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Sentenza – Tributi, imposte e cartelle di pagamento

Sentenza – Tributi, imposte e cartelle di pagamento
Suprema Corte di Cassazione
Sentenza 19 febbraio 2014, n. 3923

 
Svolgimento del processo
 

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongano ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento della cartella di pagamento, emessa nei confronti della spa G.G.I., recante l’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, di soprattasse ed interessi, per essere stato effettuato il versamento in acconto di IRFEG ed ILOR per il 1983 in misura inferiore al 92% dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi per l’anno precedente.

Il giudice d’appello, infatti, premesso che, a norma dell’art. 2, terzo comma, della legge 23 marzo 1977, n. 97, l’emesso o ritardato o insufficiente versamento dell’acconto delle imposte dirette – in una misura che nel corso del tempo era passata dal 75 al 98% del tributo pagato nel precedente periodo d’imposta – era sempre stato un inadempimento produttivo di sanzioni ed interessi, non applicati tuttavia qualora il detto acconto, pur inferiore al dovuto, non fosse stato, come nella specie, inferiore al 75% dell’imposta dovuta per il periodo in corso al momento del versamento dell’acconto, come stabilito dal successivo quarto comma , lettera b) dello stesso articolo ha ritenuto che, sebbene nel corso degli anni fosse stata aumentata la percentuale dell’acconto, tuttavia il legislatore, nelle varie occasioni di modifica della detta percentuale, nulla aveva disposto in ordine alla permanenza del sistema di quell’esimente particolare, per cui la norma che lo prevedeva conservava la sua originaria validità.

La società contribuente non ha svolto attività difensiva nella presente sede.

Motivi della decisione
 

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente sostiene, denunciando violazione di legge anche sotto il profilo dell’error in procedendo, che qualora si ritenessero le modifiche incidenti esclusivamente sulla percentuale dell’acconto previsto dall’art. 1 della legge n. 97 del 1977, e non anche sulla soglia di esimente, il mancato versamento della parte eccedente il 75% dell’imposta dovuta non costituirebbe inadempimento, creandosi una franchigia proprio in favore del contribuente inadempiente e rendendosi le norme di modifica inutiliter date.

Con il secondo motivo censura la decisione per vizio di motivazione sul punto.

Il primo motivo del ricorso è fondato, assorbito l’esame del secondo motivo.

In tema di versamenti d’imposta in acconto, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la variazione della misura dell’acconto dovuto dai contribuenti nel mese di novembre di ciascun anno – ai sensi dell’art. 1 della legge 23 marzo 1977, n. 97, come modificata dall’art. 1 della legge 17 ottobre 1977, n. 749 -, sulla base dell’imposta indicata nella dichiarazione annuale relativa al periodo precedente (misura progressivamente elevata dall’originario 75 per cento, stabilito nella norma citata, al 90, al 92 ed infine al 98 per cento, con successivi provvedimenti legislativi), ha via via comportato la corrispondente elevazione della soglia minima di versamento richiesta dall’art. 2, quarto comma, lett. b), della menzionata legge n. 97 del 1977, ai fini della non applicabilità delle disposizioni – in materia di interessi e soprattasse per mancato, ritardato o insufficiente versamento – di cui agli artt. 9 e 92 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Ne assume rilievo, in contrario, la circostanza che solo con il d.l. 2 marzo 1989, n. 69 (convertito nella legge 27 aprile 1989, n. 154), sia stata espressamente modificata la disciplina sanzianatoria, con superamento dell’originario formale aggancio del criterio di non operatività delle sanzioni alla misura del 75 per cento” (Cass. n. 4768 del 2004, n. 10778 del 2006).

Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre vanno compensate fra le parti le spese per i gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Condanna la società contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.100, oltre alle spese prenotate a debito.

Dichiara compensate fra le parti le spese per i gradi di merito.

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