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Testamento in favore della badante e circonvenzione di incapace

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Testamento in favore della badante e circonvenzione di incapace
Suprema Corte di Cassazione II Sezione Penale
Sentenza 12 giugno – 3 luglio 2014, n. 28907
Presidente Prestipino – Relatore Rago

La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso di una badande che era stata ritenuta colpevole sia in primo che in secondo grado del reato di cui all’art. 643 c.p. “poiché, per procurare a sé un profitto, abusava dello stato di infermità psichica di una donna malata, sebbene non interdetta o inabilitata, inducendola a compiere un testamento olografo” in proprio favore circa una settimana prima del suo decesso.

Articolo 643 Codice Penale
Circonvenzione di persone incapaci

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore [2], ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da duecentosei euro a duemilasessantacinque euro.

La Cassazione ha ricordato alcuni principi importanti sull’argomento specie con riferimento al fatto che la dante causa non era mai stata dichiarata incapace nè era mai stata prodotta alcuna prova con riferimento al fatto che la ricorrente badante avesse indotto la donna a redigere il testamento in suo favore.

A tal proposito la Corte osserva che “l’art. 643 c.p., inserito fra i delitti contro il patrimonio mediante frode, tutela il patrimonio del minorato ossia di colui che, non necessariamente interdetto o inabilitato, si trovi in una minorata condizione di autodeterminazione in ordine ai suoi interessi patrimoniali”.

Inoltre, continuano gli ermellini, “la legge individua tre categorie di soggetti passivi: 1) i minori; 2) l’infermo psichico; 3) il deficiente psichico.
La condotta penalmente rilevante dell’agente è varia e si realizza quando:
nei confronti dei minori, abusi dei loro “bisogni, passioni o inesperienza”;
nei confronti dell’infermo psichico o del deficiente psichico, abusi del loro stato.
Il fatto che la legge distingua fra infermo psichico e deficiente psichico e non consideri necessario che il soggetto passivo si trovi nella condizione per essere interdetto o inabilitato, induce a ritenere che:
infermità psichica: per tale deve intendersi ogni alterazione psichica derivante sia da un vero e proprio processo morboso (quindi catalogabile fra le malattie psichiatriche) sia da una condizione che, sebbene non patologica, menomi le facoltà intellettive o volitive;
deficienza psichica: è questa un’alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave della infermità, tuttavia, è comunque idonea a porre il soggetto passivo in uno stato di minorata capacità in quanto le sue capacità intellettive, volitive o affettive, fanno scemare o diminuire il pensiero critico. Rientrano in tale categoria, fra l’altro, ad es., l’emarginazione ambientale (Cass. 20/3/1979, Tintinaglia), la fragilità e la debolezza di carattere (Cass. 9/10/1973, Ced 126922).
Peraltro, il minimo comun denominatore che si può rinvenire nelle due predette situazioni, consiste nel fatto che, in tanto il reato può essere configurato in quanto si dimostri l’instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente nel senso che deve trattarsi di un rapporto in cui l’agente abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima a causa del fatto che costei si trova, per determinate situazioni da verificare caso per caso, in una minorata situazione e, quindi, incapace di opporre alcuna resistenza a causa della mancanza o diminuita capacità critica. Tale situazione di minorata capacità dev’essere oggettiva e riconoscibile da parte di tutti in modo che, chiunque possa abusarne per raggiungere il suoi fini illeciti (Cass. 15/10/1987, Rv 175682)“.

L’art. 643 c.p., al fine di ritenere integrata la fattispecie criminosa, prevede (in aggiunta alla minorata capacità di cui si è detto) altri due elementi oggettivi:
l’induzione a compiere un atto che importi, per il soggetto passivo e/o per altri, qualsiasi effetto giuridico dannoso. Per induzione deve intendersi un’apprezzabile attività di pressione morale e di persuasione [Cass. 13.12.1993, Di Falco, CED 196331] che si ponga, in relazione all’atto dispositivo compiuto, in un rapporto di causa ed effetto;
l’abuso dello stato di vulnerabilità. L’abuso si verifica quando l’agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine ossia quello di procurare a sé o ad altri un profitto.

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