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Nessuna molestia se lo scopo è vedere i figli affidati alla ex

Corte di Cassazione, sezione I Penale sentenza 13 – 27 maggio 2015, n. 22152

Nessuna molestia se lo scopo è vedere i figli affidati alla ex
Corte di Cassazione, sezione I Penale
sentenza 13 – 27 maggio 2015, n. 22152
Presidente Giordano – Relatore Centonze

telefono molestie La sentenza in esame è arrivato fin dentro le aule della Corte di Piazza Cavour poichè un padre era stato condannato dal Tribunale di Milano (procedendo col rito abbreviato) per il reato di cui all’articolo 660 c.p. (così riqualificato dall’originario art. 612 bis c.p.) e conseguenti pene accessorie e risarcimento danno nei confronti della costituita parte civile che avrebbe subito molestie in conseguenza dell’interruzione del rapporto sentimentale tra le parti (da cui era nato un figlio).

Nel corso del processo però emergeva che la parte offesa non aveva subito nessuna pressione psicologica da parte dell’imputato e che le richieste di quest’ultimo riguardavano soltanto la gestione del suo rapporto col figlio minore.

VEniva quindi proposto ricorso per cassazione lamentando la mancanza di elemento oggettivo e soggettivo del reato, l’inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, la mancata applicazione dell’art. 162 bis cod. pen., l’insussistenza dei reati presupposti di molestie o disturbo, l’insussistenza dei reato presupposto di molestie e l’inosservanza del principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Venivano poi depositati ulteriori motivi quali : la mancata applicazione dell’art. 162 bis cod. pen. come conseguenza della riqualificazione del reato; la sopravvenuta causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., conseguente alla particolare tenuità del fatto contestato.

La Cassazione ritenendo fondati i motivi del ricorso riguardanti la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato all’imputato ai sensi dell’art. 660 cod. pen., ha ritenuto assorbiti le ulteriori doglianze difensive annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

Secondo gli ermellini “ai fini della sussistenza dei reato di cui all’art. 660 cod. pen., così riqualificati i fatti contestati all’imputato, sono necessarie la coscienza e la volontarietà della condotta molesta, rispetto alla quale gli intenti perseguiti dall’agente – proprio perché attinenti alla sola sfera interiore dei motivi – non hanno alcuna incidenza sulla finalità dell’azione criminosa in relazione alla quale si configura il dolo. Tali comportamenti, a prescindere dalla liceità o meno delle motivazioni che stanno alla base del comportamento dell’imputato, impongono di accertare che il comportamento del soggetto sia connotato per la sua petulanza, ovvero per quel modo di agire pressante, insistente, indiscreto e impertinente, che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà della persona

Articoli di riferimento:

Sulla tenuità del fatto – (Art. 131 bis cod. pen.)

Articolo 660 Codice Penale
Molestia o disturbo alle persone

Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro.

Articolo 612 bis Codice Penale
Atti persecutori

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Articolo 162 bis Codice Penale
Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative

Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda.
L’oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell’articolo 99, dall’articolo 104 o dall’articolo 105, né quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto.
La domanda può essere riproposta sino all’inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.
Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato.
[In caso di modifica dell’originaria imputazione, qualora per questa non fosse possibile l’oblazione, l’imputato è rimesso in termini per chiedere la medesima, sempre che sia consentita].

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
Ideatore e fondatore di questo blog, iscritto all'Ordine degli Avvocati di Palmi e all'Ilustre Colegio de Abogados de Madrid; Sono appassionato di diritto e di fotografia e il mio motto è ... " il talento non è mai stato d'ostacolo al successo... "
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