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Accettazione dell’eredità e prescrizione

Accettazione dell’eredità e prescrizione
Corte di Cassazione sezione II Civile
Sentenza 7 luglio – 14 ottobre 2014, n. 21687
Presidente Triola – Relatore Migliucci

Un argomento molto interessante quello trattato dalla Cassazione con la sentenza in commento, che si riporta al link in fondo alla pagina. I giudici di Piazza Cavour hanno infatti esaminato una questione riguardante l’accettazione dell’eredità relezionata agli atti interruttivi della prescrizione e, più nello specifico, una questione che vedeva come parti in causa da una parte l’Unione Italiana dei Ciechi e dall’altra la Regione Lombardia per la restituzione di alcuni beni immobili (nonchè dei frutti percepiti dalla convenuta in quanto possessore di mala fede) che erano stati lasciati in eredità con un testamento olografo del 1983 da una signora deceduta) e detenuti dal suddetto Ente.

Corte di Cassazione - Sentenza n. 2212/2013La Regione Lombardia si costituiva in giudizio e eccepiva la prescrizione del diritto di accettazione dell’eredità in capo all’Unione italiana dei Ciechi in quanto esercitata oltre il decennio dalla apertura della successione.

La Cassazione ha ricordato dunque che “l’art. 480 primo comma cod. civ. prevede che il diritto di accettare l’eredita si prescrive in dieci anni; il termine decorre dall’apertura della successione, e in caso di istituzione condizionale dal giorno in cui si verifica la condizione; il secondo comma stabilisce che il termine non corre per i chiamati ulteriori se vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati dell’eredità e successivamente il loro acquisto è venuto meno“.

Inoltre, continua la Corte, “da un canto, va osservato che in tema di accettazione della eredità non operano gli atti interruttivi della prescrizione, attesa la natura potestativa del diritto, che si realizza con il compimento dell’atto in cui si concreta l’accettazione; d’altro lato, il termine – definito dalla legge di prescrizione – è soggetto alle cause ordinarie di sospensione e agli impedimenti legali, non ricorrendo altri fatti impeditivi del suo decorso. Certamente ha natura amministrativa l’autorizzazione, a suo tempo prevista art. 17 cod. civ. per l’accettazione di eredità ed il conseguimento di legati da parte delle persone giuridiche. Infatti, tale provvedimento diretto a rimuovere un limite posto al libero esercizio di un diritto, il quale opera “ab estrinseco”, non condiziona l’esistenza o la validità dell’indicata accettazione, ma attribuisce alla stessa efficacia “ex tunc”, con l’applicabilità, durante il procedimento promosso per ottenere detta autorizzazione, dell’art. 5 disp. att. cod. civ., il quale attribuisce alla persona giuridica la facoltà di compiere gli atti conservativi dei propri diritti“.

Secondo gli ermellini quindi “si è rivelata erronea la sentenza laddove, facendo applicazione dell’art. 2935 cod. civ., ha ritenuto che il diritto di accettare l’eredità non potesse essere esercitato prima del passaggio in passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della proprietà di Villa Letizia ovvero prima della individuazione del soggetto che, in quanto proprietario di tale struttura, doveva considerarsi il destinatario dell’istituzione di erede. Ma, in tal modo, i Giudici hanno dato rilevanza a quello che avrebbe potuto considerarsi eventualmente un mero impedimento di fatto che, come tale, è inidoneo a fermare il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2935 cod. civ. Ed invero, l’accertamento della proprietà aveva a oggetto un elemento fattuale concernente la ricostruzione della volontà testamentaria nella individuazione del soggetto istituito erede e certamente non precludeva l’accettazione da parte del soggetto che, peraltro, ne aveva rivendicato la proprietà (poi accertata giudizialmente). Non può condividersi la difforma conclusione alla quale è pervenuto il Procuratore Generale, il quale ha in proposito richiamato la sentenza n. 191 del 1983 della Corte Costituzionale sulla decorrenza del termine di cui all’art. 480 cod. civ. nel caso in cui i figli naturali ottengano la dichiarazione giudiziale di paternità successivamente all’apertura della successione. Al riguardo, va osservato che il principio affermato dalla Corte non è pertinente, posto che nella ipotesi considerata la definizione del giudizio sulla paternità incide sulla capacità a succedere prevista dall’art. 462 cod. civ., che designa le categorie dei successibili: la dichiarazione giudiziale di paternità, riconoscendo lo status giuridico di figlio naturale, rimuove una causa giuridica ostativa all’accettazione da parte di un soggetto che altrimenti non rientrerebbe fra i successibili“.

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
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