Sentenze Cassazione

Sostanze stupefacenti, un’altra sentenza sulla lieve entità

Sostanze stupefacenti, un’altra sentenza sulla lieve entità
Corte di Cassazione sezione VI Penale
Sentenza 25 settembre – 21 novembre 2014, n. 48427
Presidente Milo – Relatore Bassi

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La Corte di Cassazione, in materia di sostanze stupefacenti, affronta ancora una volta la questione della lieve entità.

Proprio qualche giorno addietro, sullo stesso argomento, abbiamo pubblicato una sentenza molto interessante (Cass. Pen. n. 48433/2014) in cui la Corte di Cassazione spiega in maniera chiara e dettagliata, richiamando anche molte sentenze delle Sezioni Unite, cosa debba intendersi per lieve entità.

Anche nel caso di specie, la Corte ha ribadito che “deve essere tenuto conto delle profonde modifiche intervenute sul regime sanzionatorio della ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 a seguito degli interventi del giudice costituzionale, con sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, e del legislatore con D.L. n. 146 del 2013 (convertito dalla legge n. 10 del 2014) e D.L. n. 36 del 2014 (convertito dalla legge n. 79 del 2014): per le condotte integranti la lieve entità del fatto la forbice edittale è stata ridisegnata in melius e l’ipotesi si è trasformata da circostanza attenuante in ipotesi autonoma di reato

I giudici, esaminando il caso, osservano che non vi è dubbio sul fatto che “la detenzione di 83 grammi lordi di cocaina, con un principio attivo del 41%, pari a quasi 35 grammi netti, da cui siano ricavabili 340 dosi medie singole, sia indicativa della disponibilità di buoni canali di fornitura e di un ampio giro d’affari e, dunque, della non occasionalità dell’illecito smercio” precisando anche che anche gli altri elementi saltati fuori dalle indagini che sono state effettuate, come avere la “disponibilità di un bilancino di precisione, di fogli di carta già tagliati in cerchi – atti al confezionamento delle dosi – nonché di denaro in contanti sono elementi di fatto tutti convergenti nel senso della continuità e sistematicità del commercio al minuto di sostanze stupefacenti“.

Ciò detto, concludono gli ermellini, “anche ad ammettere che parte dello stupefacente fosse destinato al consumo personale del ricorrente, il dato ponderale della sostanza e le modalità e le circostanze dell’agire, così come ricostruite nel processo di merito, presentano dunque connotati inconciliabili con l’invocata ipotesi lieve, in quanto dimostrativi di un agire teso a favorire la circolazione degli stupefacenti, con conseguente non trascurabile entità della lesione o della messa in pericolo del bene protetto dalla norma incriminatrice, che va appunto riferito all’interesse sociale ad evitare ogni diffusione delle sostanze droganti“.

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