Sentenze Cassazione

Cassazione condanna un uomo per aver schiaffeggiato il bullo che infastidiva il figlio

Basta coi bulli ma basta anche coi padri che si fanno giustizia da soli.
La Cassazione ha condannato un uomo perché ha schiaffeggiato il bullo che aveva preso di mira il proprio figlio.
Per la Corte di Cassazione questo atteggiamento é inammissibile e adesso l’uomo dovrà pagare al bullo-vittima un risarcimento per i danni subiti.
Il padre, protagonista del procedimento penale, ha messo fine a modo suo alle prepotenze ripetute subite dal figlio undicenne e, minacciando il bullo di qualche anno più grande del figlio, lo ha fatto inginocchiare e lo ha costretto a chiedere scusa rifilandogli due schiaffi.
I giudici del Palazzaccio hanno chiarito che la «punizione e rieducazione» del bullo non é un compito che spetta ai genitori delle “vittime” e che i modi utilizzati dall’imputato nel caso in specie stanno del tutto fuori dalle «regole della civiltà».
Con la sentenza  n. 39499/12 la Cassazione ha confermato la multa di 3.420 euro con condanna a risarcire il trauma psichico patito dal bullo rendendo del tutto inutile quanto l’imputato aveva rappresentato ai giudici in sua difesa.
L’uomo contestava la decisione della Corte di Appello di Bologna, che lo aveva condannato per violenza privata e percosse ai danni del tredicenne che, in palestra, era solito compiere «ripetute e umilianti vessazioni» ai danni di suo figlio e per questo, dopo l’ennesima angheria, era andato a prendere il bullo e lo aveva portato nella camera da letto dove, prostrato, si era rifugiato la “vittima” e dove ha preteso che l’altro chiedesse scusa al figlio.
In sostanza, il padre-giustiziere prima ha minacciato il bullo, poi lo ha costretto a scusar si e, infine, dopo le scuse, lo ha schiaffeggiato affinché nel futuro smettesse di comportarsi da bullo.
Il Tribunale di Forlí aveva condannato l’uomo a tre mesi di carcere convertiti in 3.420 euro di multa riconoscendo al bullo una provvisionale di 4mila euro come prima tranche risarcitoria dello choc subito.
La decisione di primo grado veniva poi confermata in sede d’Appello e infine anche dai giudici della Cassazione che hanno ritenuto la pena «calibrata e commisurata alla gravità del danno cagionato al minorenne».
Per i giudici di legittimità la sua «persona è stata sicuramente sconvolta e alterata, sul piano psichico, dalla condotta reiteratamente violenta, sotto tutti i profili, dell’imputato, proiettata verso un obiettivo di punizione e rieducazione, assolutamente al di fuori della sua competenza ed estranea alle regole di civiltà che sempre e comunque devono vincolare le azioni e le reazioni dei cittadini».
Pertanto, «per rimediare alla incresciosa situazione», il padre aveva «una singola e civile prospettiva decisionale e operativa» ovvero «rivolgersi, in maniera tempestiva ed efficace, ai gestori del centro sportivo per l’adozione delle necessarie misure preventive e punitive».
Il fatto che ha voluto agire di sua iniziativa non é stato per niente gradido dalla Corte che ha affermato in proposito che la scelta di «agire con molteplice violenza sul giovane e immaturo tredicenne non è stata assolutamente necessitata».

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