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Cassazione, non commette reato il disoccupato che non versa gli assegni di mantenimento al figlio

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Corte di Cassazione Sesta Sezione Penale – Sentenza n.7372/2013

Nessun reato non versare gli assegni di mantenimento al figlio se l’indennità di disoccupazione è del tutto insufficiente a garantire al padre il minimo sostentamento. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7372/2013 dove ha esaminato la storia di un padre, disoccupato, era stato accusato di violare gli obblighi di assistenza familiare e, in particolare, di non dare al figlio minore quando dovuto mensilmente per il mantenimento.

La vicenda è stata trattata dal Tribunale che ha emesso nei confronti dell’uomo una sentenza di condanna, che veniva in seguito anche confermata dai giudici dell’Appello che affermavano che l’omesso pagamento del dovuto giustifica appieno la responsabilità per il reato regolato dall’articolo 570 del Codice Penale, perché è ininfluente «il comprovato stato di disoccupazione a fronte della altrettanto accertata percezione della indennità di disoccupazione senza che questa, neppure in minima parte, sia stata destinata al sostentamento del minore».

Secondo la difesa del disoccupato però, i giudici di merito non avevano considerato la concreta difficoltà economica in cui versava il suo assistito che seppur volenterosi di dare al figlio l’assegno per il mantenimento non era in condizioni di farlo a causa di una oggettiva impossibilità sopravvenuta nel tempo e, pertanto, avrebbe portato il caso al vaglio dei Giudici del Palazzaccio affinchè si pronunciassero anche su questa questione.

L’uomo quindi è stato costretto rivolgersi alla Corte di Cassazione e ha fatto bene perchè i giudici della sesta sezione penale gli hanno dato ragione accogliendone il ricorso e, ribaltando la decisione di merito, hanno osservando che condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare non può prescindere da un vaglio scrupoloso circa la concreta «incidenza del riscontrato stato di disoccupazione» sulla possibilità di adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza che gravano sul genitore, considerando la posizione della prole. Infatti, se il solo stato di disoccupazione, non è elemento sufficiente per escludere il dovere di fornire sostentamento alla famiglia, può però esserlo la documentazione, allegata da parte dell’interessato, che comprova «difficoltà economiche tali da tradursi in un vero e proprio stato di indigenza economica».

Allineandosi alla pronuncia 5751/2010 la Corte ha sostenuto la necessità di verificare se lo stato di disoccupazione sia realmente legato a uno stato di indigenza, potendo l’obbligato anche disporre di mezzi economici, diversi da quelli di fonte lavorativa, che gli consentirebbero di provvedere ai versamenti.

Il fatto di non aver provveduto nel merito ad accertare concretamente la situazione economica dell’obbligato e della possibilità di quest’ultimo di dedicare una parte dell’indennità al mantenimento del figlio «senza per questo mettere in gioco gli elementi minimi del proprio sostentamento» ha portato ai giudici ad annullare, con rinvio, la decisione impugnata.

Articolo 570 codice penale. Violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore  o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti  o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.

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