Sentenze Cassazione

Risarcimento del danno a seguito di un protesto. La “Lezione” della Cassazione.

Sezioni Unite
Sentenze Cassazione : Risarcimento danno protesto – Osservazioni della Corte di Cassazione. 
 

A seguito del protesto di quattro assegni facenti parte di un libretto di cui era stato denunciato lo smarrimento ma di fatto utilizzati illecitamente da parte di ignoti si originava un contenzioso tra una Banca e i soggetti nei cui confronti erano stati elevati protesti. Questi ultimi sostenevano la “erroneità dei protesti elevati nei loro confronti nei quali si dichiarava che l’assegno era stato smarrito e la firma di traenza era apocrifa, sostenendo che i protesti avrebbero dovuto essere elevati nei confronti dei soggetti che avevano firmato i titoli risultando la loro firma leggibile”.

Si costituiva in giudizio la Banca che ribadiva “la correttezza dei protesti dei titoli smarriti” e, accusava i correntisti del fatto che gli stessi “non avevano custodito i moduli con la dovuta diligenza”.
Dopo le fasi di merito il caso giunge fino alla Cassazione dove tra le motivazioni della sentenza emessa dagli ermellini si legge che “la Corte d’appello ha invero correttamente riconosciuto in conformità ai principi affermati da questa Corte (Cass. 16617/10) che il protesto dei titoli doveva essere elevato nei confronti dei firmatari degli stessi che avevano illecitamente acquisito il carnet d’assegni, posto che le firme degli stessi risultavano leggibili, e non già nei confronti dei ricorrenti, titolari del conto”. I Giudici di Piazza Cavour, sempre tra le motivazioni della sentenza, osservano l’erroneità della decisione presa dalla corte territoriale nella parte in cui la stessa “ha escluso la responsabilità della banca ritenendo che l’unico responsabile dovesse ritenersi il notaio che aveva elevato il protesto”.
Per i Supremi Giudici, “nel caso di specie in cui le firme apposte sugli assegni non risultano apocrife, ma indicano nomi diversi da quelli dei titolari del conto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che “se all’esito dell’esame esterno della firma di traenza è evidente la non corrispondenza della conformità documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l’istituto di credito non può limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell’assegno (L. n. 349 del 1973, art. 63, comma 1, n. 4 e art. 1) perché è stato denunciato come rubato, ma ha l’obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell’assegno (ovvero che a nome di quest’ultimo nessun conto di traenza esiste presso di essa: Cass. 6006/2003), e che tra il titolare del conto ed il traente non vi è nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest’ ultimo ad obbligarsi in nome e per conto di quegli (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, arti. 6 e 15: Cass. 18910/2004). Diversamente il comportamento dell’istituto costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti (L. n. 77 del 1955, art. 2), con l’ulteriore conseguenza di aver fatto conoscere a chiunque le esatte generalità del cliente con cui intrattiene il conto, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilità, anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano (Cass. 2936/1974, 18316/2 007). Quanto poi al pubblico ufficiale, sussiste la sua corresponsabilità per concorso nel causare il protesto illegittimo se ha omesso di vigilare, anche per colpa lieve (Cass. 2821/1971), sulla corrispondenza tra la firma di traenza e il nome del titolare del conto corrente, poiché nell’adempimento dei suoi obblighi di status a lui personalmente incombe dirigere la compilazione dell’atto – L. n. 89 del 1913, art. 47 – con perizia e diligenza professionale per non danneggiare un soggetto apparentemente estraneo all’emissione dell’assegno” (Cass. 16617/10)”.
Pertanto “sia l’azienda di credito, sia il notaio, sono responsabili, in solido tra loro (Cass. 11103/1998); dei danni che possono essere derivati dall’erronea elevazione del protesto”.
Relativamente alla chiamata in causa del Notaio, in tema di responsabilità solidale per concorso nel fatto illecito la Corte ribadisce un proprio costante orientamento per cui “in tema di obbligazione solidale passiva, poiché fra i debitori non sorge un rapporto unico ed inscindibile, non ricorre l’ipotesi del litisconsorzio necessario per cui non è necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quelli non chiamati in giudizio (ex plurimis Cass.; 14700/10; Cass. 24425/06; Cass. 379/05; Cass. 2590/62)” e, pertanto, nel caso in specie, non doveva essere disposta nei confronti del notaio nessuna integrazione del contraddittorio.
Infine, riguardo al danno derivato dal protesto, la Corte afferma che “il protesto ove illegittimamente sollevato, deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno anche sotto il profilo della lesione dell’onore e della reputazione al protestato come persona, al di là ed a prescindere dai suoi interessi commerciali. Ne consegue che, qualora l’illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, come quello alla reputazione, il danno, da ritenersi “in re ipsa”, andrà senz’ altro risarcito senza che incomba, sul danneggiato, l’onere di fornire la prova della sua esistenza. (Cass. 18316/07)”.
Sulla base di tali osservazioni la Corte ha cassato la sentenza d’appello con rinvio per essere nuovamente decisa attenendosi ai principi di diritto appena enunciati.

(Cassazione  Civile I Sezione – Sentenza n. 8787  depositata in Cancelleria il 31  maggio 2012)

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