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Impugnabilità dell’ordinanza di reclamo ex art. 410 c.p.p.

Suprema Corte di Cassazione - Sentenza n. 17535/2018 Articolo a cura dell'Avv. Gaia Li Causi

Impugnabilità dell’ordinanza di reclamo ex art. 410 c.p.p.
Suprema Corte di Cassazione – Sentenza n. 17535/2018
Articolo a cura dell’Avv. Gaia Li Causi

Cassazione

Con ordinanza del 25.10.2017 il Tribunale di Palmi dichiarava inammissibile il reclamo proposto dalla persona offesa, ex art. 410 bis c.p.p., avverso il decreto di archiviazione, in quanto tale atto non contestava compiutamente, ma solo genericamente, le argomentazioni poste dal Gip alla base della decisione di archiviazione.

Avverso tale ordinanza presentava ricorso per Cassazione il difensore e procuratore speciale della persona offesa, articolando due motivi.

In primis, denunciava violazione di legge, in riferimento agli artt. 178 comma 1 lett. c) c.p.p. e 410 bis c.p.p., in relazione all’omessa notifica dell’avviso al reclamante della data di fissazione dell’udienza di decisione e della mancata comunicazione della facoltà di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza, previa, eventualmente, remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 410 bis c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre impugnazione in presenza di una palese violazione del diritto di difesa.

In secundis, denunciava violazione di legge, in riferimento agli artt. 392 e 633 c.p., in relazione alla configurabilità del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.

Sul punto si pronunciava, quindi, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 17535 del 1.03.2018 e depositata il 18.04.2018, coglieva l’occasione per ribadire un principio già precedentemente affermato sia dalla giurisprudenza penale di legittimità che dal Giudice delle Leggi e, precisamente, che “L’ordinanza emessa in sede di reclamo a norma dell’art. 410 bis c.p.p. avverso il decreto o l’ordinanza di archiviazione è provvedimento non impugnabile, anche quando si faccia questione di violazioni del diritto al contraddittorio, per effetto di una disciplina che deve ritenersi conforme ai principi costituzionali e sovranazionali”.

L’art. 111, 7° comma Cost. infatti prevede che “contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso per violazione di legge”.

La Sesta Sezione, pertanto, ha preliminarmente dovuto rispondere al quesito se un provvedimento emesso in sede di archiviazione di un procedimento penale potesse o meno essere qualificato, in senso sostanziale, come sentenza.

Riprendendo, quindi, un costante insegnamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la Sesta Sezione ha ribadito “l’intrinseca differenza fra le sentenze e altri provvedimenti sforniti di uno specifico valore decisorio che non sia quello rebus sic stantibus, come l’ordinanza o il decreto di archiviazione”.

Rifacendosi, invece, a numerose decisioni del Giudice delle Leggi, con la sentenza in commento la Sesta Sezione ne ha poi sottolineato la natura “interlocutoria e sommaria … finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul merito dell’imputazione”, giungendo poi a definire il decreto di archiviazione come un provvedimento “privo di stabilità, in quanto può sempre essere superato da una successiva riapertura delle indagini”.

Tutto ciò considerato, la Sesta Sezione è quindi giunta ad affermare il principio per cui alle ordinanze non impugnabili pronunciate in sede di reclamo ex art. 410 bis c.p.p. non si applica la garanzia del ricorso per Cassazione prevista dall’art. 111, 7° comma Cost., per le sentenze.

Affermato ciò, la Sesta Sezione con la sentenza in commento ha poi verificato se siano però ipotizzabili rimedi nel caso in cui, come nel caso di specie, il provvedimento di controllo sia stato emesso con violazione del diritto al contraddittorio dell’istante.

Infatti, considerato come l’art. 410 bis c.p.p. prevede che le parti debbano essere avvisate dell’udienza fissata per decidere sul reclamo almeno dieci giorni prima della stessa e, pur non avendo la facoltà di intervenirvi, possano presentare memorie fino a cinque giorni prima della data stabilita, è necessario assicurare al reclamante la possibilità di interloquire con tale memoria.

Ciò considerato, i Giudici della Suprema Corte hanno concluso ritenendo che “il rimedio che appare ipotizzabile al Collegio è quello della richiesta di revoca del provvedimento adottato dal giudice del reclamo in difetto di contraddittorio, invocata sul presupposto di tale vizio”.

Questo anche sulla scorta di un’analisi letterale dell’art. 410 bis c.p.p. che definisce la medesima ordinanza come “non impugnabile”, ma non come “non revocabile”.

Considerata, quindi, la non impugnabilità dell’ordinanza di reclamo ex art. 410 bis c.p.p. la Sesta Sezione della Suprema Corte di Cassazione è dunque giunta a dichiarare inammissibile il ricorso proposto, senza che però sia stato possibile esaminare la questione di merito posta nel secondo motivo dell’atto di impugnazione dal ricorrente.

 

 

Art. 410 c.p.p. – Opposizione alla richiesta di archiviazione

1. Con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.
2. Se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.
3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell’articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l’avviso per l’udienza è notificato al solo opponente.

 

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