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Matrimonio riparatore, giudici ecclesiastici, nullità

Matrimonio riparatore, giudici ecclesiastici, nullità
Suprema Corte di Cassazione Prima Sezione Civile
Sentenza 12 novembre 2013 – 24 febbraio 2014, n. 4387
Presidente Luccioli – Relatore Acierno

Con la sentenza che si riporta, la Cassazione ha trattato un caso di “matrimonio riparatore” che è stato annullato dai giudici ecclesiastici ma non da quelli civili.

In poche parole, la Corte d’Appello dell’Aquila ha rigettato la domanda di declaratoria di efficacia della sentenza canonica di nullità del matrimonio pronunciata il 12 dicembre 2007 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Abruzzese di Chieti, ratificata dal Tribunale Ecclesiastico d’Appello di Benevento con decreto del 28 aprile 2010 e resa esecutiva dal Tribunale della Segnatura Apostolica con decreto del 1 febbraio 2011.

Il Tribunale Ecclesiastico Regionale aveva dichiarato nulla l’unione matrimoniale per esclusione dell’indissolubilità nell’uomo attore.

 

 

da “Divorzio all’italiana” , con Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli

 

  

A sostegno della decisione la Corte d’Appello ha affermato:
a) la delibazione delle sentenze ecclesiastiche per ogni tipo di vizio o mancanza del consenso trova ostacolo nel principio di ordine pubblico costituito dall’ineludibile tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole dell’altro coniuge, in tutti i casi in cui l’esclusione dei bona matrimonii o l’apposizione di una condizione siano rimasti nella sfera psichica di uno dei nubendi e non siano stati conosciuti o conoscibili dall’altro coniuge;
b) l’accertamento della conoscenza o della conoscibilità del fatto che ha determinato la mancanza o il vizio del consenso matrimoniale da parte di un coniuge è riservato al giudice della delibazione, anche se sulla esclusiva base della sentenza e degli atti del processo canonico;
c) il giudice della delibazione, pur non potendo mettere in dubbio l’esistenza dell’esclusione o della condizione del foro interno dell’attore, in quanto accertata dal giudice ecclesiastico, deve comunque accertare in modo particolarmente rigoroso che il coniuge, che abbia inteso escludere uno dei bona matrimonii o subordinare a condizione il matrimonio, abbia fatto partecipe in modo espresso o per fatti concludenti l’altro coniuge;
d) dal materiale istruttorio del processo canonico non si rinviene alcun riferimento neppure indiretto alla conoscenza o conoscibilità dell’esclusione dell’indissolubilità del matrimonio da parte del coniuge nè lo si può desumere dai riscontri provenienti da deposizioni testimoniali.

Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione: 

Leggi il testo della sentenza

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