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Rifiuto di sottoporsi al test del DNA

Corte di Cassazione – Sezione I civile Sentenza n. 6136 del 26/03/2015

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Rifiuto di sottoporsi al test del DNA

Corte di Cassazione – Sezione I civile  Sentenza n. 6136 del 26/03/2015

(articolo a cura dell’avv. Venusia Catania)

La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 6136/2015, ha stabilito che  il rifiuto alla sottoposizione al test del DNA può diventare un elemento determinante al fine di definire il “difetto di veridicità” del riconoscimento.

Nell’anno 2008 un uomo aveva riconosciuto come proprio il figlio della sua convivente che aveva avuto fuori dal matrimonio. Subito dopo si era fatto avanti un ex della donna che sosteneva di avere avuto con la stessa una relazione sentimentale dalla quale era stato concepito il bambino. Il Giudice del Tribunale di Crotone aveva disposto il test del DNA, test che non si è mai effettuato poiché gli appuntamenti stabiliti erano andati a vuoto. Alla luce di tale comportamento il Tribunale emetteva la sentenza dichiarando il difetto di veridicità del riconoscimento. Sentenza confermata anche dalla Corte di Appello.

Ricorrendo in Cassazione, la coppia adduceva che l’impugnazione del riconoscimento può essere accolto solamente nel caso in cui venisse dimostrato che chi ha effettuato il riconoscimento non possa essere il padre o perché  vi è la prova che non poteva aver avuto rapporti con la donna o perché l’uomo è sterile.

Per la Cassazione, la mancata sottoposizione delle parti  al test del DNA, è visto come un comportamento da cui potersi trarre degli elementi presuntivi, inoltre, “nell’attuale contesto socio-culturale caratterizzato da ampie possibilità di accertamento del patrimonio bio-genetico dell’individuo, pensare di segregare l’atto negoziale di accertamento della paternità, escludendo il controinteressato dal fornire la prova del suo difetto di veridicità significa, ignorando il livello attuale delle cognizioni scientifiche e delle potenzialità di indagine, consentire ogni forma di abuso del diritto e, quindi, di adozione mascherata e fraudolenta del minore, non tollerabile in una società civile e trasparente”.

Pertanto, per i giudici di Piazza Cavour, “l’impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del figlio naturale postula la dimostrazione della diversità di paternità rispetto a quella dichiarata, e la relativa prova  può legittimamente articolarsi con ogni mezzo, anche presuntivo”.

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