Sentenze Cassazione

Compenso forfettario concordato e l’adeguamento del prezzo per il lavoro ulteriore

In virtù del principio portato dalla sentenza che di seguito si analizzerà, il consiglio che possiamo dare ai professionisti, per le prestazioni “extra”, è quello di chiedere subito l’aumento per adeguarne il prezzo.

Il tema relativo alle tariffe professionali ultimamente sta interessando molto gli italiani soprattutto con la pubblicazione del regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, che si invita a leggere cliccando questo link (regolamento tariffe professionali).

Anche la Cassazione sull’argomento ha voluto fare alcune importanti considerazioni. I giudici di Piazza Cavour hanno avuto modo di argomentare sul punto a seguito della richiesta di adeguamento di un architetto che aveva concordato con il cliente un importo forfetario per la ristrutturazione di un immobile.

In particolare la seconda sezione civile della Suprema Corte, con la sentenza n. 15628/2012, ha stabilito che il professionista che ha concordato un compenso forfetario con il cliente può ottenere un adeguamento dell’onorario per le prestazioni ulteriori prestate solo quando la richiesta è immediata.

In sostanza, nel caso di specie hanno respinto il ricorso presentato dal professionista che, terminati i lavori, aveva avanzato la summenzionata richiesta di adeguamento del compenso motivando detta pretesa col fatto che, durante l’esecuzione del mandato, vi erano stati effettuati (perchè costretti dalle circostanze) dei lavori “extra” rispetto alle attività previste rendendo di conseguenza inadeguato il compenso.

Sia nella fase di merito che in quella di legittimità i giudici hanno respinto la domanda affermando che un eventuale incremento delle prestazioni effettuate rispetto a quelle inizialmente previste “avrebbe dovuto essere palesato immediatamente dal professionista al cliente”.

Infatti, hanno proseguito i giudici, è contrario a buona fede “il comportamento del professionista che avesse svolto prestazioni ulteriori rispetto a quelle pattuite, con la riserva mentale di chiedere un compenso aggiuntivo”.

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