Sentenze Cassazione

Cassazione, insindacabili le scelte di gestione dell’impresa

Cassazione, insindacabili le scelte di gestione dell’impresa

Corte di Cassazione – Sentenza n. 579 dell’11 gennaio 2013

La Suprema Corte di Cassazione ha emesso una importante sentenza in materia di lavoro ed organizzazione aziendale.

Con la sentenza in oggetto la Corte, esclude dai poteri del giudice quello di sindacare le scelte imprenditoriali di organizzazione e di gestione dell’impresa.

In poche parole, sarà solo l’imprenditore a decidere la strada da far percorrere alla propria azienda per raggiungere i propri obiettivi di crescita economica, così come vuole la Costituzione quando parla della libertà di iniziativa economica, senza che sia possibile una valutazione da parte dei giudici a cui spetta soltanto un controllo della presenza effettiva di quelle motivazioni che hanno spinto l’imprenditore a determinate scelte e che vi sia coerenza tra la realtà e il comportamento del datore di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità “è affidato alla libera iniziativa imprenditoriale l’eventuale cambiamento dell’organizzazione lavorativa, che implichi anche una riduzione della forza lavoro, al fine di ottenere il migliore risultato economico. Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva deve essere valutato dal datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, poiché tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.. Al giudice spetta invece il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, attraverso un apprezzamento delle prove che è incensurabile in sede di legittimità se effettuato con motivazione coerente e completa.”

Sulla base di queste considerazioni la Corte di Cassazione hanno emesso la sentenza n. 579 dell’11 gennaio 2013 con cui è stato respinto il ricorso presentato da parte di una donna, lavoratrice che riteneva ingiusta la decisione presa dalla Corte d’Appello (che confermava quella presa dal giudice di primo grado) relativa al proprio licenziamento.

In poche parole, la ricorrente sperava che qualche giudice potesse considerare illegittimo il proprio licenziamento ma nè i giudici di merito nè quelli di legittimità hanno accolto le richieste della donna, licenziata dalla Società Cooperativa in cui prestava il proprio servizio di assistenza agli anziani.

Secondo la ricorrente l’errore effettuato dai giudici territoriali riguardava il fatto che la Cooperativa l’aveva licenziata per riduzione del personale nonostante non fosse variato il numero degli anziani da assistere e quindi senza che vi fosse un calo dell’attività.

Dai fatti di causa però è emerso che gli anziani di cui si occupava la Società Cooperativa non erano un numero elavato (meno di dieci) e e la Corte d’Appello aveva osservato che le attività che erano precedentemente svolte dalla ricorrente  venivano adesso svolte direttamente dalla rappresentante legale della società e dalla di le i figlia.

La difesa della lavoratrice ha inoltre osservato che “la corte territoriale, affermando che la domanda della ricorrente era infondata in quanto fondata sulla violazione delle norme sui licenziamenti collettivi inapplicabile stante il limitato numero dei dipendenti, avrebbe comunque omesso di accertare l’illegittimità del licenziamento con riferimento all’art. 3 della legge 604 del 1966 applicabile alle imprese con meno di quindici dipendenti.”

Niente da fare. Per gli ermellini i motivi del ricorso sono infondati poichè le considerazioni logiche fatte dalla Corte territoriale e le prove testimoniali assunte al fine di determinare il requisito dimensionale della Società come anche la consistenza dell’attività stessa, sono del tutto irrilevanti e lo è pure la mancata riduzione dell’attività o sull’impiego di altra forza lavoro costituita da soci lavoratori, proprio sulla base del fatto che l’eventuale cambiamento dell’organizzazione lavorativa è lasciato alla libera iniziativa imprenditoriale.

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