Sentenze Cassazione

Avvocati : illegittima la pubblicità sul quotidiano

Avvocati : illegittima la pubblicità sul quotidiano
Corte di cassazione – Sezione Unite Civili- Sentenza 13 novembre 2012 n. 19705

La legge permette la pubblicità degli Studi Legali (Dl 223/2006) ma la “moderazione” e il rispetto dei principi deontologici restano sempre le condizioni obbligatorie per l’avvocato che intende farsi conoscere utilizzando questo strumento di comunicazione perché per c’è sempre il rischio che il Consiglio dell’Ordine non valuti positivamente questa forma di promozione, considerandola inadeguata rispetto ai principi di decoro e dignità professionali.

Il caso sottoposto al giudizio della Suorema Corte riguardava un box pubblicitario inserito da uno Studio Legale all’interno delle pagine del quotidiano di informazione “City” di Milano.

Questa situazione é stata varie volte trattata dai giudici con la toga d’ermellino spesso interessati alle dispute e dissapori originati dagli avvocati nei confronti dell’Ordine professionale ma anche nei confronti del Consiglio Nazionale Forense.

Ció che non andava bene per il Consiglio dell’ordine (di Monza) prima e per il CNF dopo riguardava il fatto che il suddetto box pubblicitario conteneva degli slogan che (anche grazie alla grafica utilizzata) ponevano in risalto il dato economico dove peró vi erano “dati equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo”.

Inoltre, “il messaggio integrava modalità attrattiva della clientela con mezzi suggestivi” e, pertanto, era incompatibile con la “dignità ed il decoro professionale, per la marcata natura commerciale dell’informativa sui costi molto bassi”.

Per tutto ció il CNF derubricava la iniziale sanzione di sospensione dell’attività per due mesi a semplice “avvertimento” ma la vicenda interessó giunse comunque dentro le mura del Palazzaccio.

Con la sentenza n. 19705/2012, la Cassazione ha potuto dare peró solo un giudizio sulla ragionevolezza della “concretizzazione” della fattispecie rispetto al principio generale perché come ha osservato non eiste una tipizzazione delle condotte sanzionabili e, pertanto, spettarà agli organi disciplinari il “compito di individuazione delle condotte sanzionabili” e che “non può ammettersi una sostituzione da parte del giudice di legittimità, consistente nella riformulazione o ridefinizione di tali condotte”.

La Corte ha comunque accolto il ricorso presentato da tre dei quattro avvocati interessati al caso per incompetenza territoriale in quanto questi tre erano iscritti all’Ordine di Milano mentre l’altro ricorso (quello presentato dal quarto avvocato) era stato respinto perché il ricorrente era iscritto all’Ordine di Monza.

Secondo la Cassazione infatti riguardo nei procedimenti disciplinari che riguardano gli avvocati non si può procedere  all’applicazione di norme relative al processo civile, “in tema di modifica della competenza per ragioni di connessione, ed a maggior ragione di norme del processo penale, in assenza di un qualunque rinvio operato dalle norme specifiche che trattano della competenza nel procedimento disciplinare contro un avocato”.

“Ciò comporta che anche in sede di giudizio disciplinare, allorché l’illecito è commesso con l’uso della stampa, la competenza per territorio va determinata con riferimento al luogo di perfezionamento dell’illecito e cioè a quello della prima diffusione, che coincide generalmente con il luogo della stampa (poiché lì si è perfezionato l’illecito). Che poi una copia dello stampato possa pervenire in altro luogo del territorio nazionale, ciò non modifica la competenza disciplinare per territorio, già radicatasi in relazione al luogo di consumazione dell’illecito”.

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