Sentenze Cassazione

Cassazione, accesso tempestivo agli atti archiviati nelle banche dati delle finanziarie per il consumatore

Cassazione, il consumatore deve avere un accesso tempestivo agli atti archiviati nelle banche dati delle finanziarie

Corte di Cassazione – Prima Sezione Civile Sentenza 349/2013 depositata il 9 gennaio

Una importantissima sentenza a favore dei consumatori è stata emessa dalla Suprema Corte di Cassazione contro una finanziaria, colpevole di aver classificato un cittadino a sua insaputa come «a rischio inadempimento».

Secondo gli ermellini nei contratti di credito al consumo e di finanziamento personale ci deve essere la massima trasparenza. Per i giudici bisogna dare un pieno e tempestivo diritto di accesso agli atti a chi è segnalato negativamente (ovvero viene macchiato come un soggetto ad alto rischio di inadempimento) da parte di chi ha erogato o mediato il credito.

La sentenza n. 349 depositata il 9 gennaio 2013 dalla prima sezione civile della suprema corte ha stabilito un importante principio di diritto a tutela dei consumatori che impone a tutti i gestori di banche dati di mostrare il dossier del presunto insolvente e, se richiesto, darne copia all’interessato.

Il caso che ha originato la sentenza riguardava un cinquantenne che ha scoperto l’esistenza di una “segnalazione negativa” a suo carico risalente ad una vicenda contrattuale del 2003. L’uomo nonostante avesse presentato una regolare richiesta di accesso alla banca dati della società di finanziamento è stato messo nelle condizioni di conoscere gli atti soltanto all’udienza di comparizione delle parti ovvero dopo aver iniziato una causa contro la società.

Giunti in Cassazione la Suprema Corte ne ha approfittato per ribadire alcuni importanti diritti del consumatore ed, in particolare, quello di accesso tempestivo e senza ostacoli a conoscere la propria posizione negli archivi informatici delle società di finanziamento.

In sostanza, ove vi sia una richiesta «rivolta senza formalità» dall’interessato, la risposta deve arrivare massimo entro 15 giorni che sarebbe il termine pari a quello previsto per l’interpello del Garante, poichè il cittadino è «unico e vero dominus dei dati che lo riguardano», sia nei confronti dell’intermediario che li ha raccolti sia nei confronti di terzi.

Una sentenza storica per il contribuente.

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