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Nonnismo : la Difesa deve risarcire i danni subiti, lo dice la Cassazione

nonnismoNonnismo : la Difesa deve risarcire i danni subiti, lo dice la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che gli episodi di nonnismo possono aggravare i problemi psichici dei giovani e, pertanto, la Difesa deve risarcirne il danno subito.

In questo modo gli ermellini della terza sezione civile hanno respinto il ricorso del dicastero avverso la decisione presa dalla Corte d’Appello di Messina che aveva riconosciuto ad un uomo, che aveva prestato il servizio militare tra il 1996 e il 1997, il danno subito da quest’ultimo e la responsabilità del Ministero della Difesa, tenuta dunque al risarcimento.

Dopo il servizio militare si erano manifestati dei disturbi del comportamento arrivando, dopo le verifiche del caso, ad una diagnosi di psicosi schizofrenica.

Riformando quanto era stato deciso in primo grado, i giudici della Corte d’Appello avevano dichiarato (anno 2008) la responsabilità del ministero per aver “agevolato o aggravato, a titoli di concausa, l’insorgere nell’uomo della malattia mentale“, al punto che ne è stato dichiarato il congedo illimitato.

Nel 1994 l’uomo era stato dichiarato come un “soggetto rivedibile” con “personalità fragile ed insicura“, ma dopo due successive visite era stato dichiarato idoneo.

Secondo i giudici d’Appello sia i dipendenti della pubblica amministrazione che lo avevano visitato ma anche quelli che lo avevano tenuto alle loro dipendenze durante il mese di leva militare, avevano contribuito all’insorgere di episodi conclamati di disturbo mentale.

Anche la Cassazione ha pensato in questa direzione e, pertanto, ha convalidato la decisione dei giudici d’Appello specificando che con “congruo e corretto apprezzamento delle risultanze di causa, la Corte territoriale ha affermato che, almeno sotto il profilo dell’aggravamento di una patologia di cui purtroppo il giovane era portatore, il comportamento dei dipendenti della PA ha contribuito all’insorgere degli episodi ormai conclamati di disturbo mentale con paranoie e manie di persecuzione“.

La “debolezza e la ritenuta rivedibilità del soggetto – si legge nelle sentenza – avevano giustificato l’ampliamento degli accertamenti e tale situazione, lungi dall’essere interruttiva del nesso causale, relativo all’aggravamento della patologia, non è neanche in contraddizione con la circostanza che un periodo effettivo di leva di poco superiore ad un mese si sia rivelato sufficiente ad aggravare la patologia stessa ed a determinare la riforma del soggetto.”

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