Sentenze Cassazione

Rapporto di lavoro, concorrenza e obbligo di fedeltà

Lavoratore

Rapporto di lavoro, concorrenza e obbligo di fedeltà
Suprema Corte di Cassazione
Sentenza n. 19096/2013

Con questa sentenza la Cassazione ha trattato il tema dell’obbligo di fedeltà del lavoratore subordinato che deve essere inteso in base al disposto dagli articoli del codice civile di riferimento.

Articolo 1175 Codice Civile
Comportamento secondo correttezza
Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [1227, 1337, 1338, 1339, 1358, 1366, 1375, 1391, 1460, 1746 1, 1759, 1805 1, 1914, 2598, n. 3; c.p.c. 88].

Articolo 1375 Codice Civile
Esecuzione di buona fede
Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede

Articolo  2105 Codice Civile

Obbligo di fedeltà
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

L’obbligo della buona fede impone alle parti un reciproco comportamento leale e corretto riguardo alle circostanze dagli stessi posti in essere nel contratto che li lega e ciò si traduce con una serie di doveri di avviso, informazione, solidarietà e protezione nei confronti della persona e dei beni della controparte.

Anche nel caso del lavoratore dipendente e del datore di lavoro si instaura un rapporto di questo tipo ovvero si impone alle parti il rispetto di tutti quei principi enunciati nei succitati articoli e, pertanto, in base a quanto appena detto va da sè che il lavoratore debba tenere un comportamento leale nei confronti del proprio datore di lavoro, astenendosi dal compiere qualsivoglia atto idoneo a nuocere o arrecare danno all’attività dell’azieda per cui lavora.

Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 19096/2013, in cui la Cassazione ha riconosciuto come legittimo il licenziamento del dipendente di un laboratorio di analisi che aveva deciso di partecipare ad una Srl per realizzare un proprio studio medico.

A parer della Corte questo comportamento integra la violazione di quanto stabilito dal succitato art. 2105 del codice civile poichè la creazione di una identica attività, concorrente con quella in cui presta servizio il dipendente, configura certamente un danno, anche solo potenziale, nei confronti dell’azienda e, pertanto, secondo gli ermellini “non può sostenersi che estendere la violazione dell’art. 2105 cod. civ. ad attività solo potenzialmente lesive costituirebbe un processo alle intenzioni. Deve al riguardo osservarsi che, ai fini della valutazione dell’osservanza dell’obbligo di fedeltà, quel che rileva non è solo l’attività concreta e la sua lesività naturale, ma pure la sua natura sintomatica di un atteggiamento mentale del dipendente contrastante con quella leale collaborazione che costituisce l’essenza del rapporto di lavoro subordinato. Anche la sola previsione della possibilità del verificarsi di effetti dannosi per gli interessi del datore di lavoro, ossia la consapevolezza della potenzialità lesiva della condotta posta in essere, integra gli estremi dell’intenzionalità dell’infrazione“.

Con riferimento all’elemento psicologico, nella sentenza in esame si legge che è del tutto indifferente che dopo la sanzione disciplinare il dipendente abbia dismesso la sua partecipazione alla srl poichè già è venuto meno il “rapporto fiduciario per avere il datore di lavoro rilevato nel proprio dipendente una propensione a non curare gli interessi dell’impresa cui appartiene“.

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