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Cassazione, la depressione non salva il dipendente dal licenziamento

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Corte di Cassazione – Sentenza n. 3058/2013

La Corte di Cassazione lo scorso 8 febbraio, con la sentenza n. 3058/2013 ha dichiarato legittimo il licenziamento del lavoratore, avvenuto senza l’audizione dello stesso, poichè per motivi di “depressione” aveva sempre procrastinato l’incontro.

In pratica, il caso riguardava il direttore di una filiale di una banca che, a seguito di accertamenti, era emerso che lo stesso aveva dato vita a una gestione spregiudicata e superficiale e, pertanto, era stato licenziato.

Nel primo grado di giudizio il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento ma la Corte d’appello aveva censurato questa decisione affermando che il licenziamento era avvenuto nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, sia sotto il profilo dell’immediatezza della contestazione disciplinare che, sotto il profilo della tutela del diritto di difesa.

Si apriva così la strada della Cassazione, l’ultima possibilità rimasta al lavoratore per far valere le proprie ragioni.


Gli ermellini, che hanno esaminato il caso hanno osservato che la continua indisponibilità per motivi di salute del lavoratore, anche se attestato con certificati medici come nel caso di specie, non deve essere utilizzata dal lavoratore come mezzo dilatorio per rimandare sistematicamente il provvedimento disciplinare e paralizzare, così, il potere disciplinare del datore di lavoro.

Per gli ermellini “nulla si può obiettare alla Società appellante che si era mostrata sempre disponibile (per ben quattro volte) affinché l’appellato potesse esercitare il diritto di difesa”;

Infine, conclude la corte, la malattia denunciata dal lavoratore (stato depressivo) “non appariva, in concreto, aver impedito fisicamente al lavoratore di effettuare il colloquio, né di ragguagliare adeguatamente il rappresentante sindacale sulle giustificazioni da fornire rispetto ai fatti contestati”.

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
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