Sentenze Cassazione

Sindaco si riserva una strada per parcheggiare ma per la Cassazione non c’è abuso

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Sindaco si riserva una strada per parcheggiare ma per la Cassazione non c’è abuso

Suprema Corte di Cassazione – Penale Sezione Sesta
Sentenza 18 Ottobre 2013 n. 42849

Secondo quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza in oggetto, il sindaco può riservarsi una parte della strada pubblica per parcheggiare la propria auto senza commettere alcun illecito anche se così facendo si rende di fatto la strada impraticabile al transito pendonale.

Con questa decisione la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da parte della Procura avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dai giudici territoriali.

Secondo gli ermellini “la natura pubblica della traversa ove vige un divieto di transito, ma non anche un divieto di sosta, ne consente comunque ia fruizione, per finalità di sosta, a tutti gli utenti della strada, non risultandone impedito l’accesso, da parte di chiunque, sul versante opposto a quello ove si trova posizionata la fioriera: la permanenza di autovetture in sosta, infatti, non impedisce il passaggio pedonale, ovvero il transito di carrozzelle per disabili”.

Ciò detto, la Suprema Corte conclude affermando che “l’art. 323 cod, pen., con il richiamo alla locuzione ‘nello svolgimento della funzione o del servizio’, richiede che il funzionario realizzi la condotta illecita agendo nella sua veste di pubblico ufficiale o di incaricato dl pubblico servizio, con la conseguenza che rimangono privi di rilievo penale quei comportamenti, che, quand’anche posti in violazione del dovere di correttezza, siano tenuti come soggetto privato senza servirsi In alcun modo dell’attività funzionale svolta”.

Articolo 323 Codice Penale
Abuso d’ufficio

Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità

Leggi il testo della sentenza – Suprema Corte di Cassazione – Penale Sezione Sesta – Sentenza 18 Ottobre 2013 n. 42849

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