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Sentenza – Attenuanti generiche, recidiva

Sentenza – Attenuanti generiche, recidiva
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 20 febbraio 2014, n. 8093
Presidente Zecca – Relatore Iannello

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 3/11/2011 il G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria all’esito di giudizio abbreviato dichiarava P.G. colpevole del reato – commesso il 18/07/2011 – di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana (peso complessivo g. 1043,00, principio attivo del 12,99%, n. 5166 dosi medie singole ricavabili) e, riconosciuta la recidiva specifica infraquinquennale, lo condannava alla pena di anni cinque di reclusione ed € 20.000,00 di multa.
Interposto gravame, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza in epigrafe, disattese le censure proposte in punto di affermazione della responsabilità penale, recidiva e diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, riduceva tuttavia la pena inflitta, «in relazione all’entità della condotta», rideterminandola in anni 4, mesi 2 e giorni 20 di reclusione e € 18.000 di multa.
2. Avverso tale decisione propone ricorso l’imputato, per mezzo del proprio difensore, sulla base di tre motivi.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta in suo possesso.
Rileva che, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, né il dato quantitativo, né l’occultamento da parte dell’imputato della sostanza stupefacente al momento dell’arresto, potevano considerarsi circostanze indicative della detenzione anche a fini di spaccio, potendo invece essere compatibili con la giustificazione, dedotta anche nei motivi d’appello, della costituzione di scorte connesse allo stato di tossicodipendenza.
2.2. Con il secondo motivo si duole dell’aumento di pena applicato per la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, riconosciuta in ragione di precedente condanna penale, rilevando che tale circostanza, di per sé, non obbligava il giudice del merito a ritenere sussistente l’aggravante, attesa la presenza di altri elementi valorizzabili in senso contrario, quali la giovane età, l’anteatta vita lavorativa, il comportamento processuale e la lieve entità del precedente penale.
2.3. Con il terzo motivo si duole infine del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche assumendo che al riguardo la corte territoriale non ha tenuto conto degli elementi suindicati e di tutti gli altri previsti dall’art. 133 cod. pen. che, secondo il ricorrente, avrebbero dovuto condurre all’applicazione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.

Considerato in diritto

3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità la valutazione prognostica della destinazione della sostanza stupefacente, ogni qual volta la condotta non appaia correlabile al consumo in termini di immediatezza, deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le circostanze soggettive ed oggettive del fatto (e quindi, in particolare, della quantità, qualità e composizione della sostanza, anche in relazione alle condizioni di reddito del suo titolare), con apprezzamento di merito sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. e, dunque, sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (cfr. e pluribus, Sez U., n. 4 del 28/05/1997, P.M. c. Iacolare, Rv. 208217; Sez. IV, n. 2298 del 03/02/1998, Calamanti, Rv. 210397; Sez. 4, n. 36755 dei 04/06/2004, Vidonis, Rv. 229686).
Nel caso di specie i giudici dell’impugnazione hanno compiutamente esaminato gli elementi probatori acquisiti ed hanno, in piena sintonia con tali acquisizioni, ritenuto di affermare la responsabilità dell’imputato con motivazione del tutto congrua e coerente sul piano logico.
In particolare, quei giudici:
– hanno richiamato il consistente quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, coerentemente ritenuto eccessivo ed ingiustificato se riferito ad un uso personale (trattavasi, infatti, come evidenziato in sentenza, di circa g. 1043,00 di stupefacente avente un principio attivo del 12,99% pari a mg. 129.169,1 per ca. 5.166,8, dosi medie giornaliere ricavabili);
– a fronte di un siffatto dato quantitativo, già di per sé significativo, la corte territoriale ha altresì rilevato che l’imputato non ha provato la disponibilità del denaro necessario all’acquisto, limitandosi genericamente (e solo con i motivi d’appello) a giustificare la detenzione con l’esigenza di una scorta, né del resto ha saputo fornire alcuna specifica indicazione in ordine al luogo dell’acquisto e alle modalità dello stesso.
Trattasi di un percorso argomentativo esauriente e intrinsecamente coerente sul piano logico, pienamente rispondente ai canoni valutativi pacificamente accolti dalla giurisprudenza di legittimità e tale da sfuggire dunque alle generiche censure del ricorrente che, a ben vedere, lungi dal segnalare inesistenti lacune o contraddizioni nella valutazione delle emergenze processuali, si risolvono nell’enunciazione di un mero dissenso rispetto alla stessa ovvero nella richiesta di una sua rivisitazione, non consentita in questa sede.
4. È infondato anche il secondo motivo di ricorso.
La Corte d’appello motiva ampiamente il riconoscimento della recidiva evidenziando che «risulta dagli atti l’intervenuta condanna del P. alla pena di anni due e mesi 10 di reclusione ed € 14.000 di multa per il reato di cui all’art. 73 DPR 309/90 commesso il 21.4.2008 (sentenza del 16.10.2008 irrevocabile l’8.2.2011)» ed affermando quindi la piena idoneità dello stesso a giustificare il riconoscimento dell’aggravante «atteso che, con tali condotte reiterate nel tempo, il P. ha mostrato una scarsa se non inesistente resipiscenza, risultando espressione di effettiva “insensibilità etica e pericolosità”» .
Tale motivazione si rivela pienamente congrua ed esente da censure sul piano logico, quale del resto non può considerarsi quella sul punto svolta dal ricorrente che, anche in tal caso, si limita ad una generica manifestazione di dissenso ovvero alla prospettazione di una mera alternativa valutazione peraltro formulata in termini del tutto generici sulla base di elementi – quali «giovane età, precedente vita lavorativa, comportamento processuale e lieve entità del precedente penale» – in realtà di per sé poco significativi ovvero privi di alcun riscontro processuale e apoditticamente affermati.
L’errore in cui incorre la corte territoriale nel qualificare tale recidiva, oltre che – correttamente – come specifica e infraquinquennale, anche come “reiterata” (trattandosi in realtà di un solo precedente e non essendo stata peraltro in tali termini nemmeno contestata in imputazione, né ritenuta dal primo giudice) si rivela ininfluente e presumibilmente imputabile a mero lapsus calami.
5. È infine infondata anche la terza censura dedotta in punto di diniego delle attenuanti generiche.
Giova al riguardo anzitutto rammentare che, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell’Anna, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo «si ritiene congrua» v. Sez. 6 , n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Inoltre, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso» (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
In relazione alle esposte coordinate di riferimento è da escludersi che, nel caso in esame, il diniego delle attenuanti generiche sia frutto di arbitrio o di illogico ragionamento o che comunque si esponga a censura di vizio di motivazione, avendo il giudice a quo sia pure sinteticamente ma specificamente motivato sul punto facendo in particolare riferimento al precedente penale specifico (già peraltro poco prima, come detto, ragionevolmente valutato come indice, unitamente alla reiterazione del reato, di “insensibilità etica e pericolosità “).
Anche sul punto del resto il ricorso si limita ad una ancora più lapidaria e generica affermazione contraria.
6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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