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Corte dei Conti, Sindaco, retribuzioni, atti che non rientrano nella sua competenza

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Sindaco, retribuzioni, atti che non rientrano nella sua competenza
Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Puglia
Sentenza 10 gennaio – 26 giugno 2013, n. 1014

La Sentenza in commento nasce a seguito di un esposto presentato da un consigliere comunale che ha agito contro i sindaci (sia quello uscente che il neo-eletto), il dirigente, e la responsabile del servizio personale, contestando loro i danni arrecati al comune per delle retribuzioni che erano state erogate.

Testo della Sentenza

Corte dei Conti

Sezione giurisdizionale per la Puglia

Sentenza 10 gennaio – 26 giugno 2013, n. 1014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA

composta dai seguenti magistrati:

SCHLITZER dott. Eugenio Francesco PRESIDENTE

RAELI dott. Vittorio CONSIGLIERE RELATORE

MIGNEMI dott. Giuseppina REFERENDARIO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 31137 del registro di segreteria, promosso della Procura regionale nei confronti dei sigg.ri: [VARI].

Visto l’atto di citazione depositato il 29 febbraio 2012;

Esaminati gli atti e documenti del fascicolo di causa;

Uditi nella pubblica udienza del giorno 10 gennaio 2013 il relatore, Consigliere, dott. Vittorio Raeli, e il VPG dott. Antonio Trocino, nonchè i difensori delle parti costituite;

Considerato in

FATTO

1. Con esposto in data 16.02.2007 , un consigliere del Comune di Fasano denunciava la presunta illegittima erogazione di una indennità pari al 30 % della retribuzione di posizione al dott. V. F., per l’incarico ad interim di dirigente della Polizia Municipale.

La Procura Regionale accertava, quindi, la esistenza di una fattispecie di danno erariale, consistente nell’essere stata erogata in favore del dr. V., dirigente del Comune di Fasano, una maggiorazione stipendiale pari al 30% della retribuzione per l’incarico ad interim di Comandante della Polizia Municipale.

E ciò, in violazione del principio della onnicomprensività del trattamento retributivo dei dipendenti del pubblico impiego e, in specie, dei dipendenti comunali.

Più precisamente, con atto n. 406 del 30.12.2004, la Giunta comunale di Fasano suddivideva i ruoli dirigenziali in tre fasce retributive, stabilendo che al dirigente cui è attribuita la responsabilità di un ruolo dirigenziale ad interim debba essere attribuita una indennità pari al 30% della retribuzione di posizione proporzionalmente alla durata dell’incarico.

Rileva la Procura che, con successivo decreto n. 7 del 08.02.2013, a firma del sindaco V. A. era prorogato al dr. V., a far data dal 1 gennaio 2006, l’incarico di direzione del Servizio personale, del Progetto acquisti e di coordinatore dello staff di supporto del Sindaco e della Giunta, stabilendo che tale incarico aveva durata fino al 30 giugno 2006 e confermando per tutta la durata del presente decreto – e fino alla ridefinizione delle posizioni dirigenziali – una maggiorazione stipendiale pari al 30% della retribuzione della posizione in godimento, pari ad Euro 5.58,00.

Con delibera di Giunta n. 267 del 03.08.2006 si procedeva alla ripartizione del “Fondo Dirigenza Comunale anno 2006” e con successivo decreto sindacale n. 12 del 23.3.2006 al dr. V. era assegnata ad interim la direzione della Polizia Municipale, attribuendo al medesimo una maggiorazione stipendiale pari al 30% della retribuzione di posizione del Comandante di Polizia Municipale.

Il dr. V., in esecuzione del precedente decreto sindacale 12/2006, con propria determina n. 930 del 5.4.2006, si attribuiva, quindi, una maggiorazione stipendiale pari ad euro 1.445,00 per il periodo dal 24 marzo al 30 giugno, corrispondente al 30% della retribuzione di posizione del Comandante della P.M., dando mandato al Servizio del personale di erogare la citata somma.

Con decreto sindacale n. 23 del 21.06.2006 l’incarico conferito al dr. V. e retribuito nella misura del 30% della retribuzione della posizione di reggenza del Comando Polizia Municipale veniva prorogato al 31.12.2006 ed il medesimo V. con propria determinazione del 10.08.1009 si auto attribuiva una maggiorazione stipendiale pari ad Euro 3.120,00 come rilevato dalla stessa Procura e dai documenti in atti.

Con determinazione n. 2079 del 22.08.2006, l’odierno convenuto dr. V., erogava i conguagli maturati dalla dirigenza del comune per il periodo dal 01.01. al 31.08.2006, attribuendosi nella sua qualità di responsabile del settore di Polizia Municipale una somma di Euro 175,00.

In seguito, la Giunta comunale con delibera del 31.08.2006, n. 298, in attuazione della delibera 406/2004 sanciva che: “la maggiorazione stipendiale da applicarsi nel caso di attribuzione aggiuntiva della direzione Polizia Municipale, anche per garantire l’effettiva remuneratività dell’incarico a fronte dell’incisivo ridimensionamento degli emolumenti derivante dalle vigenti decurtazioni fiscali, debba corrispondere al 60% della retribuzione di posizione attualmente spettante al ruolo di dirigente Polizia municipale, a decorrere dal 1° settembre 2006”

La Pubblica accusa, evidenzia che la dr.ssa N. C. , con determinazione dirigenziale a propria firma del 07.09.2006, nella sua qualità di responsabile del Servizio del Personale, stabiliva di attribuire: “per il periodo dal 1° settembre al 31 dicembre 200, al dr. F. V., un’ulteriore maggiorazione stipendiale pari ad Euro 2.080,00, corrispondente alla differenza tra il 60% della retribuzione di poszionione del Comandante di P.M. e la retribuzione per interim attualmente in godimento, rapportata al periodo di effettivo svolgimento dell’incarico ad interim di dare atto che la retribuzione mensile per l’interim del Comando Polizia Municipale è pari ad Euro 1.040,00 mensili….cioè il 60% della retribuzione”

Con decreto sindacale n.1/07 dell’11.1.2007, l’incarico ad interim di direzione del Corpo di polizia municipale veniva prorogato al dr. V., attribuendogli fino al 30.06.2007 una maggiorazione stipendiale pari al 60% della retribuzione di posizione del Comandante.

Al citato decreto sindacale seguiva la determina dirigenziale n. 223 del 22 gennaio 2007, con la quale è stata quantificata l’entità della maggiorazione nella somma di Euro 6.240,00, corrispondente al 60% della retribuzione di posizione (come da determinaizoni nn. 370, 731, 1105,1153 e 1543 del 2007).

Insediatosi, il sindaco P. di D., con decreto del 2.7.2007, confermava e prorogava l’incarico fino al 31.12.2007, in relazione al quale il V. percepiva la maggiorazione di ulteriori 6.240,00 Euro (determinazione dirigenziale n. 1620 del 10.07.2007)

Evidenzia, dunque, la Pubblica Accusa, la palese violazione del principio di onnicomprensività del trattamento stipendiale del personale della Pubblica Amministrazione della dirigenza degli enti locali,cristallizzato sia nella normativa statale (art. 2 d.lgs. 165/2001 e s.m.) che nelle disposizioni contrattuali collettive in subiecta materia.

In tal guisa, la Procura ritiene che quanto disposto dai contratti collettivi dell’area dirigenti enti locali, stipulati in data 23.12.1999 e 22.2.2010, non consenta di attribuire una maggiorazione della retribuzione di posizione al dirigente che è stato incaricato, ad interim, della titolarità di un altro settore come nel caso di specie, della Direzione del Corpo di Polizia Municipale.

Quanto affermato risulterebbe palese anche dai pareri resi dall’Aran a decorrere dal 2002, nonchè secondo quanto sancito dalla Commissione Speciale sul Pubblico impiego del Consiglio di Stato del 4.5.2005.

Ad avviso della Procura, ogni compenso ulteriore rispetto a quello spettante a titolo di retribuzione di posizione deve affluire nel fondo retributivo dell’amministrazione erogatrice, per essere, di norma, pagato sotto forma di retribuzione di risultato anche alla stregua di quanto è previsto dall’art. 24 del dlgs 29/93 ( ora d.lgs. n. 165/2001 ) che sancisce: “la retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlto alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità” (comma 1) ed inoltre che “il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”(comma 3)

Da qui consegue, secondo la prospettazione accusatoria, che per gli anni 2006 e 2007 il dr. V. ha percepito indebitamente la somma di Euro 17.680,00 siccome risulta dalla documentazione versata nel fascicolo di ufficio.

Ai suddetti convenuti il procuratore regionale ha addebitato la complessiva somma di Euro 17.680,00 debitamente rivalutata ed aumentata degli interessi e delle spese di giudizio, ripartita, pro quota, così come segue:

– 1/10 ciascuno per i sigg. D. e N.;

– 3/10 per il sig. A.;

– 5/10 a carico del dr. V..

2. In data 04.07.2012 il dr. V. F. ha depositato nota, a sua firma, dalla quale risulta che lo stesso ha proceduto alla restituzione al Comune di Fasano della somma di Euro 8.840,00.

3. Il dr. D. P., ha depositato nota,a sua firma, del 19.12.2012 dalla quale risulta che lo stesso ha corrisposto la somma di Euro 900,77 a titolo di risarcimento del danno, e 150,00 a titolo di rimborso spese a tacitazione di eventuali pretese di danno erariale due ricevute di bonifico. Successivamente, lo stesso convenuto, in data 09.01.2013 ha proceduto ad un altro versamento integrativo del precedente di complessivi euro 1.286,80 a titolo di concorso nel risarcimento del danno.

4. L’ing. A. V. si è costituito in giudizio, con memoria depositata in data 13 giugno 2012, eccependo:

– l’improcedibilità del giudizio, per il decorso dei termini di prescrizione dell’azione contabile, nel rilievo che il danno lamentato si sarebbe verificato per effetto della delibera di Giunta n. 406 del 30.12.2004, in quanto i successivi decreti sindacali dei quali egli risulta firmatario, nonché la delibera di Giunta del 31.8.2006, n. 298, con la quale si stabiliva la maggiorazione stipendiale del 60%, sono stati adottati sulla scorta di quanto già statuito dalla prima delibera;.

– l’applicazione del beneficio della scriminante politica, atteso che il medesimo convenuto ha sottoscritto la delibera di giunta incriminata senza alcun sospetto di irregolarità, avendo agito in buona fede, conformemente ai pareri di regolarità tecnica contabile del responsabile di ragioneria, consentendo di adottare all’organo politico le proprie deliberazioni;

Successivamente, con memoria depositata in segreteria in data 19.12.2012, il convenuto ha richiesto il rigetto della domanda della Procura, in quanto infondata, asserendo che la somma di Euro 8.840,00 indebitamente percepita dal V. a titolo di maggiorazione stipendiale va richiesta al dr. V. unico responsabile.

5. Si è costituita in giudizio la dr.ssa N. C., con memoria depositata in data 29.05.2012, eccependo:

– l’intervenuta prescrizione per quanto riguarda la deducente, considerato che l’atto riferibile alla convenuta risale al 7.09.2006, mentre l’invito a dedurre della Procura regionale è stato notificato il 2.11.2011;

– il difetto di legittimazione passiva per quanto riguarda la delega di firma, in quanto con l’ordinanza n. 9/2006, la convenuta non ha acquisito poteri e facoltà , che, in base all’ordinamento, sarebbero spettati esclusivamente al delegante e, pertanto, sarebbe escluso l’elemento soggettivo

– che alla stessa sarebbe riferibile esclusivamente la determinazione 2181/2006, diversamente da quanto asserito dalla Procura in merito alla maggiore somma di 1/10 del danno in contestazione;

– l’assenza di dolo e/o colpa grave.

6. Nell’odierna pubblica udienza, l’avv. Marco N., in rappresentanza della dott.ssa N., e l’avv. Francesco Ruggiero, per l’ing. A., hanno confermato quanto già dedotto per iscritto.

Il Procuratore regionale, a sua volta, ha ribadito quanto sostenuto e confermato la richiesta di condanna.

Ritenuto in

DIRITTO

1. Il presente giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente una ipotesi di danno erariale riconducibile alla violazione delle disposizioni di legge in materia di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti , che avrebbe determinato l’indebita corresponsione della somma di euro 17.680,00 al dr. V. nella sua qualità di dirigente ad interim del Servizio di Polizia Municipale.

1.1. In via preliminare, per quanto riguarda la posizione del D., il Collegio ritiene cessata la materia del contendere, avendo lo stesso effettuato un primo versamento, pari ad Euro 900,77, in data 19.12.2012 , a titolo di risarcimento del danno e di Euro 150,00, a titolo di rimborso delle spese di giustizia.. Successivamente, lo stesso convenuto, in data 09.01.2013, ha proceduto ad un altro versamento, integrativo del precedente, di complessivi Euro 1.286,80 a titolo di risarcimento del danno. Entrambi i versamenti vanno a coprire l’importo di € 1.768,00, pari a 1/10 dell’importo complessivo, che costituisce la quota di danno che la Procura ha addebitato al D., chiedendone la rifusione.

1.2. Ciò premesso, può passarsi all’esame della questione che ha determinato il sorgere della fattispecie dannosa.

Nel caso di specie, infatti, si sono susseguiti, come indicato dalla Procura, una serie di atti illegittimi (delibere di Giunta comunale nn. 406/2004, 146/2006, 191/2006, 267/2006, 298/2006; decreti sindacali nn. 7/2006, 12/2006, 23/2006, 1/2007, 18/2007 e determine dirigenziali 223/2007, nn. 370, 371, 1105, 1153, 1154/2007, 1610/2007) volti alla indebita erogazione di compensi nei confronti del dr. V. per l’espletamento dell’incarico ad interim di dirigente della Polizia Municipale.

Ritiene il Collegio che quanto dedotto dalla Procura in merito alla violazione delle disposizioni in materia di onnicomprensività deve essere condiviso.

Ed invero, risultano destituite di fondamento le tesi difensive del dr. V., che ritiene sussistere un risparmio di spesa da parte del Comune di Fasano in considerazione del conferimento dell’incarico ad interim al medesimo, perché nel nostro ordinamento, vige attualmente il principio della c.d. onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici e, in particolare, ai fini che qui interessano, del personale con qualifica dirigenziale. In tal senso depone l’art. 24 d.lgs 165/01, meramente ricognitivo della normativa già vigente, alla cui stregua “…la retribuzione del personale con qualifica dirigenziale è determinata dai contratti collettivi…”(comma 1) e “…il trattamento economico…remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti…nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa…” (comma 3).

La norma è chiarissima e non ammette dubbi interpretativi: la retribuzione dirigenziale, stabilita dalla contrattazione collettiva, è solo quella e deve remunerare tutti gli incarichi eventualmente assegnati al dirigente, senza che residui alcuna ulteriore possibilità di utilizzazione di istituti economici diversi da quello di cui qui si discute.

A loro volta, le norme della contrattazione collettiva dirigenziale del comparto Regioni-Enti Locali, via via succedutesi nel tempo, e tuttora operanti, nel recepire il surriferito principio, hanno definito la struttura della retribuzione in parola, prevedendo, oltre allo stipendio tabellare, solo la retribuzione di posizione e di risultato (cfr. art. 33 C.C.N.L. del 10.4.96; cfr. artt. 24-32 C.C.N.L. del 23.12.99).

In particolare, la determinazione dei valori economici di tali componenti la retribuzione globale dirigenziale viene definita, sulla base di complessi meccanismi, anche concertativi con le organizzazioni sindacali (cfr. artt. 4, 8 e 26 comma 6 C.C.N.L. del 23.12.99), che tengano conto della collocazione del dirigente nella struttura, della complessità organizzativa, delle responsabilità gestionali interne ed esterne e, comunque, nei limiti del reperimento delle risorse per finanziare siffatte componenti retributive. In tale ottica, va vista la facoltà per le amministrazioni, prevista dall’art. 26 comma 3 C.C.N.L. del 23.12.99, di maggiorare la retribuzione dei dirigenti, laddove venga predisposta l’attivazione di nuovi servizi o di processi riorganizzativi finalizzati al potenziamento di servizi pregressi, ai quali si correli un aumento stabile delle relative dotazioni organiche. Ampliamento, peraltro, non già – si badi bene – delle singole voci retributive, quanto del complessivo fondo che tali componenti reddituali va alimentando: solo successivamente a tale passaggio obbligato è possibile rideterminare l’importo della retribuzione di posizione per singoli dirigenti, ai sensi dell’art. 27 cit. Per mera completezza è a dirsi, infine, come la verifica della sussistenza delle condizioni per l’applicazione del comma 3 dell’art. 26 sia oggetto di contrattazione decentrata integrativa, ai sensi dell’art. 4 C.C.N.L. cit.

In buona sostanza, il sistema contrattuale retributivo, fin qui analizzato, prevede ben precisi e vincolati iter procedurali per far luogo ad eventuali aumenti stipendiali a favore di dirigenti pubblici (e, più in generale, di tutti i dipendenti pubblici), all’evidente scopo di assicurare quella compatibilità finanziaria che deve sempre sorreggere ogni scelta, seppur discrezionale, della P.A. nell’organizzazione della propria attività.

Ed è bene evidenziare che le singole amministrazioni non possono in alcun modo determinare autonomamente nuove voci retributive al di là di quelle previste dalla contrattazione collettiva, a ciò ostando il nitido disposto dell’art. 2 comma 3 T.U. n. 165/01, che devolve esclusivamente a quest’ultima la fissazione delle regole relative al trattamento economico.

Per rimanere nel tema di cui si discute in questa sede, nell’ipotesi di affidamento ad interim di funzioni dirigenziali diverse da quelle di titolarità, è da escludersi la possibilità per il dirigente di usufruire di una maggiorazione della retribuzione di posizione già goduta, ovvero – e a fortiori – di una seconda indennità, laddove a remunerare siffatti incarichi aggiuntivi soccorre l’art. 27 comma 9 C.C.N.L. cit., secondo cui “…le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione devono essere integralmente utilizzate. Eventuali risorse ancora disponibili sono temporaneamente utilizzate per la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno…”.

La stessa Aran, con parere del 08.01.2013, ha correttamente stabilito che l’art. 27, comma 9, C.C.N.L. cit. consente di utilizzare le risorse destinate al pagamento delle retribuzioni di posizione relative a posti di qualifica dirigenziale vacanti per valorizzare adeguatamente la retribuzione di risultato dei dirigenti che, in base alle previsioni del regolamento degli uffici e dei servizi, sono stati incaricati ad interim delle relative funzioni, dovendosi escludere che ad un dirigente possano essere erogate due o più retribuzioni di posizione. In tal senso si è anche pronunciata anche la Sez. Giur. Campania , con sentenza n.1307 del 14.07.2012.

Nel caso di specie, quindi, non vi sono dubbi che il dr. V., con la sua condotta, connotata da colpa grave, in quanto destinatario finale dei vantaggi economici, ha posto in essere un l’illecito consistente nella macroscopica violazione delle norme di legge in materia di onnicomprensività della retribuzione come anche delle elementari regole di buona amministrazione, sicchè l’evento dannoso, sebbene non voluto, si sarebbe potuto evitare rispettando il dettato normativo in materia.

1.3. Il Collegio ritiene, dunque, che la condotta del convenuto – attraverso le determinazioni a lui riconducibili (nn. 930/2006, 2009/2006, 2079/2006, 233/2007) – sia stata posta in essere in spregio delle norme di legge vigenti.

Al riguardo, è indispensabile richiamare sia quanto previsto dall’art. 97 Cost., il quale sancisce che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”, che la disciplina normativa vigente e precedentemente citata in materia di onnicomprensività del trattamento economico.

Nella fattispecie all’esame, l’imparzialità dell’amministrazione non è stata garantita, siccome risulta palesemente dalle citate determinazioni adottate dal medesimo V., al fine di autoliquidarsi il trattamento economico corrispondente in una maggiorazione del 30% della retribuzione della pozione di comandate di polizia municipale.

Il conflitto di interessi in cui ha operato il dr. V. e le perpetrate violazioni di legge in materia di onnicomprensività della retribuzione hanno generato un danno erariale al Comune di Fasano.

Infatti, proprio a riprova di quanto il Collegio sostiene, il convenuto, al fine di ristorare il danno erariale cagionato, ha provveduto a versare, in favore del Comune di Fasano, la somma di Euro 8.840,00, che, però, non elide del tutto il danno erariale, che è rappresentato anche dagli interessi e dalla rivalutazione monetaria, che vanno, pertanto, posti a carico del dr. V. e calcolati, con riferimento ai singoli indebiti pagamenti (€ 1.455,00 – € 3.120,00 – € 175,00 – € 2.080,00 – € 6.240 – € 6.240,00), a decorrere dalle date dei rispettivi atti che quantificavano gli emolumenti (5.4.2006; 21.6.2006; 22.8.2006; 7.9.2006; 22.1.2007; 2.7.2007)

Alla condanna del dr. V., sia pure nei limiti degli interessi e della rivalutazione monetaria, segue quella al pagamento delle spese di giustizia.

2. Ad analogo giudizio di affermazione di responsabilità non reputa, viceversa, il Collegio di pervenire per ciò che concerne gli altri convenuti.

2.1 Diversa è, infatti, la posizione dell’ing. A. V., che è stato convenuto in giudizio per aver sottoscritto varie ordinanze nella sua qualità di sindaco in carica, all’epoca dei fatti, del Comune di Fasano.

Nel caso di specie, il Collegio ritiene che ricorrano gli estremi della c.d. scriminante politica, così come rilevato dalla difesa dell’ing. A..

Come è noto, il D.lgs. 29 del 1993 ha introdotto nell’ordinamento il principio della netta separazione fra l’indirizzo politico- amministrativo, che spetta agli organi di governo, e le funzioni di gestione, che spettano ai dirigenti, e che fino alla data di entrata in vigore del predetto D.lgs 29/1993 entrambi dette funzioni si concentravano negli organi politici di governo

La norma introdotta dall’art. 3, comma 1-lett. a) della L. 639/1996 – che aggiunge il comma1-ter all’art. 1 della L. 20/1994 (“Nel caso di atti che rientrano nella competenza degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato e consentito l’esecuzione”) – può considerarsi il necessario completamento della distinzione tra atti di direzione politica ed atti di gestione.

Si è detto, in giurisprudenza, che intento del legislatore è quello di erigere una barriera protettiva attorno agli amministratori, circoscrivendo la responsabilità amministrativa ai titolari degli uffici tecnici ed amministrativi, e di prevedere una esimente soggettiva in favore dei titolari degli organi politici (c.d. scriminante politica) (cfr. Sez. giur. Toscana , 16 marzo 2009, n. 18; Sez. I centr. App., 7 aprile 2008, n. 154 ; Sez. III centr. App., 7 dicembre 2005, n. 750).

La ratio della disposizione in esame è, infatti, quella di porre a riparo da possibili conseguenze pregiudizievoli – sul piano della responsabilità per danno all’erario – i titolari degli organi politici per gli atti assunti dagli organi tecnici ed amministrativi, nell’ambito di competenze che sono loro proprie, dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 29/1993 (ora D.lgs. 165/2001) e presuppone l’intervento dell’ufficio tecnico o amministrativo come meramente propedeutico alla decisione che compete all’organo politico: una decisione che per il suo contenuto tecnico è condizionata dal parere o da altro adempimento istruttorio dell’ufficio tecnico o amministrativo.

E tuttavia, sebbene di limitata applicazione, la esimente soggettiva della buona fede conserva immutata la sua validità anche nel nuovo assetto dei rapporti tra politica ed amministrazione, in quanto si è osservato che se il legislatore si è preoccupato, da un lato, di garantire spazi di autonomia decisionale alla dirigenza nei confronti di possibili tendenze invasive ed indebite ingerenze da parte dell’apparato politico, con la previsione di una riserva di funzione amministrativa di esclusiva spettanza della dirigenza, dall’altra, comunque, si è preoccupato, con la introduzione della speciale esimente, di tutelare l’organo politico da possibili errori della dirigenza che eventualmente gli sottoponesse l’adozione di decisioni di “competenza dirigenziale “.

Si è voluto, cioè, ribadire che l’istituto della responsabilità amministrativa attiene strettamente al campo della vera e propria attività ( amministrativa ) di gestione e di conseguimento dei risultati, e non anche alla attività intrinsecamente politica, per la quale deve sussistere un altro tipo di responsabilità (politica).

Alla luce di quanto detto, pertanto, nessun addebito può essere mosso all’ing. A. nella sua qualità di Sindaco del comune di Fasano, all’epoca dei fatti, tenuto conto che i pareri di regolarità tecnica del responsabile del servizio personale e di regolarità contabile del responsabile del servizio di ragioneria hanno consentito all’organo politico di adottare le proprie deliberazioni, aventi implicazioni finanziarie, confidando nella legittimità delle stesse.

2.2 Per quanto riguarda la dr.ssa N., parimenti,il Collegio, non condivide la tesi accusatoria, ritenendo che la convenuta abbia dato seguito alla delibera della Giunta comunale 298/2006, in conformità di quanto disposto dallo stesso organo di governo del Comune, e sulla base anche del parere di regolarità tecnica contabile del Segretario generale dell’ente.

Quindi alla luce di quanto precedente, il Collegio ritiene che la stessa abbia posto in essere un atto dovuto, per il quale non vi fosse alcuna discrezionalità nella fase di liquidazione.

Ogni altra eccezione rimane assorbita dalla presente decisione.

2.3. Il proscioglimento dei Sigg.ri A. V. e N. C. comporta ai sensi dell’art. 3, comma 2-bis, L. 639/1996 e dell’art. 10-bis, comma 10, L. 203/2005 la pronuncia sul rimborso delle spese legali da essi sostenute, che possono liquidarsi in € 1.500,00 ciascuno, sulla base della natura della controversia e della attività defensionale spiegata nel presente giudizio.

P.Q.M

definitivamente pronunciando,

DICHIARA

cessata la materia del contendere nei confronti del sig. D. P.;

CONDANNA

il dr. V. F. al pagamento, in favore del Comune di Fasano, degli interessi e della rivalutazione, nei sensi in motivazione, oltre al pagamento di euro 947,46 per spese di giustizia.

PROSCIOGLIE

la dr.ssa N. C. e l’ing. A. V. dalla domanda attrice, liquidando in € 1.500,00 l’importo dei diritti ed onorari di difesa.

Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del dieci gennaio duemilatredici.

L’ESTENSORE
f.to (Vittorio Raeli)

IL PRESIDENTE
f.to (Eugenio Francesco Schlitzer)

Depositata in Segreteria il 26 GIU. 2013

Il Funzionario
f.to (dr.ssa Concetta MONTAGNA)

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