Danno esistenziale e comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione
Danno esistenziale e comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione
Suprema Corte di Cassazione Civile Sezioni Unite
Sentenza del 5 settembre 2013, n. 20360
Le Sezioni Unite Civili, con la sentenza che si riporta, ha rigettato il ricorso presentato avverso una decisione del Consiglio di Stato che confermava la precedente sentenza emessa dal TAR Lazio, nella quale veniva rigettata la domanda proposta contro il Ministero della Giustizia, che aveva ad oggetto il risarcimento dei danni derivante da illegittima esclusione da concorso con successiva immissione in servizio, a seguito di annullamento giurisdizionale dell’esclusione.
Nella valutazione complessiva della circostanza esaminata dai supremi giudici, la Corte osserva che “il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento del danno, proposta dalla attuale ricorrente sul rilevo che la mera illegittimità dell’atto non è di per sè sufficiente ai fini del riconoscimento ex art. 2043 c.c. della responsabilità della Amministrazione occorrendo a tale scopo anche la dimostrazione della colpa della P.A. Analogamente, ha rilevato il Consiglio di Stato, ai fini del risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 c.c. il pretium doloris del concorrente illegittimamente escluso e poi assunto in ritardo, può trovare spazio, secondo conforme giurisprudenza del Consiglio stesso, solo in presenza di comprovati profondi turbamenti della psiche del concorrente causati da danni o comportamenti dell’amministrazione.
Alla stregua di tale decisum è evidente che il rigetto della domanda della attuale ricorrente, essendo fondato sull’interpretazione di norme invocate a sostegno della pretesa, non esprime una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione e non si basa su di un’attività di produzione normativa ovvero su un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia. Le critiche, quindi, sono del tutto estranee all’ambito della previsione di cui alìart. 362 c.p.c. e determinano l’inammissibilità del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza“.
Alla luce di tali osservazioni le Sezioni Unite Civili hanno, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso