Sentenze Cassazione

Falso avvocato danneggia la categoria

Falso avvocato danneggia la categoria
Suprema Corte di Cassazione V Sezione Penale
Sentenza 4 aprile – 18 luglio 2014, n. 31814
Presidente Dubolino – Relatore Caputo

Con la sentenza che di seguito si riporta, la Cassazione ha esaminato il caso di un uomo, dichiarato colpevole dal GUP del Tribunale di Palermo all’esito del giudizio abbreviato, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso consistite nel deposito o nella notifica di atti giudiziari con procura conferita allo stesso come procuratore e difensore di una delle parti e nella successiva iscrizione a ruolo presso il Tribunale civile di Palermo dei relativi procedimenti, ha attestato o comunque dichiarato falsamente al cospetto del giudice, del cancelliere del tribunale e/o dell’ufficiale giudiziario di possedere la qualità personale di iscritto all’albo degli avvocati; perché formava una falsa attestazione di avvenuto deposito, atto pubblico fidefacente, apparentemente proveniente da un cancelliere con la relativa sigla autografa ponendola su un atto di pignoramento mobiliare; perché formava una falsa comunicazione di cancelleria di fissazione di vendita di beni pignorati, apparentemente emessa dal cancelliere del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Catania, atto pubblico fidefacente, recante fittizio numero di protocollo e la sigla apparentemente autografa del cancelliere; per aver contraffatto l’impronta del timbro con la dicitura relativa al cancelliere fotocopiandola sull’atto di pignoramento mobiliare redatto nell’interesse del suo cliente; perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ha esercitato la professione di avvocato curando le pratiche legali di vari clienti senza la speciale abilitazione richiesta;e, infine, per aver indotto in errore il proprio cliente circa la propria qualifica di avvocato e circa l’effettiva pendenza e prosecuzione, fino alla fase esecutiva, del giudizio dallo stesso proposto in realtà mai efficacemente intrapreso e coltivato, procurandosi l’ingiusto profitto di circa 1.250 Euro.

L’imputato veniva condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, liquidati in via equitativa.

La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena irrogata all’imputato, confermando nel resto la sentenza.

Le osservazioni della Corte di Cassazione: “La sentenza di primo grado, richiamata dalla conforme sentenza di appello che si integra con essa (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997 – dep. 05/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145), ha rilevato il discredito causato dall’attività dell’imputato all’intera categoria forense e il pregiudizio di carattere patrimoniale derivato, sia pure indirettamente, ai professionisti regolarmente iscritti dalla concorrenza sleale posta in essere in un determinato contesto dall’autore del fatto, argomentazione, questa, pienamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in tema di esercizio abusivo della professione alla cui tutela l’ordine è preposto, Sez. 4, n. 22144 del 06/02/2008 – dep. 03/06/2008, Dodi ed altri, Rv. 240017)“.

La Corte di Cassazione ha rigettato le doglianze del ricorrente eccetto quella riguardante la qualificabilità della condotta descritta al capo a) come reato ex art. 495 c.p. anzichè come illecito amministrativo di cui all’art. 498 comma secondo c.p. e, pertanto, limitatamente per questa circostanza, ha rinviato alla Corte di Palermo affinchè rideterminasse la pena, affermando che “il Collegio ritiene di dover aderire, affermatosi prima della depenalizzazione della fattispecie di cui all’art. 498 cod. pen., orientamento in forza del quale commette il reato di esercizio abusivo della professione forense (contestato al ricorrente) chi rediga un atto giudiziario, compili e sottoscriva una citazione, una comparsa o un’istanza anche senza arrogarsi il titolo di avvocato o procuratore, laddove, qualora ciò avvenga, si realizza anche il reato (oggi, l’illecito amministrativo) di usurpazione di titoli, che può concorrere materialmente con il primo reato, tutelando le due norme, l’art. 348 e 498 cod. pen., distinti beni giuridici (Sez. 6, n. 10325 del 13/02/1978 – dep. 28/07/1978, Gicca, Rv. 139843)”.

Leggi il testo della sentenza

Leggi un altro articolo oppure cerca un altro argomento

Se hai trovato questa pagina interessante, condividila!