Sentenze Cassazione

Ingiuria, assolto dopo aver chiamato “vipera” la suocera

suocera

 

Assolto dopo aver chiamato vipera la suocera

Suprema Corte di Cassazione Quinta Sezione Penale

Sentenza n. 5227 del 4 febbraio 2014 

(a cura della Dott.ssa Venusia Catania)

Non è ingiuria dare della “vipera” alla suocera lo dice la Cassazione assolvendo «perchè il fatto non sussiste» un uomo che, per questa parola, ripetuta più volte anche innanzi agli agenti intervenuti a placare una lite familiare, era stato condannato nel 2012 dal Tribunale di Nicosia (Enna).

Con la Sentenza n. 5227 del 4 febbraio 2014, la V sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito che la frase «Mia suocera come una vipera», se pronunciata in un contesto familiare teso, senza ledere il decoro e l’onore, non è reato.

Dopo una lite familiare che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, il genero, nel descrivere l’accaduto ed il comportamento della suocera ha utilizzato per tre volte il termine “vipera”.

A seguito della denuncia per ingiuria della suocera nei confronti del genero, i giudici di prime cure hanno condannato l’uomo poiché l’espressione è considerata offensiva.

In Cassazione la tesi difensiva del genero si è basata sull’inoffensività del termine, poiché è stato pronunciato dopo un’accesa discussione ed in un contesto litigioso, e “comunque non indirizzato all’interessata, ma agli agenti intervenuti al fine di descrivere la scena“.

Gli ermellini hanno ritenuto fondata la difesa prospettata dell’uomo, poiché l’uso di una terminologia offensiva e lesiva del decoro e dell’onore della persona, non è da ritenersi tale se detta in una situazione di forte tensione infatti «Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il solo fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero – scrive l’alta Corte – che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta e ineducata».

In conclusione, ne “discende che la frase sopra riportata, pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l’intervento delle forze dell’ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell’azione della suocera, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l’attivazione della tutela penale“.

Ingiuria
Articolo 594 Codice Penale

Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.

 

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