenza impugnata e l’ammissibilita’ del ricorso e del controricorso.
Il deposito dei documenti relativi all’ammissibilita’ puo’ avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti.

 

Art. 373.
(Sospensione dell’esecuzione)

Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata puo’, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che la esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice di pace, al tribunale in composizione monocratica (1) o al presidente del collegio, il quale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti rispettivamente d’innanzi a se’ o al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate al procuratore dell’altra parte, ovvero alla parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza impugnata. Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza puo’ essere disposta provvisoriamente l’immediata sospensione dell’esecuzione. (2)

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalle parole “tribunale in composizione monocratica” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Comma cosi’ sostituito dall’art. 63, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Sezione II: DEL PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI

Art. 374. (1)
(Pronuncia a sezioni unite)

La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell’articolo 360 e nell’articolo 362. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso puo’ essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono gia’ pronunciate le sezioni unite.
Inoltre il primo presidente puo’ disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto gia’ decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.
In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 374. (Pronuncia a sezioni unite)
La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell’art. 360 e nell’art. 362.
Inoltre il primo presidente puo` disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto gia` decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.”

Art. 375. (1)
(Pronuncia in camera di consiglio)

La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere:
1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’articolo 360; (1)
2) ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332 ovvero che sia rinnovata;
3) provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia;
4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione; (2)
5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza. (3)
(…) (4)

(1) Questo numero è stato così sostituito dall’art. 47, comma 1, lett. e), n. 1 dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69.
(2) I numeri 2), 3), 4) sono stati così sostituiti dall’art. 9, lett. a)del D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40
(3) Questo numero è stato così sostituito dall’art. 47, comma 1, lett. e), n.2) della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
(4) Comma abrogato dall’art. 9, lett. b) del D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Art. 376.
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni)

Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se la sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all’assegnazione alle sezioni semplici. (1)
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione del ricorso.
All’udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.

(1) Comma così sostituito dall’art.47, comma 1, lett. b), della Legge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo previgente disponeva: “I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo presidente.”

Art. 377. (1)
(Fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio)

Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l’udienza o l’adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione.
Dell’udienza e’ data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima.

(1) Articolo cosi’ sostituito dall’art. 65, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 378.
(Deposito di memorie di parte)

Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima della udienza.

Art. 379.
(Discussione)

All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi e’ discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese.
Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate.
Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla Corte brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero.

Art. 380.
(Deliberazione della sentenza)

La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio.
Si applica alla deliberazione della Corte la disposizione dell’articolo 276.

Art. 380-bis. (1)
Procedimento per la decisione sull’inammissibilità del ricorso e per la decisione in camera di consiglio

Il relatore della sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, se appare possibile definire il giudizio ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia.

Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo conclusioni scritte, e i secondi memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.

Se il ricorso non è dichiarato inammissibile, il relatore nominato ai sensi dell’articolo 377, primo comma, ultimo periodo, quando appaiono ricorrere le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 2) e 3), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in base ai quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio e si applica il secondo comma.

Se ritiene che non ricorrono le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 2) e 3), la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

(1) Articolo aggiunto dal Dlgs. 40/2006 e successivamente aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 380-ter. (1)
(Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza)

Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numero 4), il presidente, se non provvede ai sensi dell’articolo 380-bis, primo comma, richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.
Le conclusioni ed il decreto del presidente che fissa l’adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facolta’ di presentare memorie non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, limitatamente al regolamento di giurisdizione.
Non si applica la disposizione del quinto comma dell’articolo 380-bis.

(1) Articolo aggiunto dal Dlgs. 40/2006.

Art. 381. (1)
[(Provvedimento sul deposito)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 18 ottobre 1977, n. 793.

Art. 382.
(Decisione delle questioni di giurisdizione e di competenza)

La Corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa.
Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito.

Art. 383.
(Cassazione con rinvio)

La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell’articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel caso previsto nell’articolo 360 secondo comma, la causa puo’ essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato.
La Corte, se riscontra una nullita’ del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo.

 

Art. 384. (1)
(Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito)

La Corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso proposto anorma dell’articolo 360, primo comma, n. 3), e in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi del ricorso, risolve una questione di diritto di particolare importanza.
La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione.
Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 384. (Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito)
La Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione.”

Art. 385. (1)
(Provvedimenti sulle spese)

La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.
Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.

(1) Questo comma aggiunto dall’art. 13 del Dlgs. 40/2006è stato abrogato dall’art. 46, comma 20, dellaLegge 18 giugno 2009, n. 69. Tale comma recitava: “Quando pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 375, la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave.”

Art. 386.
(Effetti della decisione sulla giurisdizione)

La decisione sulla giurisdizione e’ determinata dall’oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilita’ della domanda.

Art. 387.
(Non riproponibilita’ del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile)

Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non puo’ essere riproposto, anche se non e’ scaduto il termine fissato dalla legge.

Art. 388. (1)
(Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito)

Copia della sentenza e’ trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinche’ ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima.
La trasmissione puo’ avvenire anche in via telematica.

(1) Articolo così modificato dal Dlgs. 40/2006.
Il testo precedente recitava:
“Art. 388. (Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito)
Copia del dispositivo della sentenza e` trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinche` ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima.”

Art. 389.
(Domande conseguenti alla cassazione)

Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

Art. 390.
(Rinuncia)

La parte puo’ rinunciare al ricorso principale o incidentale finche’ non sia cominciata la relazione all’udienza, o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all’art. 375.
La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se e’ munito di mandato speciale a tale effetto.
L’atto di rinuncia e’ notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

Art. 391.
(Pronuncia sulla rinuncia)

Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge, la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede il presidente con decreto.
Il decreto o la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.
Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione. (1)
La condanna non è pronunciata se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale.

(1) I primi tre commi di questo articolo sono stati così modificati dall’art. 15 del Dlgs. 40/2006 Si riporta il testo dei tre commi precedenti: “Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.
L’ordinanza o la sentenza che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese.
L’ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo.”

Art. 391-bis. (1) (2)
(Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di cassazione)

Se la sentenza o l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 4) e 5), pronunciata dalla Corte di Cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’art. 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell’art. 395, n. 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli artt. 365 ss. da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa.
La Corte decide sul ricorso in camera di consiglio nell’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 380-bis. (3)
Sul ricorso per correzione dell’errore materiale pronuncia con ordinanza. Sul ricorso per revocazione pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza. (4)
La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto.
In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 67, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 18 aprile 1996, n. 119 ha dichiarato la illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione.
(3) Articolo così modificato dall’ art. 27 del D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Il testo precedente recitava: “Se la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’art. 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell’art. 395, n. 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli artt. 365 ss. da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa.
Sul ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma dell’art. 375
La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione respinto.
In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo.”
(4) Comma aggiunto dall’art. 16 del D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

 

Art. 391-ter. (1)
(Altri casi di revocazione ed opposizione di terzo)

Il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito e’, altresi’, impugnabile per revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell’articolo 395 e per opposizione di terzo. I relativi ricorsi si propongono alla stessa Corte e debbono contenere gli elementi, rispettivamente, degli articoli 398, commi secondo e terzo, e 405, comma secondo.
Quando pronuncia la revocazione o accoglie l’opposizione di terzo, la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti, pronunciata la revocazione ovvero dichiarata ammissibile l’opposizione di terzo, rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

(1) Articolo aggiunto dal Dlgs. 40/2006.

Sezione III: DEL GIUDIZIO DI RINVIO

Art. 392. (1)
(Riassunzione della causa)

La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre tre mesi (1) dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione.
La riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.

(1) Le parole: “un anno” sono state così sostituite dall’art. 46, comma 21, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 393.
(Estinzione del processo)

Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all’articolo precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.

Art. 394.
(Procedimento in sede di rinvio)

In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio puo’ deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessita’ delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.

Capo IV: DELLA REVOCAZIONE

Art. 395.
(Casi di revocazione)

Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione:
1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; (1)
2) se si e’ giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o piu’ documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
4) se la sentenza e’ l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi e’ questo errore quando la decisione e’ fondata sulla supposizione di un fatto la cui verita’ e’ incontrastabilmente esclusa, oppure quando e’ supposta l’inesistenza di un fatto la cui verita’ e’ positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costitui’ un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; (2)
5) se la sentenza e’ contraria ad altra precedente avente fra le parti autorita’ di cosa giudicata, purche’ non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza e’ effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51 ha dichiarato la illegittimità costituzionale del numero 1) del presente articolo nella parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosita’ che siano l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17 ha dichiarato la illegittimità di questo articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione rese su ricorsi basati sull’art. 360, n. 4 del codice di procedura civile ed affette dall’errore di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c..
Con successiva sentenza 20 dicembre 1989, n. 558 la stessa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 395, n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per mancata opposizione dell’intimato.
Infine con sentenza 31 gennaio 1991, n. 36 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dello stesso n. 4 nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio.

Art. 396.
(Revocazione delle sentenze per le quali e’ scaduto il termine per l’appello)

Le sentenze per le quali e’ scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo precedente, purche’ la scoperta del dolo o della falsita’ o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.
Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso e’ prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.

Art. 397.
(Revocazione proponibile dal pubblico ministero)

Nelle cause in cui l’intervento del pubblico ministero e’ obbligatorio a norma dell’articolo 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero:
1) quando la sentenza e’ stata pronunciata senza che egli sia stato sentito;
2) quando la sentenza e’ l’effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge.

Art. 398.
(Proposizione della domanda)

La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La citazione deve indicare, a pena d’inammissibilita’, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395, del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo o della falsita’ o del recupero dei documenti.
La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale.
La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui e’ proposta la revocazione, su istanza di parte, puo’ sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta. (1)

(1) Comma cosi’ sostituito dall’art. 68, Legge 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 399.
(Deposito della citazione e della risposta)

Se la revocazione e’ proposta davanti al tribunale o alla corte d’appello, la citazione deve essere depositata, a pena di improcedibilita’, entro venti giorni dalla notificazione, nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata.
Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni.
Se la revocazione e’ proposta davanti al giudice di pace il deposito e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell’articolo 319. (1)

(1) Comma cosi’ sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 400.
(Procedimento)

Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui in quanto non derogate da quelle del presente capo.

Art. 401.
(Sospensione dell’esecuzione)

Il giudice della revocazione puo’ pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’articolo 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.

Art. 402.
(Decisione)

Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della causa e dispone l’eventuale restituzione di cio’ che siasi conseguito con la sentenza revocata.
Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti all’istruttore.

Art. 403.
(Impugnazione della sentenza di revocazione)

Non puo’ essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

Capo V: DELL’OPPOSIZIONE DI TERZO

Art. 404.
(Casi di opposizione di terzo)

Un terzo puo’ fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. (1) (2) (3) (4)
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando e’ l’effetto di dolo o collusione a loro danno.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 7 giugno 1984, n. 167 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l’opposizione di terzo avverso l’ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell’intimato o per la mancata opposizione dell’intimato pur comparso.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 25 ottobre 1985, n. 237 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l’opposizione di terzo avverso l’ordinanza di sfratto per morosità.
(3) La Corte costituzionale con sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l’opposizione di terzo avverso l’ordinanza con la quale il pretore dispone l’affrancazione del fondo ex art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607.
(4) La Corte costituzionale con sentenza 26 maggio 1995, n. 192 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non ammette l’opposizione di terzo avverso l’ordinanza di convalida di licenza per finita locazione.

Art. 405.
(Domanda di opposizione)

L’opposizione e’ proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.
La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all’art. 163, anche l’indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma dell’articolo precedente, l’indicazione del giorno in cui il terzo e’ venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa prova.

Art. 406.
(Procedimento)

Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.

Art. 407.
(Sospensione dell’esecuzione)

Il giudice dell’opposizione puo’ pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’art. 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.

Art. 408.
(Decisione)

Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento di una pena pecuniaria di € 2 se la sentenza impugnata e’ del giudice di pace, [di lire quattromila se è del pretore,] (1) di € 2 se e’ del tribunale e di € 2 in ogni altro caso.

(1) Le parole “di lire quattromila se è del pretore” sono state soppresse dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Titolo IV: NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO

Capo I: DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO

Sezione I: DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 409.
(Controversie individuali di lavoro)

Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonche’ rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attivita’ economica;
5) rapporti di lavori dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreche’ non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.

 

Art. 410. (1)
(Tentativo di conciliazione)

Chi intende propone in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 puo’ promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Le commissioni di conciliazione sono istituite presso la Direzione provinciale del lavoro. La commissione e’ composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualita’ di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita’, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore della Direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal terzo comma. In ogni caso per la validita’ della riunione e’ necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori.
La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, e’ consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte.
La richiesta deve precisare:
1) nome, cognome e residenza dell’istante e del convenuto; se l’istante o il convenuto sono una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, l’istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonche’ la sede;
2) il luogo dove e’ sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale e’ addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;
3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;
4) l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonche’ le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove cio’ non avvenga, ciascuna delle parti e’ libera di adire l’autorita’ giudiziaria. Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore puo’ farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.
La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, anche in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo, non puo’ dar luogo a responsabilita’, salvi i casi di dolo e colpa grave.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 410. Tentativo obbligatorio di conciliazioneChi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409, e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione e’ istituita in ogni provincia, presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato, in qualita’ di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalita’ e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita’, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo comma.
In ogni caso per la validita’ della riunione e’ necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro certifica l’impossibilita’ di procedere al tentativo di conciliazione
“. è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

 

Art. 410-bis.
(Termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione)

(…) (1)

(1) L’articolo che recitava: “Il tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti e accordi collettivi, deve essere espletato entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta.
Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell’articolo 412-bis.
” è stato abrogato dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 411. (1)
(Processo verbale di conciliazione)

Se la conciliazione esperita ai sensi dell’articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non e’ accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.
Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell’articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Se il tentativo di conciliazione si e’ svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 410. Il processo verbale di avvenuta conciliazione e’ depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticita’, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e’ stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.

(1) L’articolo che recitava: “Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito il tentativo, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere.
Il processo verbale e’ depositato a cura delle parti o dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria del tribunale (1) nella cui circoscrizione e’ stato formato. Il giudice (1), su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se il tentativo di conciliazione si e’ svolto in sede sindacale, il processo verbale di avvenuta conciliazione e’ depositato presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane la autenticita’, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e’ stato redatto. Il giudice (1), su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

 

Art. 412. (1)
(Risoluzione arbitrale della controversia)

In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando e’ possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.
Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:
1) il termine per l’emanazione del lodo, che non puo’ comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l’incarico deve intendersi revocato;
2) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equita’, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all’articolo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.
Il lodo e’ impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validita’ del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell’articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e’ la sede dell’arbitrato. Il ricorso e’ depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovverso se il ricorso e’ stato respinto dal tribunale, il lodo e’ depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e’ la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412. Verbale di mancata conciliazione.Se la conciliazione non riesce, si forma il processo verbale con l’indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quando e` possibile, l’ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest’ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all’articolo 411.
L’Ufficio provinciale del lavoro rilascia alla parte copia del verbale entro cinque giorni dalla richiesta.
Le disposizioni del primo comma si applicano anche al tentativo di conciliazione in sede sindacale.
Delle risultanza del verbale di cui al primo comma il giudice tiene conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-bis.
(Procedibilità della domanda)

(…) (1)

(1) L’articolo che recitava: “L’espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilita` della domanda.
L’improcedibilita` deve essere eccepita dal convenuto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416 e puo` essere rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420.
Il giudice ove rilevi che non è stato promosso il tentativo di conciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata prima dei sessanta giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione.
Trascorso il termine di cui al primo comma dell’articolo 410-bis, il processo puo` essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni.
Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’articolo 308.
Il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV
.” è stato abrogato dall’art. 31,L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-ter. (1)
(Altre modalità di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva)

La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412-ter. Arbitrato irrituale previsto dai contratti collettiviSe il tentativo di conciliazione non riesce o comunque e` decorso il termine previsto per l’espletamento, le parti possono concordare di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia, anche tramite l’organizzazione sindacale alla quale aderiscono o abbiano conferito mandato, se i contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro prevedono tale facolta` e stabiliscono:
a) le modalita` della richiesta di devoluzione della controversia al collegio arbitrale e il termine entro il quale l’altra parte puo` aderirvi;
b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina del presidente e dei componenti;
c) le forme e i modi di espletamento dell’eventuale istruttoria;
d) il termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone comunicazione alle parti interessate;
e) i criteri per la liquidazione dei compensi agli arbitri.
I contratti e accordi collettivi possono, altresi`, prevedere l’istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di contrattazione nazionale.
Nella pronuncia del lodo arbitrale si applica l’articolo 429, terzo comma, del codice di procedura civile.
Salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per la liquidazione delle spese della procedura arbitrale si applicano altresi` gli articoli 91, primo comma, e 92 del codice di procedura civile
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Art. 412-quater. (1)
(Altre modalità di conciliazione e arbitrato)

Ferma restando la facolta’ di ciascuna delle parti di adire l’autorita’ giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all’articolo 409 possono essere altresi’ proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti.
Il collegio di conciliazione e arbitrato e’ composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.
La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell’arbitro di parte e indicare l’oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equita’, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.
Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove cio’ non avvenga, la parte che ha presentato ricorso puo’ chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario e’ la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso e’ presentato al presidente del tribunale del luogo in cui e’ sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale e’ addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova.
Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente puo’ depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto puo’ depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.
Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima.
All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’articolo 411, commi primo e terzo.
Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio puo’ rinviare ad altra udienza, a non piu’ di dieci giorni di distanza, l’assunzione delle stesse e la discussione orale.
La controversia e’ decisa, entro venti giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo e’ impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validita’ del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell’articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e’ la sede dell’arbitrato. Il ricorso e’ depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso e’ stato respinto dal tribunale, il lodo e’ depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e’ la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita’ formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.
Il compenso del presidente del collegio e’ fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso ed e’ versato dalle parti, per meta’ ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l’arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell’arbitro di parte, queste ultime nella misura dell’1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92.
I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte.

(1) L’articolo che recitava: “Art. 412-quater. Impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico grado il Tribunale, in funzione del giudice del lavoro, della circoscrizione in cui e` la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo.
Trascorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo e` depositato nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitratro. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita` formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto
.” è stato così sostituito dall’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

Sezione II: DEL PROCEDIMENTO

§ 1: DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO

Art. 413.
(Giudice competente)

Le controversie previste dall’articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale (1) in funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio e’ il giudice nella cui circoscrizione e’ sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale e’ addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il trasferimento dell’azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purche’ la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell’articolo 409 e’ il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell’articolo 409. (2)
Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto.
Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell’articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. (3)
Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell’articolo 18.
Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “tribunale” dalDlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Comma aggiunto dall’art. 1, Legge 11 febbraio 1992, n. 128.
(3) Comma aggiunto dal Dlgs. 31 marzo 1998, n. 80.

Art. 414.
(Forma della domanda)

La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l’indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonche’ la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto e’ una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonche’ la sede del ricorrente o del convenuto;
3) la determinazione dell’oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.

 

Art. 415.
(Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell’udienza)

Il ricorso e’ depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati.
Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente.
Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non devono decorrere piu’ di sessanta giorni.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall’articolo 417.
Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Il termine di cui al comma precedente e’ elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma e’ elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all’estero.
Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, il ricorso e` notificato direttamente presso l’amministrazione destinataria ai sensi dell’articolo 144, secondo comma. Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio. (1)

(1) Comma aggiunto dal Dlgs. 31 marzo 1998, n. 80.

Art. 416.
(Costituzione del convenuto)

Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare.

 

Art. 417.
(
Costituzione e difesa personali delle parti)

In primo grado la parte puo’ stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede gli € 129,11.
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all’articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all’articolo 416 con elezione di domicilio nell’ambito del territorio della Repubblica.
Puo’ proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice (1) che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all’articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 417-bis.
Difesa delle pubbliche amministrazioni

Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti.
Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, le disposizioni di cui al comma precedente si applica salvo che l’Avvocatura dello Stato competente per territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dell’amministrazione interessata, nonché al Dipartimento della funzione pubblica, anche per l’eventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso l’Avvocatura dello Stato trasmette immediatamente, e comunque non oltre 7 giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dell’amministrazione interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente.
Gli enti locali, anche al fine di realizzare economie di gestione, possono utilizzare le strutture dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, alle quali conferiscono mandato nei limiti di cui al primo comma.

Art. 418.
(Notificazione della domanda riconvenzionale)

Il convenuto che abbia proposta domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell’articolo 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell’articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza.
Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l’udienza di discussione non devono decorrere piu’ di cinquanta giorni.
Il decreto che fissa l’udienza deve essere notificato all’attore a cura dell’ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui e’ stato pronunciato.
Tra la data di notificazione all’attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all’estero il termine di cui al secondo comma e’ elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente e’ elevato a trentacinque giorni.

Art. 419. (1)
(Intervento volontario)

Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ai sensi dell’articolo 105 non puo’ aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalita’ previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 29 giugno 1983, n. 193 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare – con il rispetto del termine di cui all’art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all’estero) – una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell’interveniente, e che sia notificato a quest’ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Art. 420.
(Udienza di discussione della causa)

Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva. La mancata comparizione personale delle parti, o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate previa autorizzazione del giudice (1).
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia [c.p.c. 84]. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell’udienza, per la loro immediata assunzione.
Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell’udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell’articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell’articolo 416.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l’ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono vietate.

(1) Il comma che recitava: “Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate previa autorizzazione del giudice.” è stato così sostituito dall’art. 31, comma 4, L. 4 novembre 2010, n. 183.

 

Art. 420-bis. (1)
(Accertamento pregiudiziale sull’efficacia,
validita’ ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi)

Quando per la definizione di una controversia di cui all’articolo 409 e’ necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validita’ o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni.
La sentenza e’ impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza.
Copia del ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilita’ del ricorso, essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo e’ sospeso dalla data del deposito.

(1) Articolo aggiunto dal Dlgs. 40/2006.

Art. 421. (1)
(Poteri istruttori del giudice)

Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarita’ degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.
Puo’ altresi’ disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonche’ la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell’articolo 420.
Dispone, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purche’ necessario al fine dell’accertamento dei fatti, e dispone altresi’, se ne ravvisa l’utilita’, l’esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga necessario, puo’ ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell’articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell’articolo 247.

(1) Articolo così modificato dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112.

Art. 422.
(Registrazione su nastro)

Il giudice puo’ autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti.

Art. 423.
(Ordinanze per il pagamento di somme)

Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.
Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice puo’, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantita’ per cui ritiene gia’ raggiunta la prova.
Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.
L’ordinanza di cui al secondo comma e’ revocabile con la sentenza che decide la causa.

Art. 424.
(Assistenza del consulente tecnico)

Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o piu’ consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell’articolo 61. A tal fine il giudice puo’ disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420.
Il consulente puo’ essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.
Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza.

Art. 425.
(Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali)

Su istanza di parte, l’associazione sindacale indicata dalla stessa ha facolta’ di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte.
Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto l’accesso ai sensi del terzo comma dell’articolo 421.
A tal fine, il giudice puo’ disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420.
Il giudice puo’ richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.

Art. 426. (1)
(Passaggio dal rito ordinario al rito speciale)

Il giudice (2), quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall’articolo 409, fissa con ordinanza l’udienza di cui all’articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
Nell’udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 14 gennaio 1977, n. 14 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del combinato disposto dell’art. 426 del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 1, della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell’articolo 20 della legge medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell’entrata in vigore della legge, non e’ prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell’ordinanza che fissa la udienza di discussione ed il termine perentorio per l’integrazione degli atti.
(2) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 427.
(Passaggio dal rito speciale al rito ordinario)

Il giudice (1), quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l’efficacia consentita dalle norme ordinarie.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “giudice” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 428.
(Incompetenza del giudice)

Quando una causa relativa ai rapporti di cui all’articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l’incompetenza puo’ essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416 ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420.
Quando l’incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al tribunale (1) in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale.

(1) La parola “pretore” è stata sostituita dalla parola “tribunale” dalDlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 429. (1)
(Pronuncia della sentenza)

Nell’udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In caso di particolare complessita’ della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza.
Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.
Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.

(1) Articolo così modificato dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112.

Art. 430.
(Deposito della sentenza)

La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne da’ immediata comunicazione alle parti.

Art. 431.
(Esecutorietà della sentenza)

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all’articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.
All’esecuzione si puo’ procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
Il giudice di appello puo’ disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno.
La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di € 258,23.
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283. (1)
Il giudice di appello puo’ disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi. (1)
Se l’istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. (2)

(1) Comma aggiunto dall’art. 69, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma aggiunto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 432.
(Valutazione equitativa delle prestazioni)

Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.

§ 2: DELLE IMPUGNAZIONI

Art. 433.
(Giudice d’appello)

L’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell’articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti alla corte di appello (1) territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.
Ove l’esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l’appello puo’ essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui all’articolo 434.

(1) Le parole “al tribunale” sono state sostituite dalle parole “alla corte di appello” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 434.
(Deposito del ricorso in appello)

Il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell’impugnazione, nonche’ le indicazioni prescritte dall’articolo 414.
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello (1) entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all’estero.

(1) Le parole “del tribunale” sono state sostituite dalle parole “della corte di appello” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 435.
(Decreto del presidente)

Il presidente della corte di appello (1) entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione dinanzi al collegio.
L’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato. (2)
Tra la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all’estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.

(1) Le parole “del tribunale” sono state sostituite dalle parole “della corte di appello” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51 .
(2) La Corte costituzionale con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente comma nella parte in cui non dispone che l’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione sia comunicato all’appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all’appellato.

Art. 436.
(Costituzione dell’appellato e appello incidentale)

L’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza.
La costituzione dell’appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese.
Se propone appello incidentale, l’appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l’impugnazione. L’appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 416.

 

Art. 437.
(Udienza di discussione)

Nell’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.
Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.
E’ salva la facolta’ delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa.
Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l’udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza puo’ adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’articolo 429.

Art. 438.
(Deposito della sentenza di appello)

Il deposito della sentenza di appello e’ effettuato con l’osservanza delle norme di cui all’articolo 430.
Si applica il disposto del secondo comma dell’articolo 431.

Art. 439.
(Cambiamento del rito in appello)

La corte di appello (1), se ritiene che il provvedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427.

(1) Le parole “Il tribunale” sono state sostituite dalle parole “La corte di appello” dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 440.
(Appellabilita’ delle sentenze)

Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a € 25,82.

Art. 441.
(Consulente tecnico in appello)

Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’articolo 437, puo’ nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza puo’ adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.

Capo II: DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA OBBLIGATORIE

Art. 442. (1)
(Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie)

Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.

Anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.

Per le controversie di cui all’articolo 7, terzo comma, numero 3-bis), non si osservano le disposizioni di questo capo, né quelle di cui al capo primo di questo titolo.

(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 443.
(Rilevanza del procedimento amministrativo)

La domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell’articolo 442 non e’ procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla data in cui e’ stato proposto il ricorso amministrativo.
Se il giudice nella prima udienza di discussione rileva l’improcedibilita’ della domanda a norma del comma precedente, sospende il giudizio e fissa all’attore un termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede amministrativa.
Il processo deve essere riassunto, a cura dell’attore, nel termine perentorio di centottanta giorni che decorre dalla cessazione della causa della sospensione.

Art. 444.
(Giudice competente)

Le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie indicate nell’articolo 442 sono di competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore. Se l’attore è residente all’estero la competenza è del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione l’attore aveva l’ultima residenza prima del trasferimento all’estero ovvero, quando la prestazione è chiesta dagli eredi, nella cui circoscrizione il defunto aveva la sua ultima residenza. (1)
Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio del porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente.

(1)L’ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto dall’art. 46, comma 23, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 445.
(Consulente tecnico)

Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedano accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o piu’ consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell’articolo 424.
Nei casi di particolare complessita’ il termine di cui all’articolo 424 puo’ essere prorogato fino a sessanta giorni.

 

Art. 445-bis. (1)
(Accertamento tecnico preventivo obbligatorio)

Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell’articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell’articolo 696 – bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all’accertamento peritale di cui all’articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all’articolo 195.
L’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
La richiesta di espletamento dell’accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio.
In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell’articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile nè modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile. (2)

(1) Articolo aggiunto dal numero 1) della lettera b) del comma 1 dell’art. 38, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, coordinato con la legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111.Tali disposizioni si applicano dal 1 gennaio 2012.
(2) Comma aggiunto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183.

Art. 446.
(Istituti di patronato e di assistenza sociale)

Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti, possono, su istanza dell’assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e osservazioni orali o scritte nella forma di cui all’articolo 425.

Art. 447.
(Esecuzione provvisoria)

Le sentenze pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di cui all’articolo 442 sono provvisoriamente esecutive.
Si applica il disposto dell’articolo 431.

Art. 447-bis. (1)
(Norme applicabili alle controversie in materia di locazione,
di comodato e di affitto)

Le controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili. (2)
[Per le controversie relative ai rapporti di cui all’articolo 8, secondo comma, numero 3), e’ competente il giudice del luogo dove si trova la cosa.] (3) Sono nulle le clausole di deroga alla competenza.
Il giudice puo’ disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ispezione della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonche’ la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.
Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si puo’ procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d’appello puo’ disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 70, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma così sostituito dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(3) Periodo soppresso dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

Art. 448. (1)
[(Rimessione al collegio)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 449. (1)
[(Disposizioni sulle spese)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 450. (1)
[(Giudice d’appello)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 451. (1)
[(Cambiamento del rito in appello)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 452. (1)
[(Appellabilità delle sentenze)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 453. (1)
[(Consulente tecnico in appello)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 454. (1)
[(Ricorso per cassazione)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 455. (1)
[(Arbitrato dei consulenti tecnici)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 456. (1)
[(Pronuncia dei consulenti tecnici)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 457. (1)
[(Decadenza dei consulenti tecnici)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 458. (1)
[(Impugnazione delle sentenze dei consulenti)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 459. (1)
[(Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 460. (1)
[(Improponibilità della domanda)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 461. (1)
[(Giudice competente)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 462. (1)
[(Patrocinio)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 463. (1)
[(Assistenza del consulente tecnico)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 464. (1)
[(Rinvio)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 465. (1)
[(Giudice d’appello)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 466. (1)
[(Appellabilità delle sentenze)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 467. (1)
[(Denuncia all’associazione sindacale)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 468. (1)
[(Nomina del consulente tecnico)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 469. (1)
[(Intervento delle associazioni sindacali)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 470. (1)
[(Sospensione del procedimento)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 471. (1)
[(Ricorso per cassazione)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 472. (1)
[(Accertamento tecnico preventivo)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 473. (1)
[(Procedimento ed efficacia dell’accertamento)]

(1) Articolo abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533.

 

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