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Testo ordinanza, Separazione, foto, cellulare, addebito

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Testo ordinanza, Separazione,  foto, cellulare, addebito
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1
Ordinanza 23 settembre – 17 ottobre 2014, n. 22084
Presidente Di Palma – Relatore Acierno

Il Collegio

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc.. civ. nel proc. n. 695/2013 “Rilevato che la Corte d’Appello di Messina, pronunciandosi sulla separazione giudiziale di G.P. e G.C. e in parziale riforma della sentenza di primo grado impugnata dalla P., disponeva:
– che il C. non aveva mai negato di aver, ad un certo punto della convivenza coniugale, perso interesse nei confronti della P.;
– che sussistevano elementi univoci e concordanti, già individuati dal giudice di primo cure, sui quali fondare la convinzione che il C. utilizzasse il telefono di (omissis) nel quale erano state rinvenute foto di scene erotiche che la coinvolgevano insieme a varie persone;
– che indubbio era lo sviluppo da parte del C. di un interesse per una diversa tipologia di vita sessuale, che aveva contribuito a causare la suddetta perdita di interesse sessuale nei confronti della moglie;
– che risultava provato che il C. si era sottratto ai doveri nascenti dal matrimonio, dovendosi pertanto addebitare allo stesso la separazione giudiziale;
– che le spese di lite dovevano dichiararsi compensate, per soccombenza reciproca, essendo stata accolta la domanda della P. di addebito al C. della separazione ma non la sua richiesta di vedersi riconosciuto un assegno ed essendo state rigettate tutte le domande proposte dal C. con appello incidentale;
Considerato che avverso tale sentenza il C. ha presentato ricorso per Cassazione, cui ha resistito con controricorso la P., affidandosi ai seguenti motivi:
– violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ e dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 151 cod. civ., ax art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello posto a fondamento della sua `decisione dei fatti che non risultavano provati e non potevano altresì considerarsi alla stregua di fatti notori;
– violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 2697 cod. civ., ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e connesso omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte omesso di considerare ai fini della decisione la pluralità di deduzioni del C., qualificandole come generiche e non provate, allo stesso tempo non ammettendo, senza motivare sul punto, le istanze istruttorie reiterate . dall’odierno ricorrente;
– violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per la compensazione delle spese giudiziali basata sul principio della soccombenza reciproca, ritenuta non sussistente nel caso di specie;
Ritenuto che il ricorso appare in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato;
Ritenuto, in particolare, che:
– il primo e il secondo motivo di ricorso sono inammissibili
essendo diretti a censurare il merito della decisione, ancorché formalmente strutturati come denunce di violazione di legge. La
Corte di Cassazione non è, come più volte ribadito, dotata del potere di riesaminare e valutare il merito della causa, spettando
tale giudizio solo al giudice di merito, il quale ha il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo,
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione. [Cass. 24148 del 2013]
– il terzo motivo di ricorso appare manifestamente infondato. Come costantemente affermato dalia giurisprudenza di
legittimità, la valutazione dell’opportunità di compensare le spese processuali rientra fra le facoltà discrezionale del giudice di merito essendo circoscritto il potere della Corte ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. [ex multis 20457 del 20111. Nel caso in esame, tale ultimo principio non risulta violato, apparendo la scelta del giudice d’appello di compensare le spese di lite fondata sul principio della soccombenza reciproca, stante il totale rigetto delle domande del C., resistente in grado d’appello, e il solo parziale accoglimento delle domande della P.;”,
– Ritenuto, infine, alla luce della memoria depositata dalla parte ricorrente che con riferimento al secondo motivo di ricorso la motivazione della relazione deve essere integrata, pur dovendosi pervenire alla medesima soluzione, nel senso che nella sentenza impugnata, la valutazione di “genericità” relativa agli elementi di fatto posti a base della richiesta di addebito della separazione alla P. è rivolta anche alle circostanze da provare mediante la formulazione delle istanze istruttorie rigettate, in forma implicita dalla Corte territoriale. Nella sentenza impugnata, ancorchè sinteticamente si richiama condividendone la decisione, la valutazione negativa del giudice di primo grado e si sottolinea da un lato l’assenza di prove in ordine a fatti idonei ad incidere sul requisito della casualità, riscontrato, invece, specificamente nella speculare domanda di addebito formulata nei confronti del ricorrente, dall’altro la genericità e conseguente irrilevanza di quelle formulate dal ricorrente . Per quanto riguarda gli altri motivi la memoria reitera quanto già contenuto nel ricorso ed esaminato esaurientemente e condivisibilmente nella relazione depositata.
– Ritenuto, in conclusione che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento in favore della parte contro ricorrente che liquida in E 4000 per compensi; E 100 per esborsi oltre ad accessori di legge.

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