Sentenze Cassazione

Amministratore e proprietario ne rispondono penalmente se l’inquilino viene colpito da un fulmine

Cassazione sentenza n. 40050/2012
Quante probabilità ci sono di essere colpiti da un fulmine? E’ stato calcolato (seppur in questo momento non siamo in grado di ricordare quale sia la fonte ufficiale) che mediamente, per una persona comune, le probabilità di essere colpita da un fulmine in un periodo di 80 anni sono circa 1 su 3000.
La precisazione fatta riguardo all’essere “una persona comune” é d’obbligo, infatti, nel caso in cui le abitudini della persona siano tali da facilitare una probabile folgorazione i numeri in percentuale cambiano e parecchio.
In poche parole, se non si frequentano solitamente spazi aperti o nuotate in mare nel bel mezzo di un temporale le statistiche ci confermano i dati sopra descritti che poi, a conti fatti, non sono mica tanto confortanti se solo si pensa che é più facile venire colpito da un fulmine che vincere alla lotteria o al Superenalotto.
Di fulmini ma soprattutto degli effetti di una folgorazione ne sapeva certamente piú di ogni altro uomo al mondo il ranger statunitense Roy Sullivan, vissuto in Virginia tra il 1912 e il 1983, passato alla storia come l’unico uomo che sfidó e vinse le leggi della statistica venendo colpito dai fulmini  (tra il 1942 e il 1977) per ben sette volte.
Non tutti peró hanno questa fortuna. Non tutti sopravvivono alla scarica di un fulmine.
Ma la scarica di un fulmine può originare in capo ad un uomo qualche forma di responsabilità?
Essere colpito da un fulmine, nella quotidianità rappresenta quella remota e quasi impossibile situazione che puó verificarsi ma che di fatto non si concretizza mai.
Purtroppo non é cosi. I fulmini cadono dal cielo e spesso qualcuno per il colpo ci resta secco e la Suprema Corte di Cassazione, nel caso di specie, é riuscita anche ad individuare delle “umane” responsabilità.
Con la sentenza n. 40050/2012 i giudici della Corte hanno stabilito che il proprietario di casa e l’amministratore rispondono penalmente della morte dell’inquilino rimasto fulminato per l’assenza di “salvavita “all’interno dell’abitazione.
Proprio così, i giudici con la toga d’ermellino, hanno respinto il ricorso presentato da una anziana donna, proprietaria della casa, e di suo figlio, che di fatto “le dava una mano” nella gestione del l’immobile, avverso la sentenza della Corte di appello che li aveva condannati entrambi per omicidio colposo.
Tutto accadde a Catania, quando un uomo venne raggiunto da una scarica elettrica mentre si trovava sotto la doccia. Non riuscendo a capire da dove venisse la dispersione di energia elettrica lo sventurato inquilino si recò sul terrazzo in cerca di risposte ma proprio in quel momento senza che avesse in alcun modo armeggiato con i fili elettrici», «venne attinto dalla mortale scarica» e ciò solo «per avere contemporaneamente toccato il tubo conduttore dell’elettricità all’autoclave e l’inferriata a potenziale elettrico zero», dove venne trovato ancora aggrappato dai soccorritori.
A questo punto si é posto il problema di capire se l’impianto elettrico della casa fosse a norma oppure no.
Nonostante un tecnico elettricista confermó che l’appartamento fosse dotato del dispositivo di sicurezza la Corte condannò i due imputati perché a parere dei giudici se così fosse stato «il tragico evento non si sarebbe dato», poiché «l’immediata disattivazione elettrica avrebbe impedito la folgorazione».
Di fatti, nel procedimento é emerso che il suddetto impianto era  «assemblato in modo rudimentale e al quanto approssimativo», tale da escludere, dunque, che la protezione fosse assicurata.
La corte esclude che la responsabilità sia tutta dell’inquilino per essersi recato in terrazza alla ricerca della perdita perché seppur gli era precluso l’accesso alla terrazza la zona «evidentemente era di libero accesso» e riconosce nei confronti del poveretto un concorso di colpa pari al 20%.
Infine, la corte riconosce anche la responsabilità in capo al figlio della proprietaria dell’immobile perché riconosce questo come amministratore di fatto dell’immobile riscuotendone i canoni di locazione, rilasciando la ricevuta e anche perché, dopo l’evento, fu lui ad occuparsi della messa a norma dell’impianto al posto della madre ormai in età avanzata.

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