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Omessa vigilanza, abuso della professione

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Omessa vigilanza, illecito disciplinare, professionista

Sentenza 3 marzo 2014, n. 4928
Suprema Corte di Cassazione Sezione Seconda Civile
Presidente E. Bucciante, Relatore M. R. San Giorgio

Con la sentenza che si riporta, la suprema corte di Cassazione ha esaminato dunque il caso di un dottore che si lamentava per la decisione presa da parte della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie con la quale è stato respinto il ricorso proposto dallo stesso avverso la delibera dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Milano che gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per tre mesi, «per avere, in qualità di responsabile sanitario, omesso di vigilare sull’attività odontoiatrica svolta presso lo studio (omissis), permettendo che persone non in possesso dei necessari requisiti per l’esercizio della professione odontoiatrica esercitassero abusivamente tale professione».

In particolare, secondo la Commissione centrale, devono considerarsi posti a carico del responsabile sanitario di una struttura i comportamenti abusivi perpetrati dal personale che nella struttura stessa opera. Tale responsabilità non sarebbe da configurare come responsabilità oggettiva – come sostenuto dal ricorrente – rientrando invece in un comportamento omissivo caratterizzato dal non aver posto in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che soggetti non abilitati compissero interventi non consentiti sui pazienti.

Gli ermellini che hanno trattato il caso hanno osservato che “la Commissione Centrale ha chiarito, nel provvedimento impugnato, che la responsabilità posta a carico del sanitario non si configura come una fattispecie di responsabilità oggettiva, ma è da ricomprendere tra le ipotesi di comportamento omissivo: l’attuale ricorrente è invero incolpato di non aver posto in essere, in qualità di responsabile sanitario dello Studio (omissis), destinato ad attività odontoiatrica, gli accorgimenti necessari perché detta attività non fosse svolta da soggetti non abilitati“.

Per la Corte il ricorso è infondato e, pertanto ha deciso per il rigetto poichè “la coerenza del percorso argomentativo del provvedimento impugnato, che ha ravvisato nella condotta del sanitario un comportamento negligente, consistito nella omissione di ogni cautela idonea ad evitare che prestazioni a lui riservate fossero svolte da suoi collaboratori, a ciò non abilitati“.

In conclusione, secondo quanto si legge il sentenza, “il provvedimento impugnato non ha configurato una ipotesi di responsabilità oggettiva, ravvisando, invece, con motivazione congrua e non illogica, un comportamento colposo in capo al professionista“.

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
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