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Senza il rapporto parafamiliare viene meno il reato di maltrattamento in una grande azienda

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Senza il rapporto parafamiliare viene meno il reato di maltrattamento in una grande azienda
Corte di Cassazione – Sentenza n. 19760 dell’8 maggio 2013

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che “nelle imprese di una certa dimensione il rapporto tra dirigente e sottoposto, ancorché quotidiano, non è mai di tipo ‘familiare’, perché proprio quelle dimensioni marginalizzano i rapporti intersoggettivi esaltando l’aspetto gerarchico, tra soggetti che operano su piani differenti.”

I giudici di legittimità, hanno trattato il caso di un dirigente aziendale imputato in un processo per maltrattamenti ai danni di una dipendente “in relazione a condotte consistite tra l’altro nell’immotivata estromissione da un gruppo di lavoro, nel provocare senso di mortificazione e stress emotivo con atteggiamenti astiosi, nell’adibire a mansioni e compiti non adeguati a titoli e competenze, nell’impedimento di avanzamento a qualifica superiore.

L’uomo veniva assolto dai giudici territoriali “perchè il fatto non sussiste” ma questa conclusione non è piaciuta alla pubblica accusa nè tanto meno alla parte civile che avverto tale decisione hanno proposto ricorso ai giudici del Palazzaccio i quali, con sentenza n. 19760 dell’8 maggio 2013, richiamata la Sentenza 12571/12, anno affermato che “in definitiva, è vero che l’art. 572 c.p. ha ‘allargato’ l’ambito delle condotte che possono configurare il delitto di maltrattamenti anche oltre quello solo endo-familiare in senso stretto. Ma pur sempre la fattispecie incriminatrice è inserita nel titolo dei delitti della famiglia ed indica nella rubrica la limitazione alla famiglia ed ai fanciulli sicché non può ritenersi idoneo a configurarla il mero contesto di generico, e generale, rapporto di subordinazione/sovraordinazione. Da qui la ragione dell’indicazione del requisito, del presupposto, della parafamiliarità del rapporto di sovraordinazione, che si caratterizza per la sotto posizione di una persona all’autorità di altra in un contesto di prossimità permanente, di abitudini di vita (anche lavorativa) proprie e comuni alle comunità familiari, non ultimo per l’affidamento, la fiducia e le aspettative del sottoposto rispetto all’azione di chi ha ed esercita l’autorità con modalità, tipiche del rapporto familiare, caratterizzate da ampia discrezionalità ed informalità. Se così non fosse, ogni relazione lavorativa caratterizzata da ridotte dimensioni e dal diretto impegno del datore di lavoro per ciò solo dovrebbe configurare una comunità (para)familiare, idonea ad imporre la qualificazione in termini di violazione dell’art. 572 c.p. di condotte che, di eguale contenuto ma poste in essere in contesto più ampio, avrebbero solo rilevanza in ambito civile (il cd mobbing in contesto lavorativo, cui fa riferimento tra le altre la sentenza Sez. 6, 685/2011) con evidente irragionevolezza del sistema“.Articolo 572 c. p. 

Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni [c.p. 29, 31, 32].

Se dal fatto deriva una lesione personale grave [c.p. 583], si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
Ideatore e fondatore di questo blog, iscritto all'Ordine degli Avvocati di Palmi e all'Ilustre Colegio de Abogados de Madrid; Sono appassionato di diritto e di fotografia e il mio motto è ... " il talento non è mai stato d'ostacolo al successo... "
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