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Presunzione di adeguatezza, custodia cautelare e concorso esterno in associazione mafiosa

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Presunzione di adeguatezza, custodia cautelare e concorso esterno in associazione mafiosa  
Suprema Corte di Cassazione Penale Prima Sezione
Senetnza 22 gennaio 2014 (ud. 17 ottobre 2013), n. 2946
Presidente Siotto, Relatore Magi

Ancora una volta, dopo la sentenza n.57 del 2013, la Cassazione ha affronta il tema del concorso esterno in associazione mafiosa.

L’esame della Corte si è soffermato nella distinzione tra la figura del concorso esterno in associazione mafiosa e quella differente dell’ipotesi della commissione di un reato aggravato dall’art. 7 legge 203 del 1991 –  l’aggravante per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.

Articolo 275 Codice di Procedura Penale
Criteri di scelta delle misure

1. Nel disporre le misure, il giudicetiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari [274] da soddisfare nel caso concreto.
1bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c).
2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.
2bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare [284, 285, 286] se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.
2ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.
3. La custodia cautelare in carcere[285] può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata [292 lett. c-bis)]. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezzain ordine ai delittidi cui all’articolo 51, commi 3 -bis e 3 –
quater , nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600 -bis , primo comma, 600 -ter , escluso il quarto comma, e 600 -quinquies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari [347 3].
4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere [285], salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputatisiano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l’età di settanta anni.
4bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.
4ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.
4quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4bis e 4ter. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.
4quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
[5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell’ambito di una struttura autorizzata [283 5], e l’interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell’imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui si procede per uno dei delitti previsti dal comma 3]

 

Nelle motivazioni della sentenza la Corte osserva che “il concorrente esterno, infatti, è – in modo non difforme rispetto all’ordinario partecipe del reato associativo – un soggetto che assicura, con condotta causalmente orientata, il raggiungimento dei fini cui mira il sodalizio criminoso (la sua condotta è pienamente espressiva dei connotati di  illiceità di cui all’art. 416-bis c.p.); il soggetto che, invece, compie una specifica ipotesi di reato aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa esprime un disvalore limitato al singolo episodio incriminato e non tale da determinare un materiale effetto di stabilizzazione del suo rapporto con il clan. Tali elementi di differenziazione, d’altronde, sono stati considerati dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale secondo cui “la posizione dell’autore di delitti commessi avvalendosi del cd. “metodo mafioso”  o al fine di agevolare le attività delle associazione di cui non faccia parte, si rivela non equiparabile a quella dell’associato o del concorrente nella fattispecie associativa, per la quale la presunzione dell’art. 275 c.3 c.p.p risponde a dati di esperienza generalizzati“.

Leggi il testo completo –  Cassazione Penale n. 2946-2014

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