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Legittimo il licenziamento se non viene emesso lo scontrino fiscale.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7965 del 18 maggio 2012, ha stabilito che “la mancata emissione degli scontrini fiscali (anche in assenza di uno specifico obbligo legislativo in tal senso), che si traduce nella mancata registrazione dei corrispondenti incassi – pur potendo, già di per sé integrare un comportamento di pericolo prodromico ad eventuali possibili appropriazioni indebite, da parte del cassiere – può costituire un comportamento idoneo a giustificare l’irrogazione della massima sanzione disciplinare ovvero un comportamento tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro ove, come nella specie, sia accertato e non contestato che oltre all’omessa scontrinazione vi siano stati degli ammanchi in cassa (la cui restituzione sia posta dal giudice a carico del lavoratore), a prescindere dalla relativa entità.”

Accogliendo alcuni motivi del ricorso proposto da una società contro la sentenza dei giudici di merito che annullava il licenziamento intimato ad un lavoratore perché ingiustificato e, cassandola con rinvio alla Corte d’Appello in relazione alle censure accolte, i giudici di Piazza Cavour hanno osservato che nella sentenza di merito non sono considerati Corte alcuni orientamenti consolidati, secondo i quali l’attribuzione delle mansioni di cassiere è indice di un particolare livello di fiducia, da parte del datore di lavoro, cui deve corrispondere una particolare diligenza nello svolgimento dei corrispondenti compiti.
Pertanto, ricordando che la valutazione del giudicante deve sempre essere applicativa delle clausole generali di cui all’artt. 2119 e 2016 c.c. la Suprema Corte, relativamente al caso esaminato, afferma che, i giudici di merito hanno erroneamente escluso, oltretutto con una motivazione lacunosa e contraddittoria e in contrasto coi descritti principi di diritto consolidati, che il comportamento tenuto dal lavoratore valutato nel suo complesso e in considerazione delle particolari mansioni svolte, sia stato idoneo a ledere il vincolo fiduciario che deve intercorrere tra le parti del rapporto di lavoro, facendo venir meno la possibilità di ipotizzare un comportamento improntato a regole di correttezza nel prosieguo del rapporto.

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