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La Cassazione si pronuncia in materia di ricettazione e commercio illecito di sostanze dopanti

Dopo esser già stato condannato, dal GUP e dalla Corte d’Appello, per il reato di ricettazione aggravata e violazione dell’art. 9, comma 7, L. n. 376 del 2000 per commercio illecito di sostanze dopanti all’imputato non restava che ricorrere in Cassazione e far valere innanzi ai Supremi Giudici le proprie ragioni difensive.

In particolare, l’uomo sosteneva che l’articolo 9, L. n. 376 del 2000, avrebbe assorbito il reato di ricettazione, in base al fatto che al detentore della droga non veniva contestato il concorso con il delitto di ricettazione e, inoltre, che le citate sentenze non avevano consideravano la tenuità del fatto ex art. 648 c.p.
Anche in sede di legittimità però la musica non è cambiata e l’uomo è stato condannato dai giudici del Palazzaccio i quali, richiamando una precedente decisione, hanno chiarito che “il reato di commercio di sostanze dopanti, attraverso canali diversi dalle farmacie e dispensari autorizzati, concorre con il reato di ricettazione, in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie – potendo essere il reato previsto dalla legge speciale commesso anche con condotte acquisitive non ricollegabili a un delitto – e della omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla protezione della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive.”
La Cassazione, con sentenza 24 settembre 2012, n. 36678, ha confermato il dettato dei precedenti giudici interessati al caso ribadendo che la fattispecie concreta non era da considerarsi come una mera violazione della norma speciale dell’art. 9, L. n. 376 del 2000, poichè vi è stata a “monte” una necessaria e concorrente condotta “acquisitiva” di natura illecita, in quanto ricollegabile a delitto, considerato che le sostanze dopanti in questione erano contenute in “confezioni di tipo ospedaliero”.
Infine, per i giudici di Piazza Cavour, nel caso di specie va esclusa la “particolare tenuità” in considerazione del fatto che si è trattato della ricezione di 80 confezioni di farmaci dopanti, del valore complessivo di 1.480 euro.
Per tutti questi motivi la Cassazione ha respinto il ricorso dell’imputato rafforzando la giurisprudenza precedente grazie agli espressi richiami che hanno contribuito a motivare questa decisione.

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