Sentenze Cassazione

Responsabilità civile, risarcimento del danno, giudice corrotto

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Responsabilità civile, risarcimento del danno, giudice corrotto.

Berlusconi Vs De Benedetti, il testo della sentenza
Suprema Corte di Cassazione Civile Terza Sezione
Sentenza n. 21255 del 17 settembre 2013
(Presidente F.Trifone, Relatore G. Travaglino)

Nella Sentenza che si riporta la Cassazione ha trattato sotto diversi profili la responsabilità civile connessa alla sentenza frutto di corruzione del giudice e il relativo risarcimento del danno.

A dire il vero la Cassazione ha esaminato anche altri istituti giuridici tra cui quello della revocazione ma ciò per cui questa sentenza ha fatto molto discutere è più che altro connessa ai nomi dei protagonisti della causa ovvero il Cav. Silvio Berlusconi e il gruppo Fininvest da un lato e l’Ing. Carlo De Benedetti e il Gruppo Cir dall’altro.

Secondo quanto emerge dal testo della sentenza nel caso in cui una sentenza sia viziata dalla corruzione del giudice, chi intende dolersi di tale statuizione ha l’obbligo e non la semplice facoltà di chiederne la revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c.

Articolo 395
Codice di Procedura Civile
Casi di revocazione

Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione:
1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;
2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
4) se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata [324], purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

La Corte ha precisato che a tale regola generale si deve fare eccezione nel momento in cui la vittima del dolo del giudice non possa trarne un vantaggio giuridico dalla rimozione della sentenza frutto di corruzione, per essere divenuta nel frattempo impossibile la ricostituzione dello stato di cose anteriore.

In questa ipotesi, concludono gli ermellini, è permesso alla vittima del reato di chiedere il risarcimento del danno al corruttore del giudice, senza previamente esperire il giudizio di revocazione.

Pertanto, se la sentenza oggetto di corruzione abbia indotto le parti, prima della scoperta del dolo, a transigere la lite, la vittima del reato di corruzione può chiedere di essere risarcita per il danno subito senza previamente chiedere l’annullamento del contratto di transazione, invocando quale fatto illecito fonte di responsabilità aquiliana anche la sola violazione della regola di buona fede.

Leggi il testo della Sentenza n. 21255-13

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