Cassazione : licenziamento legittimo per chi svolge un secondo lavoro durante il periodo di malattia
In materia di licenziamento la Cassazione, con la sentenza n. 16375 del 26 settembre 2012, ha definito la situazione giudiziaria di un lavoratore che durante il periodo di malattia prestava l’attività lavorativa presso altra azienda.
La Corte, chiamata alla valutazione del caso si è espressa stabilendo la legittimità del licenziamento.
Il datore di lavoro ha proceduto ad intimare il licenziamento disciplinare al dipendente perchè quest’ultimo, nel periodo in cui era in congedo per malattia, svolgeva l’attività di addetto alla sicurezza presso una discoteca
In primo grado la decisione era stata favorevole al dipendente infatti il licenziamento veniva giudicato illegittimo dal Tribunale ma successivamente, in Appello, i giudici hanno dato ragione al datore di lavoro ritenendo del tutto proporzionata alla condotta illecita del lavoratore.
Nell’ultimo grado di giudizio i giudici hanno dapprima premesso che “non sussiste nel nostro ordinamento un divieto assoluto per il dipendente di prestare attività lavorativa, anche a favore di terzi, durante il periodo di assenza per malattia” ma poi, continuando in sentenza, hanno precisato che “tuttavia un simile comportamento può integrare una giusta causa di recesso quando la nuova attività sia tale da “far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, o quando l’attività stessa, valutata in relazione alla natura e alle caratteristiche dell’infermità denunciata e, in relazione alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore”.
E’ di pochi giorni fa una sentenza emessa dalla corte su una situazione analoga però decisa inmaniera totalmente opposta.
Stiamo parlando della decisione n. 15476 dello scorso 14 settembre dove la Corte ha trattato il caso di un dipendente che non andava a lavoro perchè malato ma poi è stato visto fare il barista nel chiosto della moglie.
I casi, simili sono però diversi e, per questo la Corte li giudica in maniera opposta. Il barista si limitava ad aiutare la mogli da dietro il bancone mentre nel caso in oggetto il ricorrente svolgeva tutt’altro tipo di lavoro e durante le ore notturne.
Il diverso trattamento avuto dai giudici di legittimità viene ben spiegato nella sentenza quando chiariscono che svolgere un’attività lavorativa che, pregiudichi o ritardi la guarigione del lavoratore, costituisce violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede del lavoratore e, pertanto giustifica il licenziamento.
Inoltre, la compatibilità dell’attività svolta nel corso del periodo di malattia va dimostrata dal lavoratore che, ha quindi l’onere di provare che quanto fa durante il riposo non allunga i tempi della sua guarigione.
Nel caso della sentenza del barman infatti la Corte ha stabilito il reintegro del lavoratore nel proprio posto di lavoro proprio perchè l’aiuto che il dipendente dava alla moglie non era tale da mettere a rischio la pronta guarigione allungando i tempi della ripresa lavorativa di quest’ultimo.