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Niente carcere per le mamme se non c’é una reale possibilità di reiterare il reato

Niente carcere per le mamme se non c’é una reale possibilità di reiterare il reato
Corte di Cassazione – Sentenza n. 47861/2012
La Cassazione ha emesso una sentenza molto interessante riguardo alle madri detenute.
Fare la madre da dietro le sbarre non puó certo essere il miglior modo per crescere un figlio ecco perché la Corte ha voluto chiarire alcuni significativi aspetti relativi all’argomento in esame che dovrebbero essere tenuti in considerazione (come la reiterazione del reato) ai fini di una corretta valutazione da parte del giudicante per applicare o meno la custodia cautelare in carcere al posto degli arresti domiciliari.
In poche parole, secondo gli ermellini serve quasi la certezza matematica della recidiva per applicare la custodia cautelare in carcere al posto degli arresti domiciliari, nei confronti di quelle madri che hanno figli minori di sei anni anche se queste ultime hanno commesso dei reati gravi.
Il caso che ha permesso ai giudice della Cassazione di esprimere il loro giudizio su questo tema riguardava una giovane mamma di una bimba di 18 mesi, arrestata perché, insieme al proprio compagno, voleva sequestrare e uccidere una venditrice ambulante alla quale avevano fatto letteralmente “scavare” la fossa da un moldavo.
Fortunatamente il moldavo si é pentito prima che venissero commessi i suddetti reati e proprio grazie a lui questi non si sono concretizzati in quanto ha collaborato coi carabinieri avvisandoli del rischio che correva l’anziana donna.
Il ricorso della donna é stato accolto dalla Cassazione che, con la sentenza 47861/2012, ha annullato l’ordinanza del Tribunale della libertà di Bologna che aveva mandato in carcere la donna togliendola dai domiciliari decisi dal GIP.
La corte ha sottolineato che “La eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari per disporre o mantenere, nei confronti di madre di bambino di tenera età con lei convivente, la misura della custodia in carcere, nell’ipotesi in cui sia stata applicata ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c) cpp., sussiste se il concreto pericolo di commissione di gravi delitti o di delitti della stessa specie per cui si procede sia elevatissimo, così da permettere una prognosi di sostanziale certezza in ordine al fatto che l’indagata, se sottoposta a misure cautelari diverse dalle custodia in carcere, continuerebbe i predetti delitti”.
Secondo la Cassazione il tribunale del riesame ha commesso un errore decidendo di rimettere in cella l’imputata in quanto ha preso questa decisione ritenendo solo “possibile” la reiterazione del reato.
In poche parole, per gli ermellini era necessario esprimere un giudizio di “sostanziale certezza circa la ripetizione di una condotta del genere” anche in considerazione che il complice della donna era in carcere e, pertanto, non avrebbe potuto aiutarla nell’impresa delittuosa.

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