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Sentenza – Detenzione droga, assistenza passiva, concorrente, connivente

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Sentenza – Detenzione droga, assistenza passiva, concorrente, connivente
Suprema Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza 12 dicembre 2013 – 29 gennaio 2014, n. 4055
Presidente Brusco – Relatore Iannello

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 11/01/2012 la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, riconosceva B.M. colpevole del reato p. e p. dagli artt. 110 e 73, commi lei bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, a lui contestato, per aver acquistato e trasportato dalla Campania in Grosseto e comunque detenuto illecitamente, in concorso con U.A. , n. 37 capsule per complessivi g. 36,97 di sostanza stupefacente di tipo eroina mista a 6 – MAM con percentuale media di purezza del 19,39 % per l’eroina e del 22,24% per il 6 – MAM, equivalente a mg. 4699 di principio attivo puro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e al di fuori dei casi di cui all’art. 75 d.P.R. 309/90, condannandolo alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 18.000 di multa (fatto accertato in Grosseto il 16 marzo 2010).
A fondamento di tale decisione la corte territoriale rilevava che, pur in assenza di dichiarazioni ammissive dell’imputato, di chiamata in correità da parte del coimputato o di elementi di prova storica riferibili in via diretta al contributo causale apportato dal B. all’illecito, nondimeno le dichiarazioni contraddittorie rese dallo stesso circa l’iniziativa del viaggio e, comunque, la mancata indicazione di una sua qualsivoglia plausibile motivazione, in una con l’ammessa consapevolezza degli obiettivi perseguiti dall’U. e con essa dei rischi impliciti nella condotta, giustificavano il convincimento “che l’imputato abbia accompagnato l’U. proprio in funzione della condotta illecita oggetto di procedimento: con ciò stesso apportando alla sua attuazione un contributo causale costitutivo del contestato concorso nel reato”: quanto meno sotto l’aspetto di una agevolazione dell’altrui condotta. Ciò anche considerando il riferito finanziamento del viaggio, anche per il B. , da parte dell’U. , nonostante le sue non floride condizioni economiche e la scelta processuale di quest’ultimo di avvalersi della facoltà di non rispondere, “pur avendo agio, con le sue risposte, di tentare una attenuazione dei profili di responsabilità a lui ascrivibili”.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, B.M. sulla base di due motivi.
Con il primo deduce violazione dell’art. 110 cod. pen..
Richiamata in premessa la distinzione giurisprudenziale tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto (da individuarsi nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, privo cioè di qualsivoglia efficacia causale, il secondo richiede, invece, un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare: Sez. 4, n. 4948 del 22/01/2010, Porcheddu, Rv. 246649) e rammentato che tale distinzione ha condotto, nel richiamato precedente, questa sezione ad annullare senza rinvio la sentenza di condanna dell’imputato, in difetto di elementi concreti per fondare il suo concorso nell’altrui illecita detenzione di droga, desunto dai giudici di merito dal solo fatto che l’imputato viaggiasse, in qualità di passeggero, a bordo di una autovettura sulla quale era nascosta la droga, rileva il ricorrente che, nel caso di specie, in difetto di prova che egli sia stato materialmente presente all’acquisto o che abbia contribuito ad occultare, in tutto o in parte, la sostanza stupefacente acquistata o che abbia finanziato il viaggio e/o l’acquisto dello stupefacente, la sola mancanza di valide giustificazioni del viaggio (che comunque, assume, possono essere rappresentate dall’intento di acquistare a sua volta, in quanto tossicodipendente, sostanza stupefacente per uso personale, immediatamente consumata) non può bastare a fondare il convincimento della realizzazione di un contributo causale alla condotta criminosa altrui.
3. Con il secondo motivo deduce vizio di illogicità della motivazione per aver la corte territoriale inteso desumere prova della partecipazione da un fatto meramente negativo (la circostanza che il B. non avrebbe in qualche modo “giustificato” la propria presenza in compagnia dell’U. ) o addirittura dalle scelte processuali altrui (quella dell’U. di avvalersi della facoltà di non rispondere).

Considerato in diritto

4. Entrambi i motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili, sono fondati.
Com’è noto, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile è richiesto, invece, un contributo partecipativo – morale o materiale – alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell’evento illecito (Sez. 6, n. 14606 del 18/02/2010, lemma, Rv. 247127) assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare (cfr. Sez. 6, n. n. 49764 del 11/11/2009, Hammani, non mass.).
Il concorso ex art. 110 cod. pen. esige infatti un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa, mentre la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale (v. ex plurimis sez. 4, n. 3924 del 05/02/1998, Brescia, Rv 210638; Sez. 6, n. 9930 del 03/06/1994, Campostrini, Rv. 199162; Sez. 6, n. 11383 del 20/10/1994, Bonaffini, Rv. 199634; Sez. 5, n. 2 del 22/11/1994 – dep. 04/01/1995, Sbrana, Rv. 200310).
Più precisamente, in tema di detenzione illecita di sostanza stupefacente, la giurisprudenza di questa Corte suprema – spesso con riferimento al caso del coniuge o convivente, che però non presenta profili tali da non consentire di desumerne affermazioni applicabili anche al caso in esame – ha costantemente escluso il concorso ex art. 110 cod. pen. in ipotesi di semplice comportamento negativo di chi assiste passivamente alla perpetrazione del reato e non ne impedisce ed ostacola in vario modo la esecuzione, dato che non sussiste in tal caso un obbligo giuridico (art. 40 comma 2 cod. pen.) di impedire l’evento (cfr. Sez. 6, n. 12725 del 22 dicembre 1994, Riggio, Rv. 199894).
Ne consegue che il solo comportamento omissivo, di mancata opposizione alla detenzione di droga da parte di “altri” non costituisce segno univoco di partecipazione morale; ferma restando la regola che, ai fini della configurazione del concorso nel reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario e sufficiente che taluno partecipi all’altrui attività criminosa con la semplice volontà di adesione, che può manifestarsi in forme di agevolazione della detenzione anche solo assicurando al correo una relativa sicurezza, consistente nella consapevolezza dell’agente di apportare un contributo causale alla condotta altrui, già in atto ovvero nella disponibilità, anche implicitamente manifestata, di addurre, in caso di bisogno e di necessità, comunque una propria attiva collaborazione, per cui l’aiuto che in seguito dovesse essere prestato viene a rientrare nella fattispecie del concorso di persona nel reato e non del favoreggiamento (Sez. 4, n. 4243 del 22/04/1997, Contaldo, Rv. 207799).
Non ignora questo collegio che, per altrettanto pacifico indirizzo, il concorso è parimenti configurabile anche in ragione della semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo dell’esecuzione del reato, quando essa sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta (v. Sez. 6, n. 1108 del 4/12/1996 – dep. 06/02/1997, Famiano, Rv. 206785).
È quest’ultima situazione che, a ben vedere, presenta i maggiori problemi di inquadramento, potendo non palesarsi con facilità quando la “presenza” sul luogo del reato possa presentare le caratteristiche del contributo penalmente rilevante sotto il profilo dello stimolo o anche solo della maggiore sicurezza all’azione dell’autore materiale.
Certo è, però, che la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime affatto il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una “reale” partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (cfr. Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101).
5. Nel caso di specie il giudice di merito non ha fatto corretta ed integrale applicazione dei principi suindicati.
A ben vedere, infatti, a supporto della affermata responsabilità concorsuale è indicato il mero fatto dell’aver il B. accompagnato il coimputato nel viaggio in treno da questi intrapreso per l’acquisto di sostanza stupefacente, unito alla consapevolezza del primo dei motivi che spingevano il compagno al viaggio.
Si tratta però di elemento che, specie alla luce dei suindicati criteri, si appalesa inidoneo a superare la detta linea di discrimine tra connivenza e concorso, in assenza di dimostrate e spiegate circostanze da cui possa desumersi anche la realizzazione di un contributo positivo, anche solo di tipo morale, diretto ed effettivamente idoneo ad agevolare o anche solo a rafforzare il proposito criminoso del compagno di viaggio.
Le contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni inizialmente rese dall’imputato circa l’iniziativa del viaggio (una prima volta riferita a sé stesso: sarebbe stato cioè l’odierno ricorrente a chiedere all’U. di accompagnarlo a fare un viaggio; una seconda volta invece attribuita all’U. , al quale egli avrebbe chiesto di poterlo accompagnare una volta appreso che lo stesso era in procinto di partire da XXXXXXXX per comperare stupefacente), rappresentano al più ragione di sospetto, troppo debole però – in quanto aperta a varie possibili interpretazioni, non ultima quella della riferibilità del narrato a diverse fasi della programmazione del viaggio – per poterne inferire la prova di un consapevole ed oggettivamente apprezzabile contributo partecipativo nella condotta criminosa altrui.
Analogamente deve dirsi della circostanza, riferita dal coimputato, secondo cui sarebbe stato questi a finanziare il viaggio anche al B. . Anche in tal caso costituisce niente più che frutto di sospetto non suffragato da oggettivi elementi di prova, l’illazione che tale finanziamento postulasse un corrispettivo da parte del B. riferibile alla materiale attuazione del progetto criminoso, corrispettivo che comunque rimane incerto e non provato nella sua effettiva consistenza ed efficacia rispetto al progetto criminoso.
Tanto meno può rappresentare positivo elemento di prova la mera circostanza della mancanza di una “credibile” spiegazione alternativa del viaggio (tale non essendo stata ritenuta la mera riferita volontà di “fare una gita”), né la scelta processuale del coimputato di avvalersi della facoltà di non rispondere, di per sé ovviamente neutra e non utilizzabile quale argomento di prova tanto meno a sfavore di altro imputato.
6. In assenza di altri ipotizzabili elementi di prova non valutati dal giudice di merito, si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver l’imputato commesso il fatto.

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