Sentenze Cassazione

Cassazione, è maltrattamento trascurare un disabile

Cassazione, è maltrattamento trascurare un disabile

La Corte di Cassazione ha stabilito che gli atteggiamenti rudi e indifferenti nei confronti di un disabile possono costituire reato.
Questo è quanto è emerso dall’analisi del caso che aveva per protagonista una badante che aveva un disabile in affidamento e che, proprio a causa del suo comportamento, si è vista condannare per maltrattamenti.

La badante, una donna ucraina, era stata condannata dalla Corte d’Appello di Roma a otto mesi di reclusione per aver maltrattato un uomo con la sindrome di down e, secondo quanto ha ricostruito il giudice del merito, la donna aveva sempre avuto un “atteggiamento molto rude e imperioso” nei confronti del disabile “sgridandolo ad alta voce”, “non curandosi” della sua igiene personale, “trascurandone l’alimentazione“, lasciandolo anche spesso solo per intrattenersi con le amiche.

La vicenda non ha fatto certamente piacere al fratello del disabile che, durante le visite si era accorto che il fratello era sempre più magro, triste e trascurato. Da qui la denuncia e quindi l’avvio del procedimento a carico della donna.

La sesta sezione penale della Suprema Corte, esaminando il caso ha dovuto dichiarare il reato prescritto ma ha riconosciuto l’imputata responsabile dei maltrattamenti tale reato, infatti “è integrato non soltanto da specifici fatti commissivi direttamente opprimenti la persona offesa, sì da imporle un inaccettabile e penoso sistema di vita ma altresì da fatti omissivi di deliberata indifferenza verso elementari bisogni esistenziali e affettivi di una persona disabile“.

I giudici di Piazza Cavour hanno infine ricordato che “le caratteristiche delle esigenze vitali e dei ben definiti bisogni di socialità e affettività di una persona con sindrome di down “debbono considerarsi, nell’attuale momento storico, acquisiti al patrimonio di conoscenza collettivo, in guisa da non richiedere alcuna speciale perizia e preparazione tecnica o medica, che trascendano il buon senso, una comune sensibilità e un doveroso rispetto per la diversità di una persona disabile, per limiti cognitivi e difficoltà motorie, quale un portatore di sindrome di down“.

Per la Corte ci vuole più sensibilità e rispetto “tanto più doverosi e ineludibili se connessi”, come nel caso in esame, “a un rapporto professionale di affidamento e cura nella persona portatrice di handicap“.

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