Sentenze Cassazione

La sospensione della prescrizione e le coppie separate

La sospensione della prescrizione e le coppie separate
Suprema Corte di Cassazione I Sezione Civile
Sentenza 4 luglio 2013 – 4 aprile 2014, n. 7981
Presidente Carnevale – Relatore Campanile

Con la sentenza che si riporta di seguito, la Cassazione ha trattato un caso riguardante la sospensione della prescrizione relativa ai diritti tra i coniugi stabilendo in cui ha osservato come la questa non sia applicabile anche per le coppie separate.

Articolo 2941 Codice Civile
Sospensione per rapporti tra le parti

La prescrizione rimane sospesa: 1) tra i coniugi; 2) tra chi esercita la potestà di cui all’articolo 316 o i poteri a essa inerenti [261] e le persone che vi sono sottoposte; 3) tra il tutore e il minore o l’interdetto soggetti alla tutela [357, 424], finché non sia stato reso e approvato il conto finale [386], salvo quanto è disposto dall’articolo 387 per le azioni relative alla tutela; 4) tra il curatore e il minore emancipato[390 ss.] o l’inabilitato[424]; 5) tra l’erede e l’eredità accettata con beneficio d’inventario[484]; 6) tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all’amministrazione altrui e quelle da cui l’amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e approvato definitivamente il conto; 7) tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi [2393]; 8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto [disp. att. 247].

 

 

La Cassazione ha rilevato che “in effetti, il trattamento indifferenziato delle ipotesi concernenti la prescrizione di diritti di natura post-matrimoniale e di azioni esercitate fra coniugi separati trova la sua giustificazione nel fatto che in entrambi i casi i diritti e le azioni esercitate non solo scaturiscono dalla crisi coniugale, ma trovano di regola il loro fondamento in pronunce giurisdizionali conclusive di controversie già intercorse fra le stesse parti. Prescindendo dall’ormai superata ed anacronistica “ratio” concernente le azioni reali, e consistente nella finalità di evitare, attraverso l’usucapione, che fosse aggirato il divieto, ormai insussistente, di donazione fra coniugi, appare comunque contrad-dittorio rinvenire la stessa “ratio” nelle diverse ipotesi delle azioni esercitabili fra coniugi non separati e non, in quanto, mentre nel primo caso appare giustificata la riluttanza ad esperire azioni giudiziarie nei confronti del coniuge convivente, così turbando l’armonia familiare, nel secondo, non solo all’armonia – laddove si prescinda da una eventuale riconciliazione, in realtà abbastanza rara – è subentrata una situazione di crisi conclamata, ma, proprio nell’ambito di essa, sono state necessariamente esperite le azioni giudiziarie correlate alla crisi coniugale. Deve anzi porsi in evidenza come negli ultimi anni l’evoluzione del quadro normativo e l’elaborazione giurisprudenziale (si pensi alla responsabilità endo-familiare) abbiano favorito l’accrescersi delle azioni giudiziarie relative alla soluzione di controversie correlate alla crisi familiare, cui ha fatto riscontro, anche sotto il profilo procedurale, un significativo processo di unificazione dei termini e delle modalità di esperimento delle azioni relative alla separazione personale e allo scioglimento del matrimonio o alla cessazione dei suoi effetti civili“.

Inoltre, continua la Corte “laddove, poi, veniva richiamata la mera attenuazione, nel regime di separazione, del vincolo matrimoniale, non sembra che si sia considerato come, al tenue filo della speranza di una riconciliazione, siano da contrapporre effetti di natura giuridica che in realtà depongono nel senza di una sostanziale esautorazione dei principali effetti del vincolo stesso“.

Infine, concludono i giudici precisando che “non rileva, invero, soltanto il venir meno della convivenza, circostanza già di per sé non ostativa all’instaurazione fra coniugi separati di azioni giudiziarie, che di certo, come già rilevato, non possono determinare una crisi familiare già conclamata, quanto la sopravvenienza alla separazione di rilevanti conseguenze di natura giuridica, tali da consentire una sostanziale assimilazione alla situazione che caratterizza gli ex coniugi, come il venir meno della presunzione di paternità ove la nascita di un figlio intervenga dopo il decorso di trecento giorni, ovvero la sospensione degli obblighi della fedeltà (Cass., 17 luglio 1997, n. 6566) e di collaborazione“.

E, pertanto, deve rilevarsi che “l’interpretazione che qui viene accolta della norma contenuta nell’art. 2941, n. 1, sia da inquadrarsi nel generale e progressivo fenomeno di valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto al principio della conservazione dell’unità familiare che per lungo periodo si è imposta come elemento fondante dell’interpretazione delle norme e dell’individuazione dei principi posti a fondamento del diritto di famiglia“.

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