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Comprare oggetti contraffatti non costituisce reato ma soltanto un illecito amministrativo

Comprare oggetti contraffatti non costituisce reato ma soltanto un illecito amministrativo. 
Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. – Sent. del 29.10.2012, n. 42106
 
La Cassazione ha esaminato un caso relativo all’acquisto, per uso personale, di un Cartier e un Rolex, palesemente contraffatti stabilendo che la vicenda concretamente verificatasi sia inquadrabile come illecito amministrativo e non invece come un reato penalmente rilevante.
In primo grado il Tribunale di Bergamo dichiarava che il fatto non é previsto dalla legge come reato ma in Appello veniva accolta il ricorso del P.G. e il reato di cui agli artt. 56 e 648 cod. pen. veniva dichiarato prescritto.
Per i giudici il comportamento dell’imputato era mosso dalla finalità di ottenere un profitto e, pertanto,  effettuava l’ordine (tramite corriere espresso) compiendo cosí atti idonei diretti in modo non equivoco a ricevere i due orologi oggetto del procedimento penale che recavano uno il marchio contraffatto Rolex e l’altro quello di Cartier.
Per i giudici questi orologi potevano benissimo essere oggetti provenienti da delitto di cui all’art. 473 cod. pen. e il fatto che l’imputato non sia riuscito ad ottenere questa merce proveniente dalla Cina non deriva da un proprio ravvedimento ma solo per cause indipendenti dalla sua volontà (controllo doganale).
L’imputato non ci sta perché, dopo la modifica legislativa apportata dalla legge n. 99 del 2009 all’art. 1 D.L. n. 32 del 2005, non residuano spazi per la sussistenza del reato di cui all’art. 648 cod.pen., e, pertanto la Corte d’appello avrebbe dovuto confermare la sentenza di assoluzione emessa nei suoi confronti in primo grado e quindi si rivolge alla Suprema Corte per chiedere l’annullamento della sentenza anche per erronea applicazione della legge penale per la mancata assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
L’acquisto venne fatto in un sito internet che dichiarava la riproduzione degli orologi e, pertanto, l’uomo era consapevole della loro “falsità” ma allo stesso tempo, veniva meno anche il fatto che gli oggetti potessero essere frutto di altro reato perchè il sito internet aveva caratteristiche di ufficialità.
La Corte con la sentenza n. 42106 depositata dalla Seconda Sezione Penale il 29 ottobre 2012, richiamando una recente decisione delle Sezioni Unite, ha annullato senza rinvio l’impugnata sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
In particolare, ha ricordato un episodio analogo intercorso tra la Rolex S.A. e Rolex Italia SpA dove era sulla questione è stato deciso che l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, risponde dell’illecito amministrativo previsto dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla L. 23 luglio 2009, n. 99, e non di ricettazione (art. 648 cod. pen.) o di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 cod. pen.), attesa la prevalenza del primo rispetto ai predetti reati alla luce del rapporto di specialità desumibile, oltre che dall’avvenuta eliminazione della clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca reato”, dalla precisa individuazione del soggetto agente e dell’oggetto della condotta nonché dalla rinuncia legislativa alla formula “senza averne accertata la legittima provenienza”, il cui venir meno consente di ammettere indifferentemente dolo o colpa; hanno inoltre puntualizzato che per acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata si deve intendere precipuamente colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso personale. (SS.UU. n. 22225 del 2012 Rv. 252455).
Le Sezioni Unite hanno precisato che: “… la soluzione interpretativa che attribuisce carattere di specialità all’illecito amministrativo in esame si fonda sulla progressione modificativa del testo originario della norma dell’art. 1, comma 7, legge n. 35 del 2005, che trova la sua sistemazione finale con la legge n. 99 del 2009, entrata in vigore il 15 agosto 2009, così che si comprende come l’interpretazione offerta dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 47164 del 20 dicembre 2005 (v. retro par. 2) resta superata proprio dalle citate modifiche. Del resto, la previsione di un semplice illecito amministrativo per gli acquirenti finali di prodotti contraffatti rende la normativa in esame congruente con quella relativa all’acquisto di supporti audiovisivi, fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, in relazione ai quali la suddetta sentenza delle Sezioni Unite ha ritenuto che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 68, si configuri una fattispecie penalmente rilevante a carico di coloro che effettuino l’acquisto a fine di commercializzazione, configurandosi l’illecito amministrativo previsto dall’art. 174-ter legge n. 633 del 1941 soltanto quando l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale…”.
Condividendo questa motivazione la Cassazione ha ritenuto fondato il motivo su cui si basava il ricorso presentato dall’imputato e gli ha dato ragione inquadrando la vicenda dentro l’ambito degli illeciti amministrativi e non penali.

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