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Prestazione d’opera intellettuale e recesso

Prestazione d’opera intellettuale e recesso
Suprema Corte di Cassazione II Sezione Civile
Sentenza 23 gennaio – 23 aprile 2014, n. 9220 
Presidente Goldoni – Relatore Proto

ragionieraArticolo 2237 Codice Civile

Recesso

Il cliente può recedere dal contratto [c.c. 1373], rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta [c.c. 1671, 2227, 2231].

Il prestatore d’opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l’opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente [c.c. 1672, 2228].

Il recesso del prestatore d’opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente

Secondo il Tribunale di Roma, che ha trattato in primo grado il caso in commento, il recesso, seppur giustificato perché la cliente si era rifiutata di sottoscrivere il contratto, era stato esercitato con modalità tali da arrecare pregiudizio alla cliente perché non le era stato concesso il tempo necessario per sostituirlo con altra persona presso la società alla quale, in conseguenza della condotta del recedente, aveva dovuto corrispondere la penale contrattuale prevista per il caso di interruzione del rapporto di consulenza informatica.

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, che ha trattato il caso in seguito al ricorso presentato da una delle parti lamentando tra le altre cose la violazione e falsa applicazione dell’art. 2237 comma 3 c.c., ha osservato che la suddetta violazione “non sussiste in quanto la Corte di Appello ha ritenuto il prestatore d’opera responsabile del danno arrecato alla cliente … sul presupposto, in fatto, che il recesso non era stato esercitato in modo tale da non arrecare pregiudizio al cliente“.

Continua la Corte precisando che “La norma richiamata è, appunto, diretta ad evitare al cliente l’eccessivo danno che deriverebbe dall’improvvisa rottura del rapporto, ossia a lasciargli il tempo per provvedere diversamente agli interessi per i quali è stato stipulato il contratto e, in sostanza, costituisce una particolare applicazione del principio di buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 c.c. in quanto il diritto, pur esistente, è stato esercitato con modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione che, nella specie, doveva essere riferito ad un comportamento che trovava la sua tipizzazione nella norma che impone specificamente di evitare pregiudizio al cliente“.

E, pertanto, “la norma è stata correttamente applicata, salvo verificare, sotto il profilo del vizio di motivazione, pure dedotto, se le modalità fossero con le quali è stato esercitato il recesso fossero effettivamente tali da arrecare pregiudizio“.

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