Sentenze Cassazione

Malattia professionale : risarcimento danni iure hereditario per la morte di un portuale

Cassazione 8 ottobre 2012 – Sentenza n. 17092
 
Malattia professionale : risarcimento danni “iure hereditario” per la morte di un portuale
In materia di lavoro la Corte di Cassazione ha sempre dedicato quella particolare attenzione in piú per tutelare e proteggere gli interessi e i diritti dei lavoratori. 
Purtroppo, anche se parliamo di lavoro l’oggetto della sentenza non riguarda un licenziamento o un cattivo rapporto tra dipendente e datore di lavoro ma una situazione ancor più grave relativa alla richiesta di risarcimento danni per la morte di un lavoratore dovuta a malattia professionale.
Quando alla parola lavoro si accosta quella di amianto si intuisce subito l’argomento di cui si parlerà.
In materia di amianto e risarcimento del danno vi segnalò subito altri due articoli interessanti in cui abbiamo trattato l’argomento:

(Amianto : omicidio colposo dopo 40 anni) dove la Corte ha condannato per omicidio colposo due imprenditori perché non hanno dotato un loro operaio della protezione necessaria e prevista anche negli anni sessanta (DPR 547/1955 e DPR 303/1956)  per difendersi dall’inalazione delle fibre di amianto.

(Amianto: responsabilità del datore di lavoro e risarcimento degli eredi del lavoratore. Cassazione n. 8655/12) dove i giudici hanno ricordato che “la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non essendo di carattere oggettivo, deve ritenersi volta a sanzionare l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo da lavorazione e del connesso rischio”.

Il testo della sentenza n. 17092 dell’8 ottobre 2012 precisa che “in caso di lesione dell’integrità fisica che abbia portato ad esito letale, la vittima, che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della fine, attiva un processo di sofferenza psichica particolarmente intensa che qualifica il danno biologico e ne determina l’entità sulla base non già (e non solo) della durata dell’intervallo tra la lesione e la morte, ma dell’intensità della sofferenza provata”.
Il caso che ha dato origine al processo riguardava un lavoratore portuale, deceduto per mesotelioma pleurico.
Gli eredi chiedevano quindi che venisse riconosciuta e dichiarata sia l’origine professionale della malattia, per l’esposizione all’inalazione di fibre di amianto, sia la responsabilità dell’Autorità Portuale  e dell’armatore che aveva trasportato amianto con la conseguente condanna degli stessi al risarcimento, iure hereditario, del danno morale, esistenziale e biologico nelle misure indicate o in quelle diverse di giustizia.
Per il danno subito veniva riconosciuto agli eredi a compensazione del danno aubito per la perdita del padre, una cifra da questi ritenuta irrisoria.
Il procedimento é arrivato fino a Piazza Cavour e in questa occasione i Giudici hanno avuto modo di ribadire e rafforzare dei principi importanti.
I giudici di legittimità, con riferimento al danno, hanno ricordato che bisogna tenere conto della “sofferenza psichica e morale subita dal danneggiato che ha avuto riguardo alla consapevolezza dell’esito letale della patologia contratta all’interno del danno non patrimoniale (biologico e morale)”.
Inoltre, la citata sentenza ha confermato l’esistenza della trasmissibilità agli eredi anche del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione dell’integrità fisica che abbia poi portato alla morte e la responsabilità dell’Autorità portuale per non aver preso precauzioni atte a proteggere la vita del lavoratore, in quanto all’epoca era conosciuta la pericolosità dell’esposizione all’amianto.
La Cassazione, ha poi chiarito che dal 2011 è previsto un Fondo per le vittime dell’amianto ma che tali erogazioni sono meramente aggiuntive rispetto a quelle del sistema risarcitorio previgente e “non possono escludere alcuno degli altri diritti stabiliti dall’ordinamento per i medesimi soggetti” e che “non si potrà opporre alcuna compensazione né calcolo differenziale tra le prestazioni erogate dal Fondo e il diritto al risarcimento dei danni spettanti alle stesse vittime”.
Sulla base di queste osservazioni la Cassazione ha rinviato nuovamente alla Corte di Appello affinchè emetta una decisione anche tenendo in considerazione tali principi.

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