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Diritto di abitazione e casa coniugale

Diritto di abitazione e casa coniugale
Corte di Cassazione II Sezione Civile
Sentenza 19 giugno – 22 ottobre 2014, n. 22456
Presidente Oddo – Relatore Bucciante

Con la sentenza in commento, che si riporta al link in fondo alla pagina, la seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha trattato un caso relativo al diritto di abitazione con preciso riferimento alla casa coniugale.

Più nello specifico, i giudici di Piazza Cavour sono stati interpellati dal ricorrente che lamentava che la Corte d’appello, ritenendo che la sentenza di primo grado non fosse stata impugnata adeguatamente sul un punto specifico, ha eluso la questione che ovvero se il padre del ricorrente (l’altra parte in causa) fosse titolare del diritto di abitazione sull’appartamento oggetto della controversia, pur se al momento della morte del proprio dante causa (la madre del ricorrente) l’immobile da oltre cinque anni non era più la loro casa familiare, essendosene il marito allontanato fin dall’epoca della loro separazione.

casa coniugale

La Cassazione sul punto ha deciso di ritenere fondata la censura poichè “Dagli atti di causa – che questa Corte può direttamente prendere in esame, stante il carattere di error in procedendo del vizio denunciato: cfr. Cass. 10 settembre 2012 n. 15071 – risulta che il ricorrente, nell’adire la Corte d’appello, aveva rivolto alla sentenza del Tribunale critiche precise e pertinenti, sostenendo la tesi che il diritto riservato dall’art. 540 c.c. non compete al coniuge superstite che al momento dell’apertura della successione, a seguito di separazione personale, non abita più in quella che era stata la casa familiare, poiché la norma intende assicurare una continuità di residenza che in tal caso è stata ormai interrotta”.

Il quesito, riformulato anche nel terzo grado di giudizio consisteva nel valutare “Se sia conforme al disposto dell’art. 540 c.c. l’attribuzione del diritto di abitazione al coniuge superstite quando lo stesso sia legalmente separato e non più convivente nella casa oggetto della disposizione successoria”.

Gli ermellini rispondono osservando che “la questione, in tali precisi termini, è stata affrontata per la prima volta nella giurisprudenza di legittimità, per quanto consta, solo recentissimamente, con Cass. 12 giugno 2014 n. 13407, che l’ha risolta nel senso propugnato dal ricorrente : si è ritenuto, essenzialmente, che “il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite…, ha ad aggetto la casa coniugale, ossia l’immobile che in concreto era adibito a residenza familiare” e “si identifica con l’immobile in cui i coniugi – secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi – vivevano insieme stabilmente, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare”; che “le espressioni usate dall’art. 540, comma secondo… non lasciano al riguardo spazi a dubbi interpretativi”, riferendosi “alla casa che dai coniugi era stata adibita a residenza familiare (dove il concetto di residenza, di cui all’art. 43, comma secondo, c.c., richiama la effettività della dimora abituale nella causa coniugale)”; che “la ratio della suddetta disposizione è da rinvenire non tanto nella tutela dell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare”, quali “la conservazione della memoria del coniuge scomparso, delle relazioni sociali e degli status simbols goduti durante il matrimonio”; che “l’art. 548 primo comma c.c. equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non separato”, ma “in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare [fa] venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola”, sicché “l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare, evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi”.

Pertanto, la Corte conclude affermando che “alla luce di questi principi – dai quali non vi è ragione di discostarsi, stante la loro coerenza con la lettera e lo scopo della norma da cui sono stati tratti – il ricorso principale deve essere accolto“.

Leggi il testo della sentenza

Articolo 540 Codice Civile
Riserva a favore del coniuge

A favore del coniuge è riservata la metà del patrimonio dell’altro coniuge, salve le disposizioni dell’articolo 542 per il caso di concorso con i figli [548 c.c.].
Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare [144 c.c.] e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile [556 c.c.] e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli [566 c.c.].

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